Questo articolo è in collaborazione con Gusto Nudo
Essere nata e cresciuta a Bologna ha i suoi pro e i suoi contro.
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Pro: durante l’università non ho mai dovuto pagare un affitto, mia madre mi stirava i vestiti e mi preparava la schiscia per il pranzo. Contro: non ho mai vissuto la vita del fuori sede bolognese, vita che ai miei occhi ha assunto contorni mitologici, soprattutto per quanto riguardava il bere. Loro non dovevano prendere la macchina per tornare a casa, loro non avevano nessun genitore a urlare “Ti sembra questa l’ora di tornare!” e a sanzionare l’hangover del giorno dopo. Loro potevano sbronzarsi quanto gli pareva.
Dopo l’università, quando sono andata a vivere da sola, ho recuperato il tempo perduto. Mi sento pertanto titolata a condurvi per mano in alcuni dei migliori indirizzi per bere vino a Bologna. E con ‘vino’ intendo vino naturale perché, beh, perché è quello che bevo io. Se c’è una cosa che ho imparato scrivendo di vino è che, per quanti distinguo cautelativi possa fare, per quante mani avanti possa mettere, ci sarà sempre chi mi accuserà di essere un’ignorante, faziosa e disinformat(iv)a.
Perciò stavolta non ci provo nemmeno: questi sono i miei consigli per un buon bicchiere a Bologna.
Il Pollaio | Vini Naturali in Bolognina
I consigli, a dire la verità, sono miei e di Matteo Gattoni, organizzatore di Gusto Nudo, il festival di vini naturali durante il quale quest’anno noi di Munchies organizziamo un po’ di roba interessante. Matteo è oste e proprietario del Pollaio, aperto nel 2017 tra i banchi del Mercato Albani in Bolognina, prima periferia bolognese dietro la stazione.
La vineria punk di Matteo si trova proprio in mezzo ai banchi del mercato coperto, tra un fruttivendolo e l’altro. Vagamente incongruo, con la sua cantina di vini 100% naturali, i suoi panini (il must è quello anguilla e avocado), le sue peculiarità gastronomiche artigianali come le lumache di Parizzi. Eppure ben inserito: tanto per dirne una, quasi tutti i prodotti sono acquistati all’interno del mercato stesso. È da locali come il suo che è partita la riqualificazione di un quartiere come la Bolognina, fino a qualche anno fa segnato da una fama che nemmeno i peggiori bar di Caracas, e ora sempre più polo di vita notturna, sociale e ristorativa, della città.
Brindiamo con un bicchiere di Apollo di Ausonia alla passeggiata che ci aspetta, in cui Matteo ci farà da Virgilio – senza cappuccio e corona d’alloro, bensì con il basco e una predisposizione a stappare bottiglie. Sono le undici di mattina e davanti a noi sfilano vecchiette con la borsa della spesa. Sorridono al nostro bicchiere pieno, forse è compassione, forse è nostalgia.
Fermento
A pochi minuti a piedi dal Pollaio c’è Fermento, altro splendido esempio di quante cose belle si possono fare nelle periferie, ad averci voglia. L’hanno aperto tre fratelli di Taranto, Davide, Marco e Luca, insieme all’amico e socio Emanuele, nel 2015.
Da allora al Fermento sono successe tante cose. Colazioni frequentate dai vecchietti di quartiere e aperitivi frequentati da giovani (non solo) di quartiere, mostre d’arte combattente e collaborazioni con altre associazioni cittadine, vino, un sacco di vino, ma anche ottimi cocktail. Ci fermiamo il tempo di scattare qualche foto e farci venire voglia con i panini sulla lavagna del giorno, come quello con cicorietta, porchetta e provola dolce.
Twinside | Andiamo in centro
Ci lasciamo la Bolognina alle spalle ed entriamo nel centro di Bologna. Siamo dietro via Indipendenza, dove le adolescenti che hanno bigiato scuola escono da H&M con le borse piene.
Twinside è lo spin-off di uno storico ristorante cittadino, Il Caminetto D’Oro, a pochi civici di distanza. Non ci sono mai entrata. Lo associavo, ammetto, a un certo tipo di ristorazione borghese, poco stimolante, inutilmente costosa. E invece. Invece è un bistrot accogliente, con la cucina aperta tutto il giorno (la civiltà, all’improvviso) e una carta dei vini invero impressionante.
Per fortuna Matteo ci ha convinto ad entrare. Sfogliamo la carta da circa quattrocentocinquanta referenze, suddivise in cantina ‘storica’, con grandi nomi dell’Italia e della Francia, e molta Champagne, e ‘cantina bio”. Ordiniamo un pignoletto sui lieviti dell’Anonima Agricola Viticoltori Valsamoggia e ci portano un piatto di piadina ancora calda e mortadella di Zivieri da stuzzicare.
La giornata assume un altro colore, quello rosa insaccato di maiale. Lo stomaco si spalanca. La sete avanza.
El Saor
Di El Saor avevamo parlato l’anno scorso, in occasione dell’apertura, ma non avevo più avuto occasione di tornarci. Ancora una volta è Matteo a convincerci a entrare in questo minuscolo ristorante incastonato sotto i portici di via Cesare Battisti. Laura, la proprietaria, ci accoglie con un sorriso e una bottiglia di Garg’n’go di Maule. Sulla lavagna del giorno spicca una bella selezione di naturali del TriVeneto, e otto tipi di Spritz a tre euro. Ripetete con me: otto. Tipi. Di. Spritz. A. Tre. Euro.
