Ogni anno al concerto del Primo Maggio qualcuno ancora ci tiene a rappresentare la musica del Popolo in un modo che esiste ancora semplicemente nella testa degli organizzatori del Concerto del Primo Maggio che, soprattutto in fascia pomeridiana, sembra la versione logorroica di una Festa dell’Unità di una ventina d’anni fa. La ritualità di questo concertone è talmente scontata che nessuno, qui in redazione, aveva più intenzione di occuparsene, anche perché era già successo che inviassimo un martire a soffrire per noi in piazza e la cosa aveva avuto ripercussioni non indifferenti sul suo stato di salute mentale, quindi convincere qualcun altro a subire non sarebbe stato semplice.
Ma poi è successo che pioveva e che io ho pure un piede rotto quindi sono costretta all’immobilità, quindi mi son detta che assistere a qualcosa di così carico di inutilità avrebbe alleggerito il mio spirito, quantomeno. Oltretutto l’articolo comparso qualche giorno fa sul Fatto Quotidiano, in cui si elencavano per filo e per segno i partecipanti con i loro nomi inequivocabilmente caratterizzati come “Orchestra Operaia”, “Fanfara Tirana” o “Modena City Ramblers” mi ha convinto definitivamente che sarebbe stato comunque interessante osservare a quanta distanza dal 2016 si sarebbe collocata la totalità di questo evento. Non che fossi impreparata a quello che avrei visto; abbiamo fatto notare più e più volte che quanto a musica di protesta siamo messi ancora come vent’anni fa, e questo concertone non è altro che l’ennesima conferma: persone che sembra non si lavino vestiti e capelli da due mesi, che suonano tendenzialmente patchanka.
Mi avvicino alla televisione quando hanno appena finito di suonare i Bandabardò, che sul palco, assieme agli strumenti, portano bottiglie e tappi riciclati—finalmente mi spiego che fine hanno fatto tutte quelle iniziative di raccolta tappi di plastica. Qualcuno però si aspetterebbe che sul palco di questo Primo Maggio vengano discussi anche temi di attualità, come il famoso gender, ebbene queste aspettative non vengono deluse, dato che Luca Barbarossa presenta la sua co-presentatrice dicendo “Si chiama Mario, è una donna tatuata” e Mario entra sulle note di “Rebel Rebel”, giusto per far capire alla destra chi cazzo siamo. Siamo ribelli e sui vostri nomi cisgender ci scatarriamo su. Mario immediatamente introduce i finalisti del concorso Primo Maggio Next che dovrebbe fornire al pubblico assetato di novità una finestra sul Primo Maggio del futuro.
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Ed ecco che sale sul palco la Banda Rulli Frulli, praticamente cinquecento ragazzini che percuotono cose. Mi viene da pensare che questo sia il reale futuro del Primo Maggio: una sorta di digievoluzione dei bongari da piazza la cui forma di protesta è cagare il cazzo con i tamburini, il dreddino, il diablo e i pantaloni larghi. In futuro si moltiplicheranno e pioveranno dal cielo per sette giorni, prima di iniziare a suonare ininterrottamente i loro bonghini preannunciando con certezza l’apocalissi.
Mario chiede di rendere più colorato e 2.0 il concerto del primo maggio e di farlo usando gli hashtag.
[…]
Ok.
Poi annuncia il vincitore del concorso Next: vince il geometra Mangoni che viene premiato dai sindacati con un premio di amianto. Subito dopo sul palco la Mad Free Orchestra, e in sovrimpressione passa un cartello che recita così:
“Tra i tanti amici della Mad Free Orchestra c’è lo scrittore Erri De Luca”.
Oltre ad essere allora evidentemente composta da dissidenti, la Mad Free Orchestra è una band in cui suonano musicisti di vari generi ed etnie, l’unica cosa che mi lascia perplessa è questa suddivisione un po’ colposa di ruoli all’interno della stessa, laddove i neri suonano i bonghi e le donne i tamburelli. Dopo qualche decina di minuti di lagna patchanka balcanica che da sola basterebbe a far iscrivere al PDL la metà della piazza là sotto, la Mad Free Orchestra lascia il posto a un’altra esibizione.
Trattasi di Eugenio Bennato, che in realtà secondo me è sempre la Mad Free Orchestra, ma con meno musicisti perché durante l’esibizione precedente la metà della band si era rotta i coglioni e ha giustamente ammutinato. Dopo qualche ora che si sente sempre lo stesso giro di note, qualcuno su Twitter si chiede se ci sia qualche direttiva di cui noi non siamo a conoscenza e che proibisce di sperimentare oltre a quegli accordi.
