Disclaimer: L’articolo non vuole essere una enciclopedia della cucina balcanica, i consigli sui piatti si basano su un viaggio fatto in 10 giorni; il risultato è una guida per chi come me non ha tantissime vacanze a disposizione, ma una grandissima fame.
Qualche settimana fa sono partita per un viaggio on the road in alcuni paesi dell’area Balcanica: Slovenia (anche se per alcuni non è considerata propriamente Balcanica), Croazia, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro (ma solo di passaggio) e Albania.
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Ho scelto questa meta perché i soldi a disposizione per il viaggio erano molto limitati; se vuoi risparmiare è la meta che fa per te – dagli alloggi fino al cibo – i prezzi rimangono bassi, le porzioni massicce e l’ospitalità massima. Come quando mi sono fermata a Banja Luka (Bosnia), in una stanza vicino alla moschea per poche decine di euro e un Borek caldo ad aspettarmi. Inoltre è relativamente un posto vicino all’Italia – per arrivare a Ljubljana da Milano servono solo 5 ore -, non servono aerei, ma basta una macchina e tanta voglia di guidare.
I Balcani, essendo a cavallo tra Europa occidentale e orientale, portano con sé una storia di dominazioni da parte di culture molto diverse tra loro: dall’impero Ottomano, all’Austro-Ungarico passando anche per quello Romano.
In origine le terre erano abitate da Greci e Romani, successivamente in epoca bizantina, le coste croate che si affacciano sull’Adriatico furono conquistate dalla Repubblica di Venezia. Altri paesi sono stati per molto tempo dominati dall’impero Ottomano, islamizzando una porzione della popolazione. Così alle religioni già presenti, cattolica e ortodossa, si aggiunse quella musulmana, facendo spuntare minareti di fianco ai campanili veneziani e grandi chiese a croce latina. A questo aggiungiamo negli anni ’40 del secolo scorso l’interesse dell’Italia fascista nei confronti dei Balcani, che si concretizzò nell’invasione dell’Albania prima, e di Dalmazia, Kosovo, Montenegro e altri territori croati e sloveni poi. Girando per Tirana è normale incrociare palazzi di epoca fascista e ritrovarsi di colpo in Italia.
Questo miscuglio culturale e diverse influenze politiche hanno dato origine a tragici conflitti, come le guerre balcaniche dei primi del ‘900, e le recenti e sanguinose guerre Jugoslave degli anni ’90 e del 2000, che ancora non sono state del tutto risolte.
Ora, non starò qui a farvi una lezione sui Balcani, anche perché non sono una storica, ed è la prima volta che li visito, ma è innegabile che l’insieme di popoli, culture e storie, che si sono intrecciate e sovrapposte per secoli, abbiano dato vita ad una cucina estremamente interessante, una via di mezzo tra Occidente e Oriente. Ancora oggi nei piatti dei diversi paesi, incontriamo le tracce delle passate dominazioni.
Lungo la costa della ex-Jugoslavia i piatti tipici sono quelli della dieta mediterranea, questo grazie ai centenari e frequenti scambi commerciali e politici con l’Italia. A Split (Spalato) ho per esempio mangiato una versione leggermente diversa delle Sarde in Saor venete, le Srdele u Savuru, sarde marinate alla dalmata. Sempre sulla costa, e nei paesi più vicini al mare, si usa molto l’olio di oliva, proprio come in Italia e in altri paesi del Mediterraneo.
Oltre che dalle dominazioni straniere, il cibo è stato contaminato naturalmente anche dalla religione: ad esempio in tutte le aree di influenza musulmana, per le preparazioni di carne – come nei Ćevapčići (una specie di polpette diffuse in tutti i Balcani) – si usa il manzo, l’agnello e il vitello. A differenza di Slovenia e Croazia – dove la religione islamica rimane una minoranza (1-2% della popolazione) – il maiale è invece molto usato, anche sotto forma di salumi, un esempio è il prosciutto della Dalmazia.
