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Recensione: Luca Sigurtà – Grunge

Quando si parla di musica ambient, noise o atmosferica, immediatamente la si identifica come musica difficile. È difficile mantenere l’attenzione quando i tempi sono lenti e dilatati, riconoscere un’armonia tra panorami astratti o cogliere l’impatto emotivo di toni sommessi. Ma questi sono stereotipi, e gli stereotipi si applicano all’arte mediocre. Non a cose come il nuovo album di Luca Sigurtà, Grunge.

Il regno di questi otto brani è quello dell’esperimento elettronico, in cui aspre sonorità industriali si fondono con beat minimali e drone meditativi, ma il risultato finale, appunto, trascende il “difficile” e si avvicina anzi al concetto di pop, mettendo a proprio agio l’ascoltatore. Tra ambienti elettronici sempre sporcati di suono fisico, che si tratti di chitarre dronanti, campane indiane o echi metallici che risuonano lontani, le voci si muovono su spazi lentamente cangianti, schizzando qua e là un’immagine poetica o un’apertura melodica.

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In generale, Grunge, pur essendo un album che non mi sentirei di descrivere senza usare la parola noise, non è un lavoro che definirei aggressivo. Per lo più Sigurtà ha cercato di dipingere paesaggi evocativi, e lo riprova la forte presenza di parti spoken word; inoltre gli inserti rumorosi s’incastrano in un contesto rilassato (non a caso nel comunicato stampa si cita il trip hop) che ne smussa le asperità ed evidenzia la componente più leggera.

A brillare, in definitiva, restano le voci: quella austera di Chiara Lee (Father Murphy), quella sognante di Francesca Amati (Comaneci), quella noir di Black Sifichi, quella sarcastica e punk di G.W. Sok (ex-the Ex, che con “Sewed Up” offre forse la miglior performance del disco). In generale, le numerosi collaborazioni (oltre ai vocalist vale la pena citare Paul Beauchamp ai synth, Luca Mauri alla chitarra, l’altra metà dei Father Murphy Freddie Lee alla chitarra) contribuiscono alla vivacità di un disco che riesce a suonare avvincente pur giostrandosi tra pochi elementi essenziali.

Soltanto le due canzoni finali suonano fuori posto, in senso opposto l’una all’altra: “Threshold” sembra voler bilanciare con la sua ostilità la pace che si respira nel resto dell’album, mentre “Topanga” affida a un violoncello e qualche riverbero lontano un finale dal tono drammatico superfluo – un’appendice un po’ forzata per quello che poteva essere un EP dall’equilibrio perfetto.

Grunge esce domani 5 dicembre per Silken Tofu.

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