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Com'è davvero fare il procuratore sportivo in Italia

Quella dei procuratori dei calciatori è una delle categorie più odiate al mondo, specie durante i mesi estivi di calciomercato. Ma com'è davvero fare questo lavoro? Ne ho parlato con Claudio Pasqualin, procuratore tra gli altri di Del Piero e Gattuso.
mino raiola
Mino Raiola.

Diventare una delle categorie più odiate al mondo non è semplice. Bisogna mettere insieme la possibilità di fare molti soldi, di guadagnarseli in un modo che le persone ritengono eccessivamente facile e immeritato, di andare in giro in occhiali scuri e smartphone all'orecchio e di operare in uno dei settori che ossessiona di più la gente. In poche parole, è molto difficile essere odiati più di un procuratore di calcio.

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Il procuratore sportivo è la persona che cura gli aspetti legali, sportivi e commerciali dei calciatori, per cui—per esempio—se io voglio comprare un'ala destra del Crotone, dovrò accordarmi con la società e contemporaneamente col procuratore del ragazzo, che contratterà per lui l'ingaggio migliore vedendosi riconoscere una percentuale.

Luglio e agosto sono i mesi in cui la preoccupazione principale per milioni di persone diventa il calciomercato, ed quella fase dell'anno nella quale, tradizionalmente, il tifoso medio comincia a familiarizzare con sigle di fondi d'investimento asiatici e nomi di procuratori samoani che dimenticherà in ottobre, ma ai quali attribuirà le responsabilità per aver "rovinato il calcio coi soldi".

Capire le ragioni dell'odio per questa categoria è molto semplice: sono loro che assicurano ingaggi fuori da ogni logica congiunturale ai propri clienti e spostano cifre a sei zeri, e sono spesso loro a spingere i calciatori a chiedere sempre più soldi alle società o a "tradire" le squadre di appartenenza. E per fare tutto ciò—ossia per qualcosa che qualsiasi lettore della Gazzetta ritiene di saper fare—rischiano di guadagnare una montagna di soldi e sistemarsi a vita.

Proprio per questo, malgrado l'insofferenza generale, la posizione resta molto ambita soprattutto tra i giovani, che affollano periodicamente le sedi dei concorsi per l'iscrizione all'albo affascinati da ciò che immaginano presumibilmente come un paradiso terrestre fatto di calcio, denaro, alberghi di lusso e biglietti omaggio per le tribune numerate.

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Negli ultimi cinque anni infatti il numero dei procuratori italiani è passato da 500 circa a più di 1500, tanto che ad oggi la federazione italiana conta spesso il doppio, se non il triplo, di iscritti all'albo rispetto alle altre federazioni. E sebbene l'Italia sia già il paese al mondo con più agenti iscritti ufficialmente nell'elenco degli abilitati, il dato è destinato ad aumentare se consideriamo il fatto che ad aprile sono state adottate nuove disposizioni FIFA che facilitano questo processo e non prevedono prerequisiti o passaggi d'esami per poter esercitare la professione.

Malgrado questo mercato aspirazionale abbia generato un business nel business fatto di corsi di preparazione e master a pagamento, test e titoli di sorta non sono stati comunque necessari per alcuni dei maggiori procuratori al mondo, che rappresentano un specie di ideale per chi ambisce a questo tipo di vita per metodi e rapidità d'accesso alla professione. Jorge Mendes, per esempio, incarna perfettamente lo stereotipo del procuratore di successo: peso massimo della categoria, nel giro di pochi anni è passato dall'aprire una videoteca a Lisbona a diventare manager di Cristiano Ronaldo e José Mourinho. Si stima abbia racimolato attorno agli 85 milioni di euro solo nell'ultima sessione estiva di calciomercato, tra commissioni e altro.