Mentre le aree interne della penisola utilizzano molto ingredienti come il grano saraceno, rape, barbabietole, cavoli di ogni tipo, riso, sia come contorno che nelle minestre. Ogni zona ha una tipologia di zuppa contadina di carne e conserve agrodolci, come per esempio i crauti, probabilmente portati dal nord Europa, durante la dominazione Austro-Ungarica. Avendo una fissa per i sottaceto, ne ho assaggiati e comprati diversi durante il mio viaggio. Ho trovato anche qualcosa di molto simile alle Teghe da Pevare o Tighe, un sottaceto di peperoncini verdi e lunghi, diffusi in Veneto e Lombardia.
In Albania, i formaggi più diffusi spartiscono origini greche e italiane: il Djathé i Bardhë è un formaggio bianco salato, simile alla feta greca, e il Djathé Kaçkavall, è giallo e a pasta dura, ricorda il caciocavallo italiano, le sue origini sono però Turche-ottomane.
Capirai anche tu che l’insieme di queste cose mi ha fatto letteralmente esplodere il cervello!
Borek
Il primo cibo di cui non puoi fare a meno nei Balcani, e che incontrerai ovunque, è il Borek (In Albania Byrek, in Bosnia Burek), un piatto d’origine turca, diffuso anche nei paesi Balcanici grazie all’espansione degli Ottomani.
Per Borek s’intende una famiglia di paste ripiene salate, cotte al forno e composte da una sottile sfoglia di pasta phyllo (o yufka).
É un pasto comodo, semplice ma estremamente soddisfacente. Durante gli spostamenti in auto, diventa colazione, pranzo o spuntino ideale.
Lo trovi nelle numerose Pekare (panetterie) che si trovano un po’ ovunque, anche ai bordi delle strade principali oppure all’interno degli stazioni di servizio. In Bosnia, lo intingono nel Kefir (latte fermentato), qui lo chiamano Burek se è ripieno di carne, Krompirusa se con le patate e Sirnica con farcia di solo formaggio; queste tipologie sono fatte con pasta phyllo arrotolata, mentre lo Zeljanica è una semplice sfoglia (Yufka) ripiena di spinaci e a volte anche formaggio.
La prima volta che l’ho mangiato ero a Banja Luka, con pochi marchi bosniaci in tasca, infatti ti bastano appena 5 bam (2-3 euro) per una fetta e un Kefir incluso.
É tutto molto complesso a parole, ma ti assicuro che ti basterà guardare bene quello che prende il tuo vicino, o come facevo io, comprare tutte le versioni, giusto per non sbagliare. Per riconoscere un buon Borek è necessario che fuori sia croccante, dentro morbido e unto al punto giusto.
Negli ultimi anni le panetterie offrono anche ripieni creativi lontani dalla tradizioni; ti consiglio di provare quello dolce farcito con mela e cannella, e se hai il coraggio, esistono anche i pizza-burek. Puoi provarli ad esempio da BUREK OLIMPIJA a Ljubljana.
Ćevapčići
Un altro piatto must sono i Ćevapčići, le polpette di carne trita e speziata, una di quelle poche pietanze che già conosciamo della cucina Balcanica. Sono diffuse non solo nei Balcani, ma anche nel Nord-Est Italiano (nelle province di Trieste, Udine e Gorizia).
All’interno un misto di carne di manzo e agnello o vitello, condita con spezie e cotte sulla griglia, che ricorda il köbte kebab turco.
La prima volta che me lo hanno servito al fianco ad una quantità massiccia di cipolla tritata cruda, sono rimasta un po’ sconvolta, ma una volta imbottita la pita con le polpettine e il contorno insolito ho capito che non si sbagliavano. Se non ti va di provare l’ebrezza della cipolla cruda, il piatto viene accompagnato anche da Ajvar, una salsa più o meno piccante a base di peperoni, spezie e olio, oppure dal Kajmak – che vedrai usato un po’ ovunque e che finirai per amare – una sorta di panna acida.
Dallo stesso impasto dei Ćevapčići più l’aggiunta delle cipolle, si ricava la Pljeskavica, una preparazione di origine Serba, ma diffusa nel resto dei paesi balcanici: una specie di hamburger molto basso che viene consumato sempre accompagnato dalle pite.
Una porzione di Ćevapčići la paghi appena 4-7 euro (dipende da quanti pezzi di carne vuoi). È una sorta di fast food balcanico; troverai locali che cucinano queste polpette un po’ dappertutto, anche nelle campagne desolate al confine tra Croazia e Bosnia.
