10 domande che hai sempre voluto fare a una fotografa di serate

Una volta varcata la soglia di una serata, la profondità d’animo che si pensava di possedere lascia spazio a istinti primordiali riattivati da scarsa luminosità, alcol e la prospettiva di incontri. È un fenomeno a cui partecipa chi si pone l’obiettivo di azzerare le ansie in una ressa di sconosciuti sudaticci, ma da cui un singolo stronzo munito di obiettivo deve estrapolare con una certa lucidità un centinaio di foto decenti.

Quello stronzo munito di obiettivo è notoriamente conosciuto come il fotografo della serata, una sorta di figura istituzionalizzata sopravvissuta alla morte fattuale della Kodak, alle telecamere degli smartphone, e alla comparsa di applicazioni che spianano anche le occhiaie più invasive. Eppure, dopo anni di presenzialismo, nessuno ha ancora capito cosa spinga la categoria a sbattersi mentre gli altri si divertono.

Videos by VICE

Siccome mi è capitato di far parte della categoria e non l’ho capito neppure io, ho pensato di chiederlo a Federica, che ha 22 anni e da circa tre fa la fotografa di serate a Milano. Ci siamo confrontati sulle richieste più assurde delle persone sbronze, sul perché si scarta la gente in fase di post-produzione e su quanto bisogna farsi pagare. Ecco, in quest’ultimo caso confermo che non avevo capito. In ogni caso, Federica ci tiene a dire che studia davvero fotografia e fotografa anche di giorno.

VICE: Per alcuni sembra un’impresa impossibile o una sorta d’ambizione piuttosto stupida. A entrambe le categorie potresti spiegare come si diventa un fotografo di serate?
Federica: In generale se frequenti molto le serate e curi i tuoi social in modo tale da far intendere quali sono i tuoi interessi, alla fine qualcuno ti nota. Ed è quello che è successo a me. Quando mi hanno chiamato per iniziare a far delle foto a una serata un po’ pettinata, caricavo già sui miei profili scatti che realizzavo per il corso di laurea o per degli shooting o editoriali di moda.

Quali sono le richieste più assurde che ti fanno durante le serate?
Innanzitutto, di vedere la foto che ho appena scattato. Dico sempre di no, perché se dovessi farlo per tutti mi servirebbero delle serate in più. Certe volte mi è capitato di dover schivare cazzotti, prendere drink in faccia, ricevere tirate di capelli. Questa è la parte più pericolosa del mestiere, ma ricevo anche richieste più soft.

Per esempio, gli habitué mi chiedono spesso di poter accedere al privè o avere un free drink. Essendo una persona molto gentile, mi ritrovo sempre senza free drink e i baristi non riescono mai a spiegarselo. Poi, le richieste più strambe vertono tutte sull’interesse che la gente prova nei miei confronti, tipo “Te la posso scattare io una foto?”. Non sempre si tratta di gente che vuole provarci, a volte solo di gente che vuole divertirsi o è talmente sbronza che non sa nemmeno quello che dice.

A proposito di gente che ci prova: in molti pensano che fare il fotografo alle serate agevoli la propria vita sessuale. È una leggenda o puoi confermarlo?
Secondo me non dipende dal fatto d’essere “il” o “la fotografa”, ma semplicemente perché sei un soggetto che si nota più degli altri. Quindi ammetto che sì, qualche volta capita. La situazione solitamente è questa: è rimasta poca gente, è fine serata, ed è la serata in cui hai bevuto di più. Fotografi o si avvicina qualcuno. Iniziate a parlare, vi scambiate i contatti e non si sa come finite a casa di qualcuno o simili. Conosco tanti altri fotografi di serate: parlo a nome di tutta la categoria.

Quali sono, invece, le richieste ricorrenti degli organizzatori delle serate?
Dipende da locale a locale. In generale, però, ci sono richieste ricorrenti, come evitare le foto di gruppo. Su questo sono d’accordo perché non siamo più a inizi Duemila, non ha più senso fare la foto a un’intera comitiva che si abbraccia con la bottiglia in mano: per quello ci sono gli iPhone. Poi, controllare sempre che sullo sfondo del soggetto ritratto non ci sia gente venuta di merda—ma è un’impresa quasi impossibile.

Ultimamente mi viene richiesto anche di fotografare più ragazze che ragazzi, e preferibilmente il più nude possibile. È una cosa che va contro la mia etica, e per cui ricevo diversi cazziatoni, ma a me non va di fotografare una con i capezzoli di fuori. Almeno non sempre.