Segue una band contro la mafia, il Parto delle Nuvole Pesanti, i cui componenti per esprimere il proprio dissenso alla mafia hanno deciso di vestirsi con gli scarti degli abiti di Dolce e Gabbana e suonare una cover di “Don Raffaè” cambiando le parole con qualcosa che finisce in “tutta la mafia si porta via”. Immagino che la mafia dopo averli sentiti si stia un po’ cagando sotto.
“L’hanno chiamato fantautore perché mette insieme passato, presente e futuro”. Così la presentatrice tatuata con un nome da maschio introduce Bugo, che non porta con sé nemmeno una fisarmonica e per questo la piazza non sa come comportarsi—dalle riprese aeree si vedono ballerini di pizzica adirati ad ogni angolo che per contrasto iniziano a giocare a diablo e tirare le bolas perché rivogliono il patchanka. E invece c’è Bugo, che la SIAE, molto partecipe sui social in questa giornata (la SIAE lavora sempre, anche il Primo Maggio, non dimenticatelo) elogia dicendo che “col suo mix di indie e rock porta unicità sul palco”.
Rispondiamo alla simpatica SIAE che in effetti Bugo è l’unico musicista che conosciamo in grado di mescolare l’indie al rock, non è una cosa che fanno in tanti al giorno d’oggi, un mix veramente unico!
Dopo Bugo comunque viene ripristinato lo status quo e tocca a BLEBLA, una band vestita da spazzini che canta “Ricicla Riusa”, un pezzo dedicato a chi cura la line-up del concerto del Primo Maggio da qualche decennio. Poi, direttamente dal secolo scorso, i Mau Mau, segno che il patchanka puoi pure ignorarlo, ma sta sempre lì, come la morte. L’utente Twitter @lautonini si chiede perché a sto punto non riesumare la salma di Craxi. L’utente @accentosvedese si domanda invece se sia già stato estratto dalla teca Enzo Avitabile. Ci chiediamo se sia inavitabile che suoni. Segue un momento in cui ancora si parla di gender ritornando sullo strano caso della presentatrice che si chiama Mario anche se è una donna. Assurdo!
Ma nessuno era preparato al momento di pura poesia cui stavamo per assistere: vestito da Stefano Accorsi nella parte del crackomane e armato unicamente della sua chitarra, sale sul palco il grandissimo Gianluca Grignani, come fosse un musicista emergente. In questo contesto, finalmente emerge la sua statura artistica: bastava buttarlo tra i vecchi che suonano la fisarmonica per farlo sembrare Bob Dylan.
Durante la sua performance Grignani raggiunge il momento più alto della sua espressione artistica in una frase che racchiude tutto il suo universo semantico: “Ma insomma, sticazzi”. A parte questo, Gianluca appare consapevole, preciso, addirittura intonato. Manterrà la precisione per tutta la sua performance, salvo a un certo punto tentare di coinvolgere il pubblico in una difficile impresa di doppia voce acappella. Impresa che riesce nel peggiore dei modi, dato che il pubblico intona il pezzo in un’altra tonalità rovinando tutta la buona volontà di Grignani, che aveva dichiarato di cantare “per il popolo”, e, caro Gianluca, ecco come ti ripaga il popolo. onostante il popolo, il resto dell’esibizione del Grigno è stata Poesia pura.
Dopodiché sale sul palco Andrea Mirò con i Perturbazione: mi chiedo perché a lei nessuno le faccia notare che ha un nome da uomo mentre alla povera Mario son due ore che le cagano il cazzo.
Come reclamato da alcuni fan, arriva il momento di Enzo Avitabile, nei cui capelli sono coltivati i talenti del futuro di Primo Maggio Next. Avitabile, appena de-criogenizzato, porta con sé finalmente di nuovo i tamburelli e le trombe ed esegue un super-mega-mashup di “Fischia il Vento”, “Don Raffaè” e “Bella Ciao”. Un mash-up che dura effettivamente tantissimo: all’incirca dal secondo dopoguerra ad oggi, con un giro d’accordi che oramai si potrebbe definire primomaggico.
Subito dopo arriva Santino, che nella scorsa edizione del talent X Factor aveva portato un po’ di Primo Maggio, cantando addirittura “Don Raffaè” alle audizioni, tanto che i talent scout primomaggici non potevano farselo sfuggire, e infatti eccolo qui a portare altre canzoni che sembrano “Don Raffaè” sul palco del concertone.
