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Come ho imparato a fare i conti con la sexsomnia

Stephen Klinck è uno scrittore di New York. Nel settembre del 2014 ha scritto un contributo per Motherboad dedicato alla convivenza con la sexsomnia, un disturbo del sonno riconosciuto dalla scienza ma poco noto al grande pubblico. Abbiamo pensato di chiedere a Stephen come se la sta cavando con il suo problema.

Non ne avevo mai sentito parlare prima, né sapevo che venisse studiato dalla medicina ufficiale. Sapevo solo che a volte mi capitava di fare lo sporcaccione con mia moglie mentre dormivo. Un comportamento sicuramente anomalo, ma non me ne preoccupavo più di tanto, perché ho sempre sofferto di disturbi del sonno.

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Si trattava semplicemente dell’ultima manifestazione che andava ad allungare una lunga lista di disturbi del sonno che mi hanno afflitto per gran parte della vita. Prima di questo, si erano presentati episodi di sonnambulismo, disturbi da terrore nel sonno e insonnia. Ma a differenza di questi altri, se all’apparenza il fatto di allungare le mani mentre dormivo sembrava meno antipatico, era senz’altro una questione più complessa da affrontare.

Mia moglie conosce bene il mio problema. Di solito non respinge i miei goffi approcci, il più delle volte si concede anche se è mezza addormentata. Altre volte, quanto è un po’ infastidita, declina i miei inviti e la cosa finisce lì. Ci capitava anche di riderne su la mattina dopo. Raccontavamo questi episodi assurdi anche ai nostri amici i quali ne erano divertiti loro volta. Uno di loro, però, riconoscendone i sintomi genere se ne uscì fuori con la storia della “sexsomnia”.

“Sexsomnia.” Pensavo fosse un trend pompato dai media. Era una definizione che mi suonava troppo perfetta, era troppo accattivante. Eppure si tratta effettivamente del nome scelto per la diagnosi di un ampio ventaglio di comportamenti sessuali che si manifestano durante il sonno: dalle palpatine innocenti ai rapporti sessuali completi, giungendo purtroppo in certi casi sino a trascinare delle relazioni sull’orlo del divorzio oppure in tribunale per accuse di violenza sessuale.

Ero preoccupato? Potete dirlo forte.

Dopo gli ultimi episodi ho sperimentato una sensazione inedita: la vergogna.

Così mi sono fatto visitare da un medico il quale ha raccomandato di sottopormi a uno studio del sonno. Così funziona il bizzarro mondo in cui viviamo: si scava nella nostra vita personale per cercare materiale interessante. Ma ho approfittato di questa occasione per approfondire la sexsomnia nel dettaglio—a beneficio della mia comprensione e quella degli altri, documentando quanto scoprivo nel frattempo.

In sostanza, un episodio di sexsomnia è il risultato di impulsi elettrici sbagliati che percorrono il cervello. Durante il sonno, la corteccia prefrontale, ovvero la parte del cervello preposta alla gestione dei processi decisionali e del giudizio, non è attiva. Al contrario, un’altra zona del cervello genera pattern connessi ai comportamenti primordiali necessari per la sopravvivenza: attaccare, fuggire, mangiare e, naturalmente, il sesso.

Curiosamente questi generatori di impulsi sono localizzati vicino alla parte del cervello dedicata alle funzioni del sonno e della veglia. Come potrete immaginare, la parte problematica della questione è proprio questa. Durante il sonno profondo, le persone affette da sexsomnia vengono disturbate da un impulso elettrico che invece di svegliarli li spinge a cercare di accoppiarsi.

Capire come si manifesta la malattia è una cosa, ma scoprirne le cause è ben più complicato. Sono necessari ulteriori studi per comprendere se la sexsomnia abbia origini genetiche o meno. C’è da sperare che si giunga presto a delle risposte esaurienti.

