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Una cosa bella di Lars von Trier che non vedrò mai più

Se qualcuno volesse picchiare Lars von Trier gli farebbe soltanto un piacere: "Con me bisogna cercare un'altra forma di punizione," ha confessato. Eppure in questa ingiusta biografia c'è qualcosa di davvero straordinario: Idioti.

Questo post appartiene alla nostra serie sul meglio del catalogo Sky Online.

I genitori "comunisti e nudisti" lasciavano il piccolo Lars fin troppo libero. Si ubriacavano di vino bianco dimenticandosi che il figlio doveva frequentare la scuola. La madre tradiva il marito ebreo con un musicista danese. Il figlio scopre la verità sul letto di morte del papà. "Ero stato educato a fare soltanto quello che mi andava," e a quindici anni Lars abbandona l'istruzione.

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Da lì in poi seguono disastri. Educato al cazzeggio decide innanzitutto di aggiungere un titolo nobiliare al suo cognome: "Sono diventato vittima di un'enorme autovenerazione," si giustifica.

Ha fobie da vendere. Non viaggia in aereo neanche per raggiungere i festival dove i suoi film vengono proiettati in concorso. Preferisce il camper. Le riprese sempre sulla terra ferma. "Gli artisti devono soffrire, il risultato è migliore."

Una delle prime cose che gira è un'opera incompiuta di Carl Dreyer, Medea. Dreyer aveva scritto soltanto la sceneggiatura, quando muore Trier prende il canovaccio e fa un pasticcio. È un segno.

Scrive il manifesto del suo cinema: Dogma 95. Lo definisce un "voto di castità." Il film per Trier in sostanza deve essere la realtà. Niente sbalzi temporali, niente luci artificiali, la macchina deve essere portata a mano, le scene di violenza e di sesso devono essere vere, niente scenografie… la ricetta ideale per girare un film brutto.

Gira un musicarello con Björk come attrice protagonista. La tortura. Per il successivo lavoro, il film preferito di Breivik, decide di arruolare Nicole Kidman. L'attrice alla fine del film promette di non girare mai più niente con Trier. È cinema? È teatro? È merda? Non lo so, mi sono addormentato praticamente subito.

Se qualcuno volesse picchiare Lars von Trier gli farebbe soltanto un piacere: "Con me bisogna cercare un'altra forma di punizione," ha confessato.

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Finalmente un successo: gira il peggior film dai fratelli Lumière. Si ispira a Nietzsche e lo dedica a Tarkovskij. Nel film sono presenti un primo piano di un clitoride tagliato con le forbici e un coyote che dice: "il caos fregna." Lars si reputa donna al 65 percento.

Momento depresso. Medita il suicidio. Quello "professionale" come l'ha definito Lelouch l'ha già compiuto:

"Immagino Hitler seduto nel suo bunker e alla fine mi immedesimo un po'."

"Lo stato di Israele è un dito al culo."

"Noi nazisti siamo piuttosto bravi a fare le cose su larga scala."

La procura di Cannes lo indaga per apologia del nazismo. Lui si difende: "Era solo uno scherzo ai giornalisti."

Dopo il suo periodo buio gira il suo film più depresso: per digerirlo bisogna saltare almeno i primi quarantacinque minuti.

Eppure in questa ingiusta biografia c'è qualcosa di Lars Von Trier di davvero straordinario: Idioti. "Ho pensato a un gruppo di persone che scelgono di comportarsi come degli idioti, tutto qui." E abbandonando le loro famiglie si ritirano in una villa a Copenaghen cercando di tirare fuori "il piccolo idiota che è in ognuno di noi." È un'opera indimenticabile, sincera e toccante con un finale che fa star male per giorni. Una cosa bella di Lars von Trier, che non vedrò mai più.