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“I Gotta Feeling” dei Black Eyed Peas è la canzone più deprimente di sempre

Ho lavorato in un bar tra i 18 e i 21 anni. Non mi faceva schifo, ma non posso nemmeno dire che mi piacesse. Più di metà dei colleghi frequentavano la mia stessa università e una delle domande che mi avevano fatto al colloquio era “quale persona famosa inviteresti a cena”, quindi l’atmosfera era decisamente scazzata e divertente. A meno che tu non riuscissi a vendere il numero di shot previsti. Allora non era né divertente né scazzata. Ad ogni modo, come può testimoniare chiunque abbia passato più di un’ora dietro il bancone di un bar frequentato da studenti, una parte della tua anima muore facendo quel lavoro. Hai una sensazione molto particolare, alla “fanculo la mia vita”, un minimo terrore che si piazza in fondo al tuo stomaco prima di entrare dalla porta, e resta lì per le 14 ore successive finché non raggiungi casa e ti metti a lavare via la sambuca incrostata sulle scarpe.

Proprio a metà della mia carriera in quel bar è uscita una certa canzone. Una canzone che, ancora oggi, è capace di farmi provare tristezza come nient’altro. Una canzone che scava in profondità nella mia essenza e riempie il buco di malinconia. Questa canzone è “I Gotta Feeling”, del complesso musicale Americano The Black Eyed Peas.

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Uscita all’inizio dell’estate 2009 e premiata con un Grammy, “I Gotta Feeling” è una canzone pop che parla del passare una bella serata. È rimasta per 14 settimane consecutive al numero 1 della classifica Billboard Hot 100 ed è diventata la canzone più venduta in digitale di tutti i tempi, a quei tempi. È stata la canzone più venduta del Ventunesimo secolo in tutto il mondo fino al 2014, quando è stata superata da “Happy” di Pharrell. È anche la canzone più deprimente della storia della musica. E, come se volesse fornirmi le prove di questo fatto, veniva trasmessa diverse volte a sera, tutte le sere, nel bar in cui lavoravo.

Dovrebbe far prendere bene, vero, “I Gotta Feeling”. In un’intervista con Marie Claire alla vigilia dell’uscita, il famoso Black Eyed Pea will.i.am ha dichiarato che la canzone era “dedicata a tutti i festaioli là fuori che hanno voglia di uscire e fare festa”. E in effetti, “I Gotta Feeling” sembra aver colpito proprio quella categoria. Per anni è stata tirata fuori a un certo punto come picco di ogni serata per sottolineare il fatto che dovunque ti trovassi di sicuro ti stavi divertendo. Dominava le feste tra colleghi, le pubblicità, i videogiochi, le Olimpiadi, le feste di terzo compleanno, le feste di 73esimo compleanno e specialmente quei video di matrimonio con quelle coreografie elaboratissime che la gente paga un sacco di soldi e non si capisce perché. È stata concepita precisamente per essere la prima scelta per qualunque occasione di festa grazie alla sua atmosfera che evita con attenzione ogni caratteristica che potrebbe dare fastidio a chicchessia. Ciò facendo, riusciva a girare attorno a ogni emozione umana possibile, e raggiungeva così l’inferno.

Non ci pensavo da anni. Ma, come tutti i traumi, è tornato a perseguitarmi quando meno me l’aspettavo. E lo scorso Capodanno, mentre un disperato cassiere del supermercato passava la mia spesa di birra, whiskey e hummus, l’ho sentita. Come la sirena di uno stato militare, ci ricordava che quella sera sarebbe stata una bella sera. Mi ha sconvolta così tanto che ho smesso di impacchettare la mia spesa, ho aperto le note sul mio cellulare e ho scritto: “i gotta feeling dei black eyed peas è la canzone più deprimente mai scritta”. Prima di proseguire, diamo un’occhiata a un estratto del testo:

I gotta feeling that tonight’s gonna be a good night
That tonight’s gonna be a good night
That tonight’s gonna be a good, good night

A feeling that tonight’s gonna be a good night
That tonight’s gonna be a good night
That tonight’s gonna be a good, good night

A feeling, woohoo, that tonight’s gonna be a good night
That tonight’s gonna be a good night
That tonight’s gonna be a good, good night