A pranzo vanno molto i tramezzini alla veneta, di sera spopolano i cicheti alla veneziana (con prezzi intorno ai 5 euro). Sul nostro tavolo planano baccalà mantecato, seppioline fritte, polpette di pesce.
Vorrei restare qui un paio d’ore, a sognare di essere in Laguna mentre un gondoliere mi dedica una serenata in dialetto. Ma il dovere chiama e dobbiamo proseguire.
Oltre
Pochi passi e siamo da Oltre.
Oltre è uno dei miei ristoranti preferiti in città. Non che la cosa debba interessarvi, ma io amo ripeterlo a tutti. Da quando ha aperto, nel 2016, ha rivoluzionato la scena ristorativa cittadina, dimostrano che sì, si può fare tradizione, ma senza necessariamente annoiare la gente. Da Oltre accade di fare cose tipo mangiare un pancotto al ragù bevendo un Saperavi georgiano. Capite cosa intendo quando dico che è uno dei miei preferiti?
(lo chef di Oltre, Daniele Bendanti, sarà uno dei protagonisti della nostra spaghettata notturna durante Gusto Nudo. Cosa preparerà? Gli spaghetti al ragù. Potete mancare? No di certo)
Vetro
Siamo ormai arrivati a Sud, dalla parte opposta della città rispetto a quella a cui siamo partiti: dalla Bolognina gentrificata al quartiere Santo Stefano, più residenziale e gauche caviar.
Vetro è uno di quei progetti di riqualificazione urbana più lunghi a spiegarsi che a farsi. Qualche anno fa l’associazione Kilowatt ha preso in gestione questo spazio all’interno dei Giardini Margherita, i più grandi giardini pubblici in centro città, e l’ha trasformato in un ristorante, con bar serale all’aperto nel periodo primaverile ed estivo (inaugura il 24 maggio).
Un posto di un’assoluta bellezza Instagrammabile. Quest’anno, mi spiega Matteo, la carta dei vini, che accompagna una cucina completamente vegetariana, si è spinta sul versante naturale. Altro cambiamento della nuova stagione: niente più cocktail nei bicchieri di plastica, anzi, plastica completamente abolita, e un progetto di semina sociale, incentrato sulle verdure consumate dai migranti (pak choi, bok choi, okra… ).
Tricheco Osteria
Scendiamo dai Giardini Margherita e riprendiamo il nostro percorso a ritroso.
Al Tricheco sono di casa. Quasi letteralmente: abito a un centinaio di metri. Mi sono goduta questa deliziosa osteria, e il suo ancor più delizioso cortile interno, in ogni stagione.La carta dei vini è piccola ma ben ragionata – e ovviamente improntata sul versante naturale; i taglieri di tigelle, salumi, formaggi e sottoli danno parecchia, unta soddisfazione; le due proprietarie, Serena e Daniela, sono l’esempio di ostessa 3.0 – sorridente e disponibile, ma anche riservata e precisa – che vorrei trovare sempre dietro al bancone.
Il sole di fine aprile scende sui tetti di Bologna e infiamma i profili delle Due Torri. Ci manca ancora una tappa.
Medulla, di passaggio
Mentre attraversiamo la città passiamo davanti al Medulla. Che ha un posto speciale nel mio cuore, e che purtroppo a quest’ora è ancora chiusa. In questa minuscola enoteca, aggrappata sotto i portici di via Oberdan, ho avuto un primo appuntamento, riso risate brille, discusso discussioni ancora più brille. Insomma, ci ho fatto un sacco di roba. Ha una selezione di vini naturali con un tesoretto da Friuli e Slovenia, una specie di Paesi di Bengodi per gli amanti dei macerati.
LOrtica
Proseguiamo e arriviamo a LOrtica, in via Mascarella. Se dovessi trovare un aggettivo per definirlo quello sarebbe: ecumenico. L’Ortica piace a tutti. Agli appassionati di birra artigianale che qui trovano una selezione con pochi eguali in città. A chi ama bere vino naturale (su le mani!). A chi cerca un locale dove tirare tardi in zona universitaria. A chi il pomeriggio vuole rintanarsi a bere tisane allo zenzero e mangiare biscotti. Di fianco al locale hanno aperto un wine shop completamente incentrato sui vini naturali, in cui ho acquistato alcune delle bottiglie più interessanti bevute nell’ultimo anno.
Ci accoglie Andrea Rubbi, fondatore dell’Ortica insieme a Matteo e organizzatore del festival Birrai Eretici, che quest’anno durante Gusto Nudo collaborerà con noi nell’organizzare una degustazione completamente alla cieca di cui trovate i dettagli qui. Andrea ci consiglia un’ultima tappa: la Trattoria La Gatta. “Una delle carte dei vini più interessanti a Bologna,” ci assicura. Io e il fotografo consultiamo Google Maps: si trova in periferia. Mezz’ora con i mezzi. Vince la pigrizia del bolognese per cui la città finisce dentro porta – e dei lavoratori che hanno macinato una quindicina di chilometri intervallati da numerosi bicchieri di vino.
Brindiamo con lui con un bicchiere di Negretto di Erioli. Un vitigno autoctono bolognese poco conosciuto: non potevamo pensare a una conclusione migliore della nostra giornata. E finamente ci trasciniamo a casa. Bologna, è stato bello. Non vediamo l’ora di berci assieme a voi durante Gusto Nudo.
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