Mentre per ora i calciatori italiani stanno in vacanza a Formentera e i supporter della nazionale lasciano in sottofondo il commento alle partite della Gialappa’s, 32 altre squadre sono scese in campo in queste settimane e domenica 15 si giocherà la finale di Russia 2018 tra Francia e Croazia.
Il fotografo Matteo de Mayda ne ha approfittato per guardare dall’esterno un fenomeno nel quale di solito siamo dentro fino al collo, quello del tifo al giuoco del calcio, e per tutta la durata del torneo ha girato in scooter tra i vari appuntamenti per immortalare i sostenitori di stanza a Roma delle squadre coinvolte.
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“I dati parlavano del fatto che gli stranieri residenti a Roma sono più di 500mila, suddivisi in 187 differenti comunità, praticamente tutte le nazionalità del mondo,” spiega Matteo. “Tra queste sono presenti anche le 32 nazioni che hanno partecipato al mondiale di Russia. In tempi di estrema pressione sugli stranieri che vivono in Italia, ero interessato a raccontare l’integrazione da un altro punto di vista.”

“L’idea era di incontrare tutte e 32 le nazionalità, ma le partite sono state una scusa per entrare in contatto con luoghi e persone a cui altrimenti non avrei avuto accesso.” Il fotografo ha cercato di mantenere la maggiore eterogeneità possibile, coinvolgendo sia singoli che guardavano la partita in casa, sia locali e istituzioni che organizzavano ritrovi.
“Una cosa che mi ha stupito è che in grosse comunità come il centro Baobab Experience o lo Spin Time Labs (palazzo occupato che ospita più di 150 famiglie senzatetto) gli africani guardano e tifano le squadre africane, indipendentemente dalla loro origine. Allo stesso modo i sudamericani con le nazionali latinoamericane,” racconta. “Una bella differenza rispetto a noi italiani che tifiamo contro le altre europee. E anche quest’anno che non ci siamo qualificati ha vinto la speranza che Germania, Spagna e Francia venissero eliminate.” Speranza che, ammette Matteo, condivideva anche lui: ha tifato l’Islanda.

“D’altronde [gli islandesi] mi hanno accolto con un barbecue in una casa bellissima. E poi sono simpatici,” dice. “La padrona di casa aveva invitato anche una coppia di argentini a vedere la loro partita d’esordio. A un certo punto mi ha preso in disparte e mi ha sussurrato, ‘Argentini sì, ma laziali mai. C’è un limite a tutto’.”
La tifoseria più accesa che ha incontrato è stata quella della Corea del Sud. C’era chi urlava, chi piangeva, chi applaudiva per un semplice passaggio andato a buon fine. “Prima della partita contro la Germania, un funzionario dell’ambasciata coreana mi ha detto, ‘Oggi ci facciamo perdonare dagli italiani per quello che accadde nel 2002.’ E così è successo.”

D’altra parte, il progetto per Matteo non riguardava tanto il calcio come sport, ma come occasione per raccontare una Roma lontana dagli stereotipi, positivi e negativi. “Quello che più mi interessa è quando il calcio diventa un pretesto per raccontare un qualche aspetto della società,” dice. “Per esempio un paio di mesi fa sono stato in Islanda con lo scrittore Cosimo Bizzarri a documentare la cultura del calcio locale con il progetto La prima volta,” che racconta la situazione dietro la prima partecipazione ai Mondiali nella storia dell’Islanda.
Qui sotto trovate un po’ delle foto di tifosi che soffrono e festeggiano per la loro nazionale scattate da Matteo.
Guarda altre foto di Matteo de Mayda sul suo sito.
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