I Black Eyed Peas si sono fatti una carriera seguendo una formula precisa: tira fuori una frase molto semplice e ripetila fino alla nausea. Questa, però, è la più sfacciata che gli sia mai venuta in mente. Hanno avuto l’audacia di comporla in Sol maggiore, che nella musica barocca è considerata la “chiave della benedizione” – ed è quindi collegata a emozioni positive come la contentezza, la gratitudine e la pace. A differenza del Trio per pianoforte in Sol Maggiore N.39 di Haydn, però, “I Gotta Feeling” non ha sentimento. Anzi, rappresenta l’assenza stessa del sentimento. “I Gotta Feeling” cerca il sentimento, lo trova e lo annienta. “I Gotta Feeling” è un buco nero nel cosmo della gioia. Nel film La storia infinita – il racconto di un universo fantastico che esiste grazie l’immaginazione umana in cui il cattivo è letteralmente “Il Nulla” – una maligna creatura dell’oscurità descrive “Il Nulla” come “il vuoto che è rimasto, una disperazione che distrugge questo mondo”. E poi aggiunge che “è facile controllare chi ha perso ogni speranza”. Ecco, forse sto un attimo esagerando, ma arrivati fino a qua potremmo tranquillamente sostituire “Il Nulla” con “I Gotta Feeling”.

Consideriamo, anche solo per un momento, le influenze di “I Gotta Feeling”. Il beat è stato preso da una canzone anni Novanta estremamente irritante, “Take a Dive” di tale Bryan Pringle, un tizio di cui nessuno aveva mai sentito parlare prima che facesse causa ai Black Eyed Peas accusandoli di avergli rubato la canzone. La sua canzone che nessuno aveva mai sentito perché, presumibilmente, faceva schifo. La melodia è ispirata dagli U2, storicamente una delle rock band in completi di cuoio meno convincenti. E la parte con gli WOOHOO! – probabilmente il momento più alto della celebrazione, da un punto di vista testuale – è campionata da “Every Breath You Take” dei Police, che è un famoso brano soft rock cantato dalla prospettiva di uno stalker che vorrebbe tantissimo essere una canzone d’amore. Riflettendoci sopra, il batterista dei Police Stewart Copeland ha dichiarato che “Every Breath You Take” è “la canzone migliore di Sting, ma anche quella arrangiata peggio”. Sting l’ha definita “una canzone generica, un aggregato di centinaia di altre canzoni, ma le parole sono interessanti”. Tenetelo in mente mentre pensate al fatto che l’unica cosa che i Black Eyed Peas hanno preso da “Every Breath You Take” è stato un WOOHOO.

Andando oltre il modo in cui è stata composta, va detto che il problema più grande di “I Gotta Feeling” è che la sua premessa è sbagliata. “I Gotta Feeling” si svolge prima dell’effettivo divertimento. È un brano da pre-festa, e non si scappa. Ma dire che una serata spaccherà prima che la serata cominci è come lanciare una maledizione. Il divertimento è come un fiore che sboccia organicamente. Come ogni capodanno, ogni compleanno e ogni occasione in cui divertirsi diventa un imperativo, “I Gotta Feeling” soffoca sotto il peso della sua stessa insistenza. Nessuna serata davvero memorabile è mai cominciata con le parole “Stasera ci divertiremo, lo so!” Quando qualcuno se ne esce con una frase come “Usciamo, siamo fuori controllo, perdiamo la testa!” l’unico risultato possibile è una serata in cui arrivi troppo presto nel locale, butti giù due o tre shot controvoglia e finisci a mangiare un kebab a un quarto a mezzanotte. Mai, nella storia del divertimento, le parole “Penso che stasera sarà una bella serata, che stasera sarà una bella serata, una bella, bella serata” hanno portato a qualcosa che non fosse una grande delusione.

Posso ammettere che per me “I Gotta Feeling” è stata rovinata dalle esperienze che le associo quando la ascolto. Dopotutto, quando hai passato mesi a raggrinzirti i polpastrelli bagnandoli con la vodka e puzzi come il fondo di una lavastoviglie non è proprio facile capire una mentalità alla “p-p-party every day”. Ma un fatto resta: sono genuinamente convinta che “I Gotta Feeling” è una canzone creata per dire a chi la ascolta di andarsene a casa. Se Superbad ci ha insegnato qualcosa è che i ricordi più belli nascono dal caso. Quante volte, durante una serata, ti sono state rivolte le parole “Ti stai divertendo?” e ti è immediatamente scesa ogni voglia di continuare a stare fuori? La prima regola del divertimento è semplice: non sottolineare il fatto che ti stai divertendo. Ci vuole un attimo a venire risucchiati fuori dal qua e dall’ora, dal momento – cioè il luogo in cui, secondo il Buddismo e un sacco di altre filosofie molto sagge, può nascere la vera gioia. Forse sto sbagliando qualcosa io, forse non sono mai stata tanto facile da trascinare, ma ogni volta che mi sono divertita non è mai stato perché avevo deciso che mi sarei divertita.

La versione originale di questo articolo è stata pubblicata da Noisey UK.

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