Per certi versi analoga alla biografia di Mendes è quella di Mino Raiola, tra gli esponenti di spicco della scuola italiana: agente di Ibrahimovic e Pogba—per fare due nomi—Raiola ha cominciato lavorando in una pizzeria di Harlem, in Olanda. Oggi fa scucire al Liverpool sei milioni di euro all'anno per Mario Balotelli, suo assistito, benché abbia segnato un solo gol nella scorsa stagione in Premier League e, nonostante ciò, continui a guadagnare molto più di quando la sua parabola sportiva non era ancora un sinonimo di cupio dissolvi. È questo personaggio qui.

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Ma come funziona questo mondo? Come ci si accede? E come si fa a convincere un'azienda a corrispondere milioni di euro all'anno a un ventenne con la promessa di una prestazione sportiva adeguata? Per capirlo ho sentito l'avvocato Claudio Pasqualin, decano della professione, partner dell'agenzia Pasqualin & D'Amico e procuratore storico di calciatori come Alessandro Del Piero, Gennaro Gattuso, Gianluca Vialli e Pippo Maniero.

Un'intervista di Mino Raiola a Sky Sports sul futuro di Balotelli

VICE: A che serve un procuratore sportivo? Cosa fa, concretamente?
Claudio Pasqualin: Ci sono due versioni della storia. C'è la definizione scolastica, per esempio, che è: procuratore sportivo è la persona che, avendone le competenze, presta la sua opera di consulenza e assistenza nell'attività di ricerca del miglior contratto professionale del proprio assistito e di tutti gli aspetti extra sportivi, da quello fiscale a quello mediatico. Di recente però la situazione è degenerata in un parabola grettamente mercantile e a questa figura—che era il consulente a tutto campo—si è sovrapposta quella del mediatore, che opera in modo diverso: per esempio, vantando relazioni importanti coi club, è in grado di spingere il calciatore verso squadre più di suo gradimento piuttosto che altre, cosa che un tempo non era nella norma.

Prima c'erano delle regole, che abbiamo ottenuto dopo anni ed anni di "clandestinità", adesso dopo più di 20 anni alla Fifa è venuta in mente l'idea di cancellare tutto e di ritornare alla giungla nella quale eravamo prima, togliendo ogni tipo di requisito per accedere all'albo, che non è più neanche un albo, è più una specie di l'elenco telefonico. Col risultato che adesso tutti si vogliono buttare nella mischia, con competenze e metodi diversi, cambiando di fatto la professione.

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Quindi adesso come si fa a diventare procuratori?
Basta farlo. "Procuratore è chi procuratore fa," direbbe il compianto Vujadin Boškov. Basta farti firmare un mandato che anche un semianalfabeta è in grado di compilare e consegnarlo alla Federazione. Stop. Dopo di che puoi fare quello che ti pare: porte spalancate alla delinquenza comune, alla malavita. Pensi che non occorre neanche avere la fedina penale pulita, perché c'è tutta una serie di reati che puoi benissimo aver commesso senza esser ritenuto non idoneo. Puoi autocertificare tutto, per esempio dicendo di non aver scontato condanne per diritti colposi la cui pena edittale sia superiore ai due anni—eppure ci sono reati come la rissa, o la truffa stessa, che hanno una pena diversa. Per cui tu puoi benissimo aver truffato qualcuno e fare il procuratore, basta dichiarare che non sei stato interdetto in attività.

Poi non avendo più l'obbligo di superare un esame e avere un titolo di studio, paradossalmente potresti essere anche analfabeta totale e iscriverti tranquillamente al registro dei procuratori. Ci vuol poco: basta che tu vai in discoteca, diventi amico di un calciatore e riesci a farti firmare un mandato, e così assurgi nell'olimpo, entri nel dorato mondo dei cosiddetti procuratori. Poi però alla fine pochi lo sono di fatto.

Appunto: se io domani volessi fare il procuratore, quante possibilità avrei di guadagnare qualcosa partendo da zero?
Pochissime. Quasi nulle. Prima forse ne avevi qualcuna dopo esserti sottoposto alle selezioni del caso, avendo un titolo potevi vantare di essere tra quelli che avevano i requisiti per fare questo mestiere. Adesso tutto sarà deprezzato, e le