Ancora: fotografare persone avvenenti, persone in linea con la serata, personaggi famosi al cui arrivo ricevo puntualmente messaggi d’avviso dagli organizzatori. Ormai non ho nessun problema con le personalità note, tranne che con Paris Hilton. Credo che ce l’abbia con me. Ogni volta che le chiedo una foto mi dice sempre di no. È sempre circondata da omoni per evitare foto ufficiali, ma accetta di fare un sacco di selfie coi fan perché può vedersi sullo schermo.

La regola che però vale davvero per tutti è la seguente: mai, mai e ancora mai fotografare in punti in cui la sala è vuota, soprattutto quando è vuota davvero.

Che cosa succede davvero in fase di post- produzione?
A una serata scatto in media 500/1000 foto. Tra ambienti, dettagli e ritratti faccio una selezione consistente, e poi inizio la post-produzione che mi impiega una/due orette.

Per quanto riguarda nello specifico la selezione delle foto, invece, cerco sempre di farne una indirizzata all’estetica e al mood della serata. Quindi se un tipo ha una camicia azzurra a una serata hip hop, non lo fotografo a priori o lo scarto. Non per cattiveria, ma perché l’album che andrò a creare dovrà essere un po’ il reportage sull’immagine che devi dare alle serate—che poi è quello che si aspetta il cliente quando gli mandi il Wetransfer.

A proposito di chi viene “scartato”. Dipende dal soggetto o dal fotografo?
In linea di massima cerco sempre di evitare di fotografare chi voglio scartare. Nel senso che se qualcuno mi chiede una foto e so che non finirà nella gallery, mi invento una scusa: che è finita la batteria, il flash non funziona o che torno subito. Alcuni dicono che ci divertiamo a mettere le foto dove la gente non è venuta bene, ma non è assolutamente vero—almeno nel mio caso. Il problema è che la bellezza è sempre soggettiva: se per me una persona è venuta bene, non è detto che la persona la pensi allo stesso modo.

Dopo che l’album di una serata è stato pubblicato, ti è capitato che la gente ti scrivesse?
Certo. Tra le richieste più ricorrenti c’è la rimozione della propria fotografia. In questo caso l’elimino sempre subito dalla gallery, perché voglio evitare che la gente si senta insoddisfatta del proprio aspetto. Le altre richieste, invece, vertono tutte su foto mancanti. “Potresti mandarmi la foto di gruppo che non hai pubblicato?” oppure, “Potresti inviarmi la foto senza logo che la vorrei mettere come foto profilo?”. Nel primo caso non accolgo mai la richiesta, nel secondo anche volendo non potrei—mi pagano per metterci quel logo.

Quali sono le tipologie di persone più strambe che ti è capitato di fotografare?
Ubriachi che flashati hanno un aspetto alieno, diversi leccatori di tetta, gente che mentre piscia in bagno mi chiede di essere fotografata. Solitamente sono tutte fotografie che poi scarto. Anche se devo ammettere che qualche leccata ogni tanto l’ho pubblicata, ed è stata sempre molto apprezzata.

Dall’esterno non sembra che fare il fotografo alle serate sia un granché. Quali sono le vere scocciature e i veri “benefici” di fare questo lavoro?
Di aspetti negativi ce ne sono molti. Il primo è che il più delle volte ti considerano solo come fotografa di serate—come se fossi merda. E quindi lì ti tocca spiegargli che sei anche altro. Poi, dato che sono umana, può anche capitarmi di non avere voglia di lavorare fino all’alba. Per questo, però, mi sono creata un ottimo giro di sostituzioni.

Ma ci sono anche un sacco di aspetti positivi. Dover fotografare un sacco di gente vuol dire socializzare con un sacco di gente. In questi anni ho stretto molte belle amicizie, alcune crew di serate le considero ormai un po’ una seconda famiglia e grazie alle serate molta gente mi ha contattato per dei lavori in studi o alla luce del giorno.

Poi, obiettivamente, in serata si guadagna tanto.

Ah, quindi non pagano in visibilità come pensano in molti?
Mi hanno pagata in “visibilità” solo durante il primo mese in cui ho iniziato questo lavoro o quando ho pensato che ne sarebbe valsa davvero la pena—quindi raramente. Lavorare gratis non fa per me. All’inizio guadagnavo un terzo rispetto a quello che guadagno adesso, perché ovviamente negli anni la mia parcella è aumentata. Ora a serata mi pagano dai 100 in su. Il massimo che mi è capitato è 250 sacchi. Mensilmente, solo con le serate, guadagno più di mia madre, che è un’insegnante.

Come avrai capito è un lavoro che—non solo per questioni monetarie—mi piace tantissimo, ma non credo si possa fare a vita. Per questo sto cercando gradualmente di lavorare sempre più di giorno e di dormire di notte come mia madre.

Segui Vincenzo su Twitter.