Dolma
Mangiare vegano nei paesi Balcanici è difficile, se non impossibile. Anche le verdure sono quasi sempre ripiene di carne e riso; vengono chiamati Dolma (deriva dalla parola di origine turca dolmak “riempire”) tutte le verdure farcite, mentre per Sarma Dolma s’intendono tutti gli involtini fatti con le foglie di vite o cavolo ripieni di riso, carne e spezie, e servite con yogurt o formaggi.
Tutte queste preparazioni sono di origine Ottomana e si reperiscono in diverse versioni in Grecia e in tutto il medio-oriente. A Sarajevo nel locale storico Inat Kuca che affaccia sul fiume, trovi tutte queste verdure e anche ogni tipo di specialità bosniaca.
Una sera a Sarajevo ho provato anche la Kljukuša, una specie di sformato fatto con patate grattugiate mescolate con farina e acqua e cotta in forno, che viene mangiato con la panna acida. L’ennesimo confort food che viene servito in quantità generose; l’ho ordinato dal menù di Avlija, un ristorante fuori dal centro di Sarajevo con un giardino e un mobilio tutto colorato e magico.
Shopska
Da vegetariano invece potrai cavartela con l’insalata Shopska, di origine Bulgara, inventata negli anni ’60 durante il comunismo, e che negli anni è entrato a far parte della cultura culinaria di tutta l’area balcanica. Si tratta di un’insalata a base di pomodori, cetrioli, cipolla, peperoni crudi tagliati a cubetti, una montagna di Sirene grattugiato (un formaggio duro in salamoia) e condito con solo aceto, il risultato è un sapore molto acido e salato smorzato solo dal formaggio, che viene consumato come antipasto. Ricordati di farti portare il pane, ne avrai bisogno per ripulirti la bocca, una volta finito.
Kiseli
Ho notato che i sapori acidi sono molto diffusi in queste zone, e ad ogni verdura fresca corrisponde una sua versione sottaceto: le rape rosse, i cetriolini, i peperoni verdi…Nella zona del mercato di Tirana, chiamato Pazari i Rai, risalente agli anni ’30 del ‘900 ma recentemente riqualificato, si vedono un po’ ovunque queste conserve. Ogni barattolo viene riciclato per preservare le verdure, anche i bottiglioni di plastica. Anche in Bosnia spesso si trovano baracchini dei contadini, lungo le strade, che vendono i propri sottaceto, e meritano una sosta, ma chiudi gli occhi e dimenticati tutte le norme HCCP.
Ti consiglio di farne una scorta da portare a casa, come ho fatto io; anche se riaprendoli una volta a casa noterai che non hanno la stesso sapore di quelli consumati nella terrazza vista mare dell’appartamento in cui alloggiavo in Croazia.
Tavë dheu
Infine, a Tirana ho provato una specialità locale, che mi ha mandato in pappa il cervello: il Tavë dheu. Si tratta di fegato, ricotta albanese (Gjizë), pomodori e spezie cotte in una teglia di terracotta, che conferisce al piatto un sapore affumicato buonissimo. È un piatto per temerari, se non hai lo stomaco, evitalo o finirai a letto con il mal di pancia, come il mio compagno di viaggio. Ma puoi sempre provarlo da Bujtina e Gjelit un ristorante di Tirana, che usa solo prodotti della sua azienda agricola, poco fuori dalla città.
Ti renderai conto che la cucina balcanica è fatta da cibi caserecci, semplici, ma molto soddisfacenti, che puoi mangiare a tutte le ore. Quando tornerai a casa, come me, rimpiangerai il Kajmak (panna acida) che accompagna ogni cosa, la strada che ti porta nella malinconica Sarajevo e i venditori di miele e frutti di bosco sulla strada. Ti mancheranno sempre di Sarajevo i suoi caffè ottomani con i Lokum, il traffico infernale di Tirana e dei venditori di Paprika (peperoni verdi) nelle reti, dei locali spartani ma buoni, delle porzioni gigantesche e dei prezzi bassissimi.
I Balcani ti entrano nel cuore, ma sopratutto nello stomaco.
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