Beach Boys: intrappolati in un’estate infinita

Album Non Album è la rubrica di Noisey in cui analizziamo e portiamo alla luce dischi mai usciti, usciti postumi, usciti in modo non ufficiale, dischi che dovevano uscire ma poi chissà che fine hanno fatto… Insomma, album che non dovrebbero esistere e invece eccoli qua. Album o non album? È questo il problema.

Immaginate un’estate infinita: sembra una cosa fantastica. Ma il problema è dove trascorrerla, perché fra quattro mura prive di ventilatore la suggestione di questa prospettiva diventa automaticamente una tortura.

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È in sostanza quello che è successo ai Beach Boys durante la loro carriera, la quale, di fatto, è un romanzo che la gente leggeva sotto l’ombrellone mentre loro invece erano murati vivi. La loro epica dell’estate è stata spesso e volentieri un peso se non una vera e propria condanna, dovendola rievocare continuamente come fosse una cosa cui aggrapparsi in modo disperato per non cadere nel baratro: baratro che è sempre stato in agguato sotto i loro piedi. Inutile ricordare gli sfracelli mentali del geniale leader Brian Wilson, ma anche la fine prematura dell’altro genio della band, il batterista Dennis Wilson, così come i rapporti amichevoli con un certo Charles Manson, l’opportunismo diabolico di Mike Love e via di questo passo. Insomma, diciamo che i Beach Boys hanno sempre nascosto un’anima nera che veniva fuori paradossalmente e in modo inquietante dalle loro più spensierate melodie e nei loro inni alle “good vibrations”.

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