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Chi è Rvssian, il produttore di “Pablo” di Sfera Ebbasta?

Oggi che Sfera Ebbasta è il rapper italiano più popolare fuori dall’Italia, è curioso rendersi conto che sia realmente esploso con il pezzo più local del suo repertorio. “Ciny” era un inno di quartiere, un tentativo più che riuscito di dare un’identità condivisa a chi a Cinisello Balsamo ci è nato e morto, punto d’arrivo ideale delle storie di strada che animavano i pezzi di XDVR. Nel rispetto della tradizione narrativa del rap, le rime si fanno tanto per rendere leggenda la propria comunità che per fuggire dal quartiere. E Sfera, a partire dal suo album d’esordio, così ha fatto.

Uscito per un’etichetta storica come Def Jam, Sfera Ebbasta era pensato come prima tappa della costruzione di un sistema. Come dimostrato dallo sfondamento dei PNL oltreoceano, due anni fa le scene europee, asiatiche e latino-americane hanno cominciato a colmare il gap storico e culturale che storicamente ha confuso le loro voci in mezzo al grande marasma dell’hip-hop statunitense. Def Jam non ha fatto altro che capitalizzare su questo fenomeno, così da eliminare i confini tra scene e nazioni e portare i propri artisti a nuovi pubblici e stabilendo obbiettivi sempre più ambiziosi.

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La prima tappa di Sfera è stata la Francia, quella che ha visitato con noi nell’episodio de La nuova scuola a lui dedicato. Il risultato sono state “Cartine Cartier” e “Balenciaga” con il marsigliese SCH, due pezzi intrisi di malinconia ed edonismo che sono serviti a entrambi i rapper per affermarsi nelle scene geograficamente e culturalmente a loro più vicine. Rockstar ha invece segnato un’apertura al mondo: la Germania di Miami Yacine, autore della hit “Kokaina”; il Regno Unito di Tinie Tempah, nobile decaduto del rap d’oltremanica; la Puerto Rico di Lary Over, uno dei volti principali della trap latina; e gli Stati Uniti di Rich the Kid e Quavo dei Migos, gioiello sulla corona dell’album nella ballatona che è “Cupido”.

Nel giro di qualche pezzo, Sfera è così diventato il primo rapper italiano ad affermarsi realmente a livello globale. Dall’uscita di Rockstar in poi, lui e il suo team hanno seguito come segugi il profumo delle tendenze internazionali, cogliendo per primi in Italia il potenziale dell’incontro tra trap americana e la scena latina e caraibica. Lungo il corso del 2017, la trap latina si è affermata come un mastodonte culturale e commerciale; in questo 2018 il mondo ha cominciato a prendersene pezzi a forza di collaborazioni di alto livello. Per citarne solo un paio: “I Like It” di Cardi B, J Balvin e Bad Bunny; e “Krippy Kush” di Farruko, ai cui remix hanno partecipato Nicki Minaj, 21 Savage e Travis Scott. Quest’ultima prodotta, e ci arriviamo tra poco, dal producer giamaicano Rvssian.

Negli ultimi mesi Sfera ha messo la sua voce prima su “Mwaka Moon” del rapper della Martinica Francese Kalash e poi su “Machika” di giganti come J Balvin e G-Eazy, in un remix che vedeva anche la partecipazione dei brasiliani MC Fioti e Anitta, dell’argentino Duki e dell’arubano Jeon. Praticamente il sogno bagnato di ogni ascoltatore che considera la musica un grande patrimonio internazionale e non un gioco di scene nazionali.

E ora ecco arrivare “Pablo”, non un remix ma un pezzo di Sfera a tutti gli effetti – prodotto non dal suo compagno d’arte Charlie Charles ma da Rvssian, un nome non proprio conosciutissimo dalle nostre parti ma che dovrebbe lasciarci a bocca aperta, oltre che farci ben sperare per il futuro della dominazione mondiale di Sfera.

Rvssian, nella vita Tarik Johnston, è innanzitutto un figlio d’arte. Suo padre è tra i fondatori di Micron Music Limited, una storica etichetta reggae fondata nel 1971. Cresciuto a Kingston, Giamaica, in una famiglia normale, cominciò a collezionare musicassette reggae, dancehall e hip-hop già da ragazzino. Immerso nella cultura dei sound system, quei muri di casse itineranti che sono parte integrante della tradizione musicale della sua nazione, cominciò a proporsi come DJ.

Cominciò a fare sul serio, Rvssian, solo quando si rese conto che non voleva davvero andare a frequentare l’università a cui si era iscritto dopo le superiori, la NYU di New York. Con il benestare dei suoi, si prese un anno per provare a diventare un musicista professionista. Aiutato dal contesto in cui era cresciuto, non ci mise molto a stringere un rapporto d’amicizia con il cantante e DJ Vybz Kartel, una delle più grandi e controverse leggende musicali della Giamaica, condannato nel 2014 per omicidio e oggi all’ergastolo. Nel 2010 uscì la loro prima collaborazione, “Life Sweet”. Come ha raccontato a THE FADER, quelle sono le parole che Rvssian si è tatuato sul braccio “per ricordare il suono che lo ha reso famoso”.

In tutto questo, Rvssian continuò a stringere conoscenze: “Ogni sera ero per strada a promuovere la mia roba”, ha detto sempre a THE FADER, “Andavo a tre o quattro feste ogni sera, stringevo mani e davo in giro i miei CD, andavo a letto alle nove del mattino e mi svegliavo alle due del pomeriggio e poi ricominciavo”. Fu allora che fondò la sua etichetta, la Head Concussion Records: quella sul cui canale è stato caricato, oggi, il video di “Pablo”.

Con il passare degli anni, Rvssian cominciò a stringere contatti con la scena musicale latino-americana. A farlo conoscere da quelle parti fu la sua “Wine Slow”, affidata al cantante reggae Gyptian: nel 2009 Farruko, gigante della scena portoricana, gli chiese di apparire su un remix del pezzo. Lui accettò, e qualche tempo dopo architettò una collaborazione tra Farruko e un altro gigante della cultura giamaicana: Sean Pal. Il risultato, “Passion Whine”, fu l’inizio dell’affermazione di Rvssian a architetto del suono della latin trap: oggi, quasi dieci anni dopo, nel suo curriculum ci sono beat per giganti dell’R&B come Shaggy e Sean Paul, leggende del grime britannico come Dizzee Rascal.

Sfera Ebbasta è il primo artista italiano a collaborare con lui su un singolo brano, ed è un’opportunità enorme tanto per lui quanto per la scena italiana tutta. Se gli artisti statunitensi hanno già cominciato ad allargare enormemente il loro pubblico affidandosi allo spagnolo dei loro colleghi latino-americani, gli italiani hanno spesso trattato i pezzi latineggianti come parentesi estive all’interno di discografie seriose, collaborazioni estemporanee con belle voci dai nomi tanto famosi nei propri territori di riferimento quanto trascurabili in contesto europeo. Rvssian ha invece posto Sfera Ebbasta sul suo stesso piano a livello di attribuzione del pezzo, ospitandolo oltretutto sul suo canale YouTube. “È uno di noi, Sfera”, sembra dire. Ed è un’affermazione dal valore immenso.

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