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La Gricia migliore di Roma costa solo 9 euro. Ed è anche etica

La Gricia è la pasta romana che non tutti conoscono. Da Cesare al Casaletto ne mangi una fatta per bene, che ti farà sognare.
Andrea Strafile
Rome, IT

Leonardo mi mette davanti un piatto di pasta da 120 grammi. “Le trattorie nascono per sfamare quelli che portavano il trattore. Secondo te quelli si mangiavano 50 grammi di pasta???”

Tra le paste romane, la Gricia è quella che mi piace di più. L’idea che un piatto di pasta possa essere condito con il grasso del guanciale, il guanciale stesso, del pecorino e del pepe è allo stesso tempo perversa quanto geniale. Voglio dire: solo a un genio poteva venire in mente di sciogliere del guanciale e usare quella sugna come condimento, no?

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E la Gricia migliore di Roma è notoriamente quella di Cesare Al Casaletto. Quando ti arriva davanti questo piatto abbondante, cosparso di pecorino, con i rigatoni che grondano ciccia capisci che Roma è una bella città.Oltre a essere indiscutibilmente una goduria, la Gricia da queste parti ha tutti ingredienti selezionati di piccoli produttori laziali. E costa solo 9 euro.

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Per capire come diavolo sia possibile che un piatto di pasta così buono, e abbondante, possa costare così poco, mi sono imbarcato in questi dieci minuti di mezzi pubblici (ce l’ho dietro casa, potete iniziare a rosicare) e ho fatto due chiacchiere con Leonardo Vignoli, lo chef di Cesare al Casaletto.

“La vecchia trattoria stava sparendo. E quello che a me interessa è riproporre nel modo migliore possibile la nostra grandissima storia di tradizioni gastronomiche”

Leonardo ha rilevato la trattoria da Cesare, che viene ancora a mangiare qui due volte a settimana, una a pranzo e una a cena, una decina di anni fa. Ogni cosa che si mangia nel suo locale potete stare certi che è stata selezionata attentamente tra una rosa di piccoli produttori del territorio di Roma e zone limitrofe, quindi potremmo definirla una trattoria “etica”.

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Interni di Cesare al Casaletto

“Sono nato a Monterotondo”, mi spiega Leonardo, “un paese che si trova in Sabina, la parte alta del Lazio. Quello che sto facendo qui è semplicemente un ritorno alle origini, alla campagna in cui sono cresciuto.”
Tra transumanza, ulivi e pecore, il percorso di Leonardo si è districato tra l’alberghiero prima, stellati romani, francesi, svizzeri e lussemburghesi poi, e si è concluso nel posto che aveva sognato. “La vecchia trattoria stava sparendo. E quello che a me interessa è riproporre nel modo migliore possibile la nostra grandissima storia di tradizioni gastronomiche,” mi dice. “Penso che la prima cosa da fare per riproporre la storia di un piatto sia mettere avanti il prodotto. Il prodotto è la storia del piatto.”

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Leonardo Vignoli, chef di Cesare al Casaletto

Il luogo dove ha deciso di iniziare il suo nuovo percorso fatto di una tavola come quelle della domenica a pranzo da nonna era perfetto: “Questo posto è stato aperto alla fine degli anni ’50, si chiamava ‘Trattoria della Palma’ (perché beh, c’era una palma secolare, NdE.) ed era ancora uno di quei posti dove venivano i Fagottari. Quelli che si portavano da casa il fagotto di cibo e qui accorrevano a bere in compagnia il vino della casa. Per mantenere questa tradizione in carta puoi trovare degli ottimi vini, per la maggior parte biologici e naturali, ma se qualcuno vuole capire lo spirito gli porto al tavolo un litro di vino della casa fatto bene in una damigiana.”

La storia della Gricia ha, come tutte le leggende popolari, più versioni. C’è chi dice che sia la Carbonara senza uova, chi l’antenata dell’Amatriciana quando non c’erano ancora pomodori, chi la fa nascere a Roma e chi vicino ad Amatrice.

Ma torniamo a quello che più ci interessa: la Gricia. Da Cesare al Casaletto le paste romane si trovano sul menù alla maniera di una volta. Si sceglie il tipo di pasta (rigatoni, bucatini, spaghetti, tonnarelli) e si abbina con il condimento che più vuoi (Amatriciana, Cacio e Pepe, Gricia e Carbonara). Le paste della tradizione romana partono tutte da una storia legata popolare, povera o contadina. “In origine”, mi spiega Leonardo, “la Gricia si faceva con gli spaghetti secchi. Erano comodi da trasportare e figurati se sprecavano delle preziose uova per tirare la pasta.” E qui gli originali spaghetti alla Gricia li potete trovare, anche se con i rigatoni secondo me è tutta un altro campionato.