Nel frattempo, la narrazione del concerto del Primo Maggio è punteggiata dalle notizie pazze di Internet a cura del sito Lercio, che arrivano sulla Rai con due/tre anni di ritardo: ricordiamoci che l’inno primomaggico è il pezzo “Ricicla Riusa” e che i dirigenti Rai sono convinti che gli abbonati non siano a conoscenza di quanto accade su internet.
Finalmente, però, arrivano le novità: ricompaiono dal secolo scorso i Modena City Ramblers accompagnati da una band che si chiama Fanfara Tirana. Vi sembra abbastanza? Certo che no! Infatti cantano “Fischia Il Vento” e, sulle prime note del pezzo, la regia stacca su Luca Barbarossa il quale commenta “non è veramente il Primo Maggio se i Modena City Ramblers non cantano “Bella Ciao” provocando un cortocircuito cosmico che apre un varco spazio-temporale resuscitando un centinaio di vecchi gerarchi nazisti che però subito dopo essere arrivati tipo zombie in Piazza San Giovanni armati di mitra hanno deciso di ritornare nel mondo dei morti perché l’esistenza è una sofferenza troppo grossa.
In quel momento rifletto anche su questa possibilità: se mi rapisse un alieno e mi chiedesse il principale motivo dell’insuccesso della lotta di classe credo che gli mostrerei quest’immagine.
Poi c’è uno che canta con un africano una canzone tipo Youssou N’Dour—ricordandoci che pure queste cose fanno parte dell’inossidabile immaginario primomaggesco. Il duo etnico se ne va e sale sul palco Nada con gli A Toys Orchestra. Ci chiediamo se al Concerto del Primo Maggio l’audio faccia così cagare perché fischia il vento e infuria la bufera.
Noto che nella band di Peppe Barra c’è uno talmente fricchettone che crede che la chitarra si debba suonare come un bongo. A questo punto della manifestazione credo di potermi a buon diritto lamentarmi dell’assenza di Fiorella Mannoia, grande amica della fisarmonica. Successivamente decido di lanciare un sondaggio su chi sia la band più rappresentativa del concerto del Primo Maggio: Fanfara Tirana o L’Orchestra Operaia? Prometto che il vincitore suonerà “Bella Ciao” (promessa che mi sono inventata senza sapere realmente se queste band la sappiano suonare, non è un pezzo così scontato).
È il turno di Coez, presentato dalla donna tatuata di nome Mario come un “musicista crossover”—in pratica il nostro Fred Durst. Sono contenta che i numerosi fan di Enzo Avitabile che popolano la piazza del Primo Maggio siano ora a conoscenza della musica di Silvano. Intanto in grafica passano informazioni su di lui, ad esempio che era un WRITER.
Dopodiché sale sul palco un etnomusicologo che insegna ai giovani musicisti che parteciperanno ai Primi Maggi del futuro come suonare “Fischia Il Vento” e “Bella Ciao”. Un servizio che garantisce la continuità di questa manifestazione. La giornata prosegue nonostante le forze stiano cedendo, ma aspetto a cedere perché arrivano i Marlene Kuntz, che onestamente rispetto a tutto il resto sembrano anche giovani nonostante sappiamo tutti che in Transilvania il tempo non passa mai.
Loro stranamente non fanno patchanka, non usano fisarmoniche e bonghi e non intonano “Fischia il Vento”. Approfitto di questa distrazione dal campo semantico primomaggico per rivolgere un quesito che a me pare legittimo all’account Twitter della SIAE:
Da questo momento in poi non ho più guardato la trasmissione perché dovevo fare altre cose nella mia vita. Ho chiesto ai miei colleghi della redazione di Noisey se per caso fossero interessati a segnarsi cosa succedeva ma la risposta è stata tendenzialmente derisione/nulla cosmico, però fortunatamente ho trovato un martire, Damiano, che mi ha riassunto così le ultime ore del concertone (abbiamo saltato la parte Skunk Anansie e lo zoccolo duro romano Fabrizio Moro-Tiromancino-Gazzè, se a qualcuno interessa vada a guardarsi dei video dei Primi Maggi degli scorsi anni):
Sul palco Napoli: Raiz e Mesolella (mio padre aveva in ufficio un collega che si chiamava così, faceva colazione a Montenegro, era davvero divertente) continuano ad alimentare il cliché che al Sud esistano solo due generi musicali, e che per essere “contro” il sistema, l’abbigliamento e i denti debbano essere mal ridotti. L’incursione di un Paolo Rossi come al solito alticcio sfiora la vetta nell’improvvisazione su un testo di Gian Maria Testa, roba che neanche dopo due giorni di speed puoi farla peggio. Seduti dietro le spie, Rossi canna tutto, Mesolella la butta sul mood De Andrè, band allo sbando e il “teatro” finisce come al solito nella polvere. L’uno contro tutti con Carmelo Bene brilla come avanguardia. Il Raiz non può che constatare il guano in cui sguazzano tutti e tenersi distante a fare i cori.