Oltre agli episodi di sonnambulismo, terrori nel sonno e altre parasonnie, ci son altri tre fattori che influenzano il presentarsi degli episodi di sexsomnia. La privazione del sonno è uno di questi: in situazioni di sonno molto profondo è più probabile il tentativo del cervello di risvegliarci con l’impulso cerebrale di prima. Un altro fattore è l’alcol, d’altro canto viene annoverato tra le prime cause che peggiorano la qualità del sonno. L’ultimo grande fattore è lo stress: certamente il più difficile a cui porre rimedio. Quindi, mi sono impegnato per tenere sotto controllo questi fattori, giungendo a far calare il numero di episodi il più possibile vicino allo zero.

Dopo lo studio del sonno, il mio medico mi ha prescritto un periodo di prova con il Klonopin. Il Klonopin è un sedativo contro l’ansia che si è dimostrato efficace in oltre il 70 per cento dei casi nel trattamento della sexsomnia, ma ho deciso di non assumerlo.Tanto per iniziare, sono sempre riluttante ad assumere quotidianamente sedativi per un periodo potenzialmente non determinato di tempo. Ho anche svolto qualche ricerca su Google per capire cos’è il Klonopin—trovare molte informazioni non si rivela sempre così utile quando si tratta di farmaci da prescrizione. Ad esempio, molte persone segnalano esperienze positive e registrano dei notevoli miglioramenti. Chiaramente, io ho scelto di percorrere un’altra strada.

Ecco cosa ho fatto: mi sono ritagliato del tempo da dedicare alla meditazione e all’esercizio fisico per gestire lo stress. Ho diminuito la dose di alcol che assumevo quotidianamente, limitandola alle occasioni sociali. Inoltre, ho fatto del mio meglio per dormire le famose sette-otto ore a notte, impresa difficile per uno come me. Dopodiché ho iniziato a curare la mia igiene del sonno. Si tratta di un termine carino per quantificare quanto il luogo in cui riposate sia tranquillo e libera dagli influssi della tecnologia. Tenere il cellulare vicino al letto oppure una TV in camera, ad esempio, rientrano tra le abitudini più sconsigliate. Sono riuscito a fare a meno del mio telefono prima di dormire ma non sono stato in grado di rinunciare al televisore per ora. Proprio come la ricerca scientifica sulla sexsomnia, i miei progressi sono lenti ma sono pur sempre dei miglioramenti.

Foto: Shutterstock

Sono passati un anno e quattro mesi da quando mi è stata diagnosticata la sexsomnia e mi hanno richiesto di sottopormi a uno studio del sonno. Da allora, gli episodi di sexsomnia in cui sono incorso si possono contare sulle dita di una mano. E se da un lato sono diventato più bravo a prevenirli, dall’altro le mie reazioni ai questi rari episodi sono mutate radicalmente.

Forse è stato l’aver letto così tanto sulla sexsomnia da quando ne ho scritto per la prima volta, ma ora dopo gli ultimi episodi ho sperimentato una sensazione inedita: la vergogna. Pur essendo consapevole che il disturbo è semplicemente dovuto a un difetto dei segnali elettrici nel mio cervello, pur conoscendo la differenza tra cosa è giusto e cosa è sbagliato quando sono sveglio, pur sapendo che non riuscirà mai a prevenire il 100 per cento degli attacchi e che so di non essermi mai comportato in maniera violenta o aggressiva durante i miei episodi di sexsomnia. Ci sono degli aspetti sconcertanti nell’esserne affetti, quando leggo dei vari casi giudiziari e delle dolorose accuse di violenza sessuale portate avanti dalle vittime, preferirei non esserne mai venuto in contatto.

Se prima ne ridevo su con mia moglie e gli amici, ora sono consapevole che ci sono molte persone affette da questo disturbo che non la prendono allo stesso modo. Esistono numerosi casi giudiziari e accuse di stupro che sollevano questioni estremamente complesse tali da creare pericolosi precedenti.

Sfortunatamente, la gente sentirà parlare di sexsomnia sopratutto in questo contesto fino a quando non verrà distratta da qualche altra news pruriginosa.

Ascolta il podcast radio di Motherboard dedicato a come adattare la vostra camera da letto per migliorare il vostro sonno. Il podcast è disponibile su iTunes e sulla vostra applicazione di podcast preferita.

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