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Il monaco buddista che usa lo spazio per insegnare la spiritualità

In una stanza buia come la pece, Ryo Kasuga parla dello spazio, mentre una simulazione del sistema solare ruota sopra la mia testa. Kasuga, però, non è un astronomo. È un monaco buddista che usa le stelle per destare interesse negli insegnamenti spirituali.

“Al pubblico giapponese il buddismo non interessa. E temo che la situazione non sarà migliore tra 10 anni,” mi ha raccontato Kasuga, un uomo alto con indosso un paio di jeans e una felpa rossa, mentre ci trovavamo dentro il piccolo planetario che si trova vicino al suo tempio.

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Il planetario Gingaza di Kasuga, costruito nel 1996 e riempito di dinosauri di plastica, modellini di navicelle e fotografie di astronauti giapponesi, ha un’aria fuori dal comune, se paragonato al tipico osservatorio. La tecnologia che custodisce è stata donata da altri planetari che non ne avevano più bisogno.

Kasuga stesso non ha nulla a che vedere con lo stereotipo del monaco buddista, con la testa rasata e la tonaca cerimoniale, ma proviene davvero da una stirpe di monaci ed è capo del Tempio di Shoganji, che si trova in una piccola città avvolta nel torpore, alle periferie di Tokyo.

L’obiettio di Kasuga è stimolare l’interesse delle persone sia nei confronti dello spazio che del Buddismo. Il monaco è orgoglioso di fare qualcosa che né gli altri planetari né gli altri templi buddisti fanno: incoraggiare la consapevolezza e il pensiero critico.


Non c’è per forza un collegamento tra spazio e buddismo, ha detto Kasuga. Il planetario è semplicemente uno strumento nuovo, con cui cerca di risvegliare la curiosità di chi, altrimenti, non avrebbe alcuni contatto con il Buddismo. “Le persone non frequentano più i templi, ormai,” ha detto.

Ryo Kasuga spiega le ragioni dietro il suo tempio-planetario. Immagine: Emiko Jozuka

Quando era un bambino, Kasuga sognava di diventare un astronomo e ogni occasione era buona per visitare i planetari a Tokyo e leggere di scienza nel tempo libero. Parallelamente agli interessi per lo spazio, ha studiato il Buddismo a partire dai quattro anni, finché non ha dovuto abbandonare i propri interessi per l’astronomia e la fisica per un posto all’università buddista. Poi, scontento di come il Buddismo era rappresentato in Giappone, ha lasciato il paese e ha intrapreso la carriera musicale in Italia.

“Pensavo che il Buddismo fosse affascinante, ma non ero d’accordo con ciò che i monaci e i templi buddisti facevano in Giappone. Ai miei occhi, non si impegnavano abbastanza nell’insegnamento della parola di Buddha, gli bastava prendere i soldi dei parrocchiani,” ha detto Kasuga, aggiungendo che non era interamente colpa dei monaci.

“Ho pensato che se le persone fossero rimaste affascinate dalle stelle, e felici dell’esperienza, mi avrebbero ascoltato più volentieri.”

Prima e durante la Seconda Guerra Mondiale, la religione era legata profondamente alla politica e alimentava la credenza che l’Imperatore del Giappone fosse un dio sceso in terra. Infastidito dalle ripercussioni di questa ideologia sulla gente comune—ha spiegato Kasuga—, l’amministrazione degli Stati Uniti (il Comandante supremo delle forze alleate, in carica tra il 1945 e il 1952), ha tolto l’insegnamento religioso dalle scuole Giapponesi poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

La direttiva Shinto è stata introdotta nel 1945 per proibire l’insegnamento nelle scuole pubbliche dei precetti dello shintoismo che avrebbero potuto istigare comportamenti militaristici e ultra-nazionalisti nella popolazione giapponese. Secondo Kasuga, questa cosa ha in realtà generato i capi religiosi di oggi e ha fatto sì che le persone non abbiano idea di cosa sia la religione nel suo insieme.

Ryo Kasuga fuori dal suo tempio. Immagine: Emiko Jozuka

Nonostante Kasuga fosse deciso a restare in Europa, l’improvvisa malattia del padre lo ha costretto a tornare in Giappone. Poco dopo il suo arrivo, suo padre è deceduto e Kasuga, sentendosi in dovere nei confronti dei parrocchiani del tempio, ha assunto il ruolo di 17esimo capo monaco del tempio Shoganji. “Le loro donazioni mi hanno aiutato durante la crescita, avevo un obbligo morale nei loro confronti,” ha spiegato Kasuga.

Kasuga ha accettato questa responsabilità a una condizione: che potesse rivoluzionare il modo in cui il Buddismo veniva insegnato al tempio.

“Volevo rendere più semplice per le persone comprendere il Buddismo. Ecco perché ho costruito un planetario,” ha detto Kasuga. “Ho pensato che se le persone fossero rimaste affascinate dalle stelle, e felici dell’esperienza, mi avrebbero ascoltato più volentieri.”

Kasuga sostiene che non ci sia per forza un collegamento tra lo spazio e il Buddismo. Immagine: Ryo Kasuga

Una volta al mese, il planetario apre al pubblico, e Kasuga tiene una lezione sulle stelle e il Buddismo. Tutte le sessioni—diverse ogni mese—iniziano con una spiegazione delle costellazioni e dei pianeti, e proseguono illustrando qualche aspetto del Buddismo. Questo mese, per esempio, Kasuga ha parlato del ruolo dei gatti nel Buddismo, e di come i monaci li abbiano portati in Giappone dalla Cina nel passato.

“Le persone che vengono al planetario sono un po’ come le persone che vanno allo zoo. Amano gli animali, ma non li hanno mai studiati granché,” ha detto Kasuga.