Greg Louganis vinse due ori consecutivi nei tuffi alle Olimpiadi del 1984 e del 1988; ma è soltanto dopo essersi ritirato dalla carriera sportiva, nel 1994, che si presentò alla cerimonia di apertura dei Gay Games a New York dicendo: “Benvenuti ai Gay Games! È fantastico uscire allo scoperto con orgoglio.”
Ventidue anni dopo un altro tuffatore olimpico, l’inglese Tom Daley, continua a postare foto di sé e del fidanzato durante la competizione a Rio. Daley è uno dei 47 atleti gay dichiarati che competono quest’anno; è un numero record, secondo Outsports, che ha registrato il numero di atleti che hanno rivelato la propria sessualità ai media in ogni Olimpiade, dal 2008.
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E il numero è sicuramente cresciuto: alle Olimpiadi di Pechino, nel 2008, soltanto 11 atleti si identificavano come LGBT; ai giochi di Londra, nel 2012, il numero era cresciuto a 23.
A Rio, gli atleti che si sono dichiarati includono il tuffatore inglese Daley, il giocatore di basket americano Seimone Augustus, Elena Delle Donne, e Angel McCoughtry. C’è persino una coppia sposata che fa parte della squadra di hockey inglese: Helen Richardson-Walsh e Kate Richardson-Walsh.
Le Olimpiadi del 2016 sono anche le prime ad aver ammesso un atleta transgender: Chris Mosier, del team di duathlon americano, diventato famoso per una pubblicità della Nike.
Queste sono le prime Olimpiadi in cui persone trans sono ammesse a competere senza per forza aver cambiato sesso chirurgicamente. Il Comitato internazionale olimpico ha introdotto nuove regole sugli atleti trans nel 2015.
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