Salmo viene presentato come novità, (secondo l’account della SIAE pare che abbia alle spalle appena un anno di carriera). In effetti qualche giovincello dalla piazza sembra svegliarsi e caricarsi. Il ragazzo si dà da fare, pulito, dritto, basi decenti e voce roca. Peccato per l’abuso dei “ci siamo Roma” ecc, che ci ricorda come Samuel dei Subsonica sia sempre in agguato, anche nel rap. Siparietto dei conduttori: non si accorgono di essere in onda, e cianciano amabilmente. Purtroppo la Divine della situazione non ci dice di più, e Barbarossa ha lo stesso fascino di Floris o di un Occhipinti a sanremo. Da capire perché se sei fuorionda parli col microfono a mano.
Un momento che ci eravamo persi, ringraziamo Soundsblog per averlo riportato.
Poi tocca a Vinicio con i Calexico. Vorrei sapere perchè i Calexico suonano con Vinicio. Lui sembra sobrio e in forma, sound messicano da matrimonio, ma l’atmosfera da tavernello rimane, e non si capisce dove sia l’apporto reale della band al cantautore. Il solito Vinicio, amico dei circoli ARCI e col faccione peloso a ricordarci che per essere di sinistra in Italia la barba è imprescindibile. Ma dietro l’angolo ci sono altri GIOVANI. Questo dichiarano Mario – Barbarossa. Questi giovani sono i TheGiornalisti.
La band suonicchia, e Tommaso Paradiso non essendo intonato e tentando un crossover indie (…) tra Dalla e Venditti, alla fine ne esce come un Grignani più brutto e meno sfatto. Suona con Francesco Mandelli detto il Nongiovane. Questo era il gettone GIOVANI. La nuova musica italiana. Paradiso si può consolare con i soldi dei diritti presi dopo aver scritto per Luca Carboni. Noi ci consoliamo con? Le bestemmie? Maldestro.
Qui arriva un concetto forte. È un musicista di Scampia, QUINDI deve suonare al concerto del Primo Maggio. Il momento quote rosa del disagio, cioè se nasci in un posto di merda hai diritto a spazi. Ma oltre a Scampia in Italia di posti messi male ce ne sono parecchi, al Sud come al Nord. Quindi attenti a questo ragionamento, è un filino posto male. La canzone è imbarazzante, la festa dell’Unità continua e il pubblico oramai se n’è fatto una ragione. Asian Dub foundation. Sono INGLESI, così ci dicono i conduttori. Momento internazionale. Forse li chiamano perché sembrano sempre un gruppo da centro sociale del 1996? Sound sinistroide per italiani che fa tutti contenti. Ed è questo che irrita, non solo il colon.
Poi non se ne sa più niente, ma a quanto pare il concertone si è concluso con un trascinante dj set:
Ora, capisco che era la festa del Lavoro per tutti, ma mi chiedo da quanto tempo nessuno lavori per togliere almeno l’impressione che i soldi spesi per montare il palco del Primo Maggio a Roma non fossero più utili spesi nell’acquisto di vecchi francobolli, che almeno hanno un valore per gli appassionati di numismatica. L’impressione è sempre quella di ritrovarsi incagliati in una bolla spaziotemporale stantia, che è l’immaginario che ogni Primo Maggio di Roma porta con sé. Non stupisce che una tale rappresentazione della lotta sia uno degli elementi che contribuiscono ad allontanare la gente dalle piazze e a creare un divario incolmabile tra politica e attualità.
Gli unici apparentemente felici di come è andata la manifestazione sono gli amici di SIAE, il cui live-twitting entusiasta è passato pure in secondo piano, visto quanto è stato agghiacciante tutto il resto.
Segui Virginia su Twitter: @virginia_W_