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La storia della Gricia ha, come tutte le leggende popolari, più versioni. C’è chi dice che sia la Carbonara senza uova, chi l’antenata dell’Amatriciana quando non c’erano ancora pomodori, chi la fa nascere a Roma e chi vicino ad Amatrice.
La storia dell’antenata dell’Amatriciana regge francamente poco: i pomodori ci sono da parecchio (ci sono anche dei siti web in cui si dice risalire al 400 d.C. Ma in quel periodo manco sapevano che fosse la pasta secca, quindi mi pare un po' una sciocchezza)

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Un’altra leggenda vuole che gli abitanti di Griciano, paesino accanto Amatrice, fossero gelosi del successo della pasta dei cugini a inizio ‘900 e che si siano inventati la Gricia in un’aperta sfida di campanilismo. La verità è che queste paste, come le conosciamo oggi, vengono attraverso un’evoluzione che si può dire compiuta intorno agli anni ’50 del Novecento. E il nome richiamerebbe il colore grigio più che un luogo d’origine. Se avete mai mangiato un piatto di questa pasta saprete il perché. È anche molto probabile che, tra tutte (forse insieme alla cacio e pepe, ricordo di transumanza ottocentesca di pastori) sia la più antica. Le uova per la Carbonara costavano e potevate scordarvele e il pomodoro non era poi così diffuso. Less is more, insomma.

Quello che non ho ancora capito – e che mi affascina da morire - è perché, al contrario delle altre, non sia così conosciuta al di fuori di Roma e del Lazio.

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Io non scrivo che quello che stai mangiando è bio o il nome del produttore come si fa spesso oggi. Per me questa cosa è scontata. La bellezza per me sta nelle cose di tutti i giorni.

In ogni caso qui i prezzi sono popolari ed è qualcosa a cui Leonardo tiene molto. “Essendo cresciuto in campagna conosco molti produttori. Ad esempio il guanciale lo vado a prendere da un norcino del mio paese, che prende solo maiali grandi e scrofe. Questo fa avere grandi guanciali a un presso onesto la cui parte magra è nettamente separata da quella grassa, creando un equilibrio perfetto.”

Guanciale-per-Gricia
Guanciale-Gricia-Cesare-Roma

Il pecorino romano, che di solito è una roba che sa solo di sale fatta dai pastori sardi, viene prodotto da un casaro sulla via Cassia. “Il costo di questi ingredienti, che sono semplicissimi, mi permette di guadagnare anche se la metto a quella cifra. E credo che il rispetto dell’ospite passi prima dal rispetto dell’ingrediente. È come se stessi sempre cucinando a casa per degli ospiti. C’è quel piacere lì, di andare a prendere le cose al mercato, i prodotti nell’alimentari di quartiere che ha cose buone. Io non scrivo che quello che stai mangiando è bio o il nome del produttore come si fa spesso oggi. Per me questa cosa è scontata. La bellezza per me sta nelle cose di tutti i giorni.” E tutti i giorni cucina con prodotti che alimentano un micro-mercato fatto di persone che lavorano bene e ti danno il meglio a disposizione.

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A fine intervista (come se non la conoscessi già, è una delle mie cose preferite), Leonardo mi mette davanti un piatto di pasta da 120 grammi. Rigatoni cosparsi di pecorino da cui sbucano pezzettoni di guanciale croccante che se lo metti in bocca prima fa crunch, poi sparisce perché si è sciolto. “Le trattorie nascono per sfamare quelli che portavano il trattore. Secondo te quelli si mangiavano 50 grammi di pasta???”
No, grazie al cielo.

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Prima di mettermi il piatto davanti, però, mi ha fatto vedere come cucinare una Gricia nel modo corretto. Mentre mi contorcevo con una macchina fotografica da professionista che non so minimamente usare, mi ha spiegato che il trucco sta nel non friggere i pezzi di guanciale nel proprio grasso. Ogni volta che lo rilasciano si scola. Tutto qui. Con la sugna e un po’ di acqua di cottura si manteca la pasta, poi si integrano cacio, pepe e il guanciale croccante e devi solo volare al primo tavolo con la lingua penzoloni per dare la prima, scandalosa, forchettata.

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La bocca si riempie di un concerto sublime dal titolo “Carboidrati e Grassi Animali, Storia di Un Amore Eterno”, il guanciale esplode e si sbriciola sulla lingua, il pepe ti dà una svegliata che il caffè se la sogna e il rigatone rigorosamente al dente ti fa partire una salivazione da tenere la bocca chiusa, altrimenti sbavi sul tavolo.

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La Gricia di Leonardo da Cesare al Casaletto, strada bucolica della periferia romana, è la migliore della città. Ora che lo sapete anche voi che non abitate a Roma, avrete un motivo in più per venire in questa città piena di carboidrati.

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