Lo scorso 13 giugno, in occasione della pubblicazione dei risultati degli scrutini, otto studenti della quinta A dell’Istituto Tecnico Benincasa di Ancona hanno scoperto di non essere stati ammessi all’esame di Stato perché si erano “macchiati dei reati di pirateria informatica e manomissione di atti pubblici,” meritandosi, per questo, un cinque in condotta, secondo quanto riportato dal consiglio di classe.
I ragazzi sono ricorsi al Tar Marche, che venerdì 17 giugno ha deciso di ammettere gli studenti all’esame con riserva. In pratica, è probabile che le loro azioni avranno conseguenze legali, ma potranno svolgere l’esame che, in caso di condanne, verrà annullato.
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Sul sito della scuola è stata pubblicata una nota nella quale si legge che “l’attribuzione della insufficienza in comportamento agli otto alunni delle classe è stata dettata da comportamenti integranti due fattispecie di reato: pirateria informatica con intromissione nella banca dati di Istituto per furto di password e manomissione di atti pubblici. La decisione è stata assunta dopo accurate e scrupolose indagini giunte a termine in data 30 maggio 2016, dopo l’ammissione di colpevolezza da parte di tutti gli interessati.”
Sempre secondo il comunicato, gli studenti hanno commesso questi comportamenti da Novembre in maniera ripetuta per modificare le loro valutazioni in vista dell’esame, senza entrare nel merito della tempistica insolita dell’intervento didattico che è piombato su di loro come un fulmine a ciel sereno, c’è un’altra la questione interessante da sottolineare: ovvero, l’utilizzo più o meno adeguato della parola hacker in casi simili.
Non è la prima volta in cui di recente i quotidiani abbinano il termine hacker al mondo della scuola. Ad esempio, una studentessa dello stesso istituto di Ancona, aveva scattato una foto alla schermata dei referti medici riservati durante uno stage di alternanza scuola-lavoro presso una struttura ospedaliera, diffondendola per scherzo tra gli amici—una in particolare ha scoperto in questo modo le reali condizioni di salute del padre. Eppure, scattare una foto allo schermo di un computer non può propriamente definirsi atto di hackeraggio.
Ad esempio, poche settimane fa, vi abbiamo raccontato di un caso simile avvenuto a Gorizia: in cui qualcuno si era introdotto nei registri elettronici del liceo scientifico Duca degli Abruzzi e dell’ITAS D’Annunzio per assegnare 10 a tutti e annullare le assenze scolastiche.
La Polizia Postale è al lavoro sul caso e il colpevole può rischiare fino a tre anni di reclusione. Tuttavia, per Gorizia, non si dovrebbe usare l’espressione “hacker,” infatti, come ci aveva dichiarato Emanuela Dalla Rizza, direttrice operativa della divisione InfoSchool del Gruppo Spaggiari, uno dei sistemi di notabilità scolastica più diffusi in Italia “il problema è tra la tastiera e la sedia.” A quanto pare, nessuno aveva dei tentativi di sfruttare eventuali debolezze del sistema, ma molto più semplicemente, era riuscito a recuperare delle password generate dalle segreterie delle scuole per sfruttarle.
A quanto pare, anche in questo caso ci troviamo davanti ad una situazione simile, come si legge sul Resto del Carlino del 21 Giugno, gli otto studenti del Benincasa “sono entrati nel registro elettronico utilizzando la password di un professore per cancellare le loro assenze,” quindi, in sostanza, si è ripresentata una situazione simile a quella di Gorizia, anche se in quel caso la natura di gag della bravata era palese, difficile non notare così tanti 10.
Ho chiesto un commento sull’accaduto a Alessandra Rucci la Dirigente dell’IIS SAVOIA “non riteniamo utile nè possibile rilasciare interviste o dichiarazioni sull’accaduto in quanto sono in corso indagini della Polizia Postale. L’evento è coperto dalla necessaria riservatezza istruttoria.”
Mentre attendiamo gli sviluppi della vicenda, possiamo solo essere solidali con gli studenti di tutta Italia che oggi iniziano l’esame di Stato, chiedendoci, nel frattempo, se è vero che la competenza informatica dei nativi digitali è solo un mito come racconta Paolo Attivissimo, oppure se la volontà della Preside Alessandra Rucci di mettere a disposizione dei pc in ogni classe per coinvolgere anche chi è svogliato sia in qualche modo sfuggita di mano, trasformando moltissimi studenti dell’istituto in hacker.
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