Dentro un carcere femminile nel Sud Italia

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Dentro un carcere femminile nel Sud Italia

Pozzuoli, in Campania, è uno dei cinque carceri femminili presenti in Italia. Claudio Menna ha fotografato le detenute.

Ho iniziato a interessarmi al tema delle carceri femminili nel 2013: nell'immaginario comune il carcere viene associato quasi sempre all'uomo, e ciò che mi ha spinto a intraprendere questo percorso è stata proprio la curiosità di capire come vivessero le detenute in un contesto simile, e come potessero affrontare, in condizioni di reclusione, quella quotidianità fatta di gesti, abitudini e certezze presenti nel "mondo esterno".

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Il primo capitolo del mio progetto riguarda Pozzuoli (Na), uno dei cinque carceri femminili presenti in Italia—gli altri hanno sede a Trani, Rebibbia, Empoli e Giudecca. Il resto della popolazione carceraria femminile, che costituisce il cinque percento della popolazione carceraria italiana totale, è distribuito tra le 52 sezioni femminili degli istituti di pena sparsi per tutto il paese.

L'istituto di detenzione femminile di Pozzuoli mi aveva sempre affascinato per la sua storia: l'edificio risale al quindicesimo secolo, quando l'intero complesso era un convento fondato dai frati minori. Dopo il terremoto del 1538 questo era stato adibito a rifugio per pescatori e marinai, e successivamente ad area cimiteriale e residenza estiva per la diocesi. Oggi il carcere si compone di tre sezioni, una per piano, in cui le detenute sono suddivise per pena e reati commessi.

Ogni sezione dell'Istituto ha un telefono a disposizione delle detenute che possono utilizzare secondo una precisa regolamentazione interna. Pozzuoli, luglio 2015.

Il comitato "Parenti e amici delle detenute del carcere di Pozzuoli" intrattiene una fitta corrispondenza con le recluse, e fino al maggio 2015 non vi era mai stata alcuna denuncia delle detenute riguardo la loro condizione nella struttura. È allora, però, che ha iniziato a circolare una lettera anonima contenente considerazioni sul quotidiano delle detenute e sulle loro condizioni fisiche e psicologiche.

"[…] in questo "inferno" che noi viviamo, andiamo avanti solo con le minacce dei rapporti, anche per una sigaretta, che è l'ultima cosa che ci è rimasta qua dentro, in questo inferno che è così facile ad entrare, ma così difficile ad uscire. Vogliamo informarvi che viviamo in una stanza in cui siamo degradate e costrette a vivere piene di umidità […]

In ogni stanza viviamo in 10 persone e devi fare la fila per andare in bagno e svegliarti presto per farti una doccia prima che l'acqua calda va via; lo shampo lo possiamo fare solo una volta a settimana, quindi adesso è quasi estate e ci possiamo anche arrangiare, ma pensate quando viene l'inverno quello che dobbiamo subire. Tanto che l'inverno, tante volte, talmente che fa freddo che ci alziamo solo per mangiare […]

Noi detenute della Casa Circondariale Femminile di Pozzuoli vorremmo che voi ci aiutiate, ma sappiamo anche che anche se venite da noi siamo state avvisate che dobbiamo dire che qua va sempre bene e che ci trattano bene: sono tutte bugie che siamo costrette a dire […]

Ah dimenticavamo anche un'altra cosa. Lo sapete che quando lavoriamo il carcere si prende 50 euro ogni mese per il letto? Si lavora molto e prendiamo quasi l'elemosina e quindi questo è un altro abuso, di sfruttamento vero e proprio. Ma lo Stato questo lo sa? O conviene anche a loro? Grazie sempre per quello che fate per noi."

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Alcune detenute lavorano nella cucina della prigione. Se le detenute non vogliono mangiare il cibo della mensa, hanno la possibilità di cucinare e consumare gli alimenti che acquistano direttamente nelle loro celle. Pozzuoli, maggio 2015.

Risale proprio a quel periodo, dopo le richieste inoltrate alle autorità e alcuni colloqui con la direttrice del carcere, il mio primo ingresso nell'istituto di Pozzuoli per una serie di incontri diretti con le detenute della seconda sezione. Da maggio del 2015 ci sono tornato più volte, e di volta in volta ho iniziato a notare come cambiasse il loro atteggiamento nei miei confronti. All'inizio era freddo e distaccato, per forza di cose privo di reciproca fiducia, ma col tempo sono riuscito ad avere risposte alle domande che mi avevano portato a interessarmi al tema.

Per molte delle donne che ho incontrato, il rapporto col carcere era fatto di brevi e ripetute permanenze per reati contro il patrimonio o spaccio e detenzione di stupefacenti. Anche la voce "prostituzione" compariva tra la casistica, seppure con minore frequenza: non essendo incriminabile lo status di prostituta, si trattava di reati legati a tale condizione, come oltraggio, lesione e resistenza a pubblico ufficiale, violazione del foglio di via, atti osceni, rissa.

Dopo aver conosciuto le detenute sono passato alle foto. Al centro della mia osservazione c'erano i comportamenti, le abitudini e il quotidiano. Volevo capire fino a che punto, in condizioni di prigionia, disagio e sovraffollamento, preservassero ciò che erano fuori dal carcere e fin dove questa nuova vita potesse trasformarle.

Ritratto di una giovane detenuta nella sua cella. Pozzuoli, maggio 2015.

Interno di una cella nella seconda sezione. Sono evidenti le condizioni fatiscenti in cui le detenute sono costrette a vivere. Umidità e muffa sono presenti in quasi tutto l'edificio. Pozzuoli, giugno 2015.

Attraverso il "Progetto Jonathan" il regime carcerario è stato modificato, consentendo maggiori agevolazioni per le detenute. Tra queste ci sono sicuramente le celle aperte, che consentono alle recluse di potersi muovere liberamente nell'intera sezione di appartenenza. Qui alcune detenute giocano a tombola. Pozzuoli, maggio 2015.

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L'omosessualità è piuttosto diffusa tra le detenute, ed è "stranamente" vissuta in maniera molto aperta. "Stranamente" perché, a differenza degli uomini, le donne non nascondono i legami particolari che si instaurano tra di loro, si abbracciano, si scambiano tenerezze, litigano, si difendono e spesso chiedono di esser messe nella cella delle proprie compagne. Ritratto di una coppia. Pozzuoli, giugno 2015.

Particolare dell'area studio dell'Istituto. Pozzuoli, maggio 2015.

L'area passeggi interna al carcere viene utilizzata dalle detenute, specialmente in estate, come un improvvisato solarium open space con teli da mare e crema abbronzante. Pozzuoli, luglio 2015.
Una detenuta mostra sui polsi due tatuaggi corrispondenti al disegno delle labbra dei suoi due figli, con le loro date di nascita. Pozzuoli, maggio 2015.

Per vedere altre foto di Claudio, vai sul suo sito.

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