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Come la Slovenia è diventata il paradiso dei vini naturali

Vini Sloveni naturali

“Un po’ ho seguito la tradizione, un po’ i grandi del territorio. E in generale sono stato guidato da un pensiero un po’ verde, di attenzione alla terra”

Questo post è in collaborazione con Live Wine

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La Slovenia misura 20.300 chilometri quadrati e ha 2 milioni di cittadini. Un paese così piccolo negli ultimi due decenni è riuscito a diventare un simbolo nel mondo del vino naturale: vignaioli leggendari, cantine mitologiche, vini iconici. All’interno dei suoi confini si trova una concentrazione straordinaria di vignaioli che lavorano in modo artigianale e che con le loro bottiglie sono diventati famosi in tutto il mondo.

“La Slovenia è uno dei paesi che hanno inventato il quarto colore del vino, l’arancione,” spiega Maria Ogl, sommelier di Hiša Franko, l’unico ristorante sloveno con due stelle Michelin. “Qui la tradizione per lo skin-contact e la macerazione va molto indietro. E la loro varietà autoctona, la Rebula, si presta molto bene. Aggiungi il clima, il terroir, il suolo — e ottieni un pacchetto perfetto.” La Ogl è ungherese ma non è un caso che quella che lei chiama la sua chimica verso il vino l’abbia portata qui: “Onestà. Purezza. Sono queste le prime qualità che mi vengono in mente pensando al vino sloveno. Non posso immaginare una capitale migliore per i vini a basso intervento.”

I vignaioli sloveni

“Aggiungere i lieviti selezionati per me equivale a usare il dado Knorr: tutto ha lo stesso sapore”

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Foto di photoflorenzo via Adobe Stock

Secondo lei uno dei fattori principali nella creazione della scena del vino naturale in Slovenia sono state le persone: “I vignaioli hanno lavorato insieme alla natura, rispettandola, raccogliendone i frutti ogni anno con un lavoro duro.” Tutto è cominciato “con la Santa Trinità: Gravner, Radikon e Princic. Fanno parte della minoranza slovena in Italia, a pochi chilometri dal confine. Non c’è nessuno che abbia fatto di più per la Slovenia, specialmente Josko Gravner. Ha creduto in qualcosa quando nessuno capiva il suo sogno e veniva ridicolizzato da giornalisti e wine experts.”

Tutti questi vignaioli si trovano nella zona del Collio, un’area di appena 150 chilometri quadrati, spalmata tra Italia e Slovenia, in cui c’è appunto una straordinaria concentrazione di vignaioli del gotha del vino naturale. Tra di loro c’è Janko Stekar, che in realtà ha un’opinione abbastanza diversa sull’effettivo numero di vignaioli che lavorano come si deve: “Visti da fuori siamo tanti a lavorare così. Visti da dentro, rispetto al numero totale delle aziende slovene, siamo pochi. Forse, rispetto ad altri paesi, siamo un po’ più attivi negli eventi?”. Ci tiene a rimarcare la differenza tra chi si fregia della definizione di naturale e chi invece lavora davvero così.

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Janko e Tamara Stekar. Foto di Lorenzo de’ Grassi.

“Mi danno fastidio quelli che pensano che tutti gli orange siano naturali. Non basta il colore: quello è vinificazione, non c’entra con quello che fai prima,” spiega Stekar. “Puoi comunque metterci i lieviti selezionati che per me equivale a usare il dado Knorr: tutto ha lo stesso sapore.” Per spiegare il perché ha deciso di lavorare in un determinato modo dice: “Noi facciamo vino come si faceva prima, come lo faceva mio papà, mio nonno. Un po’ ho seguito la tradizione, un po’ i grandi del territorio, come Radikon, Terpin, Gravner. E in generale sono stato guidato da un pensiero un po’ verde, di attenzione alla terra, a lasciarla sana nuove generazioni. È la singola cosa più importante che si può fare.”

“Un vino dal Collio e un vino dal Carso sono due mondi completamente distinti. Nel primo troveremo profondità e acidità, nel secondo spiccheranno mineralità e salinità”

Quello che negli anni Novanta è iniziato come un movimento di pochi viticoltori sul confine italo-sloveno, che hanno iniziato a sperimentare con la macerazione del vino bianco sulle bocce, ora ha acquisito un’iconicità a livello mondiale. Questi primi “padri fondatori” — tra cui possiamo citare anche, ad esempio, Edi Kante e Valter Mlecnik — hanno influenzato la loro generazione di viticoltori, e anche quella successiva, riconosciutasi nel loro approccio naturale sia dal punto di vista agronomico che enologico.

“Indubbiamente la crisi dovuta alla pandemia ha spinto ancora più il trend del vino naturale,” dice Stekar. “Ma non è per forza una cosa negativa. Vedo indubbiamente del progresso. Ci sono tanti giovani che iniziano a fare il vino come si deve.”

Anche Ogl è della stessa opinione e vede una crescita della scena del vino slovena. “I vignaioli qui sono completamente concentrati sulla qualità. E possono permettersi di decidere a chi vendere i propri vini, in quale parte del mondo spedirli. La loro reputazione è solida perché reale. Proprio come i loro vini.”

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Un vino orange a Live Wine. Foto per gentile concessione di Live Wine.

I vini sloveni a Live Wine

Domenica 20 e lunedì 21 marzo al Palazzo del Ghiaccio di Milano ci sarà Live Wine, la manifestazione dedicata al “vino vivo”, con oltre 150 produttori da tutto il mondo — compresa una nutrita presenza slovena. “Nell’ambito del vino naturale siamo abituati ad associare la Slovenia a intensi vini ambrati dalle variopinte sfumature,” spiega Lorenzo de’ Grassi, organizzatore di Live Wine. “La Slovenia tuttavia è molto di più. È un paese che racchiude diversi territori estremamente vocati alla coltivazione della vite, ognuno con le sue particolarità pedoclimatiche.”

Una bella opportunità per incontrare i produttori, assaggiare i loro vini e ascoltare le loro storie. Nello specifico quest’anno “avremo cantine che arrivano dai territori confinanti con il nostro paese che sono tra i più vocati. Il Brda che è il versante sloveno del nostro Collio, la Valle di Vipava, attraversata dall’omonimo fiume, e il Kras, ossia la parte slovena del Carso. Questi viticoltori di tradizione slovena, anche se talvolta residenti sul versante italiano della regione, sono col tempo diventati delle vere icone del vino mondiale. Ognuno di questi territori si contraddistingue in modo netto per motivi geologici, micro-climatici, oltre che per le varietà di uva coltivate, così che un vino dal Collio e un vino dal Carso sono due mondi completamente distinti. Nei vini del primo troveremo profondità e acidità che provengono dai suoli scistosi delle dolci colline che caratterizzano il paesaggio, mentre nei vini del secondo spiccherà la mineralità delle rocce carsiche unita alla salinità del mare mediterraneo su cui affaccia.”

Sul sito trovate il programma completo dell’evento e le modalità di accesso. Parteciperemo anche noi di Munchies: ci trovate lì con un bicchiere in vino in mano (più di uno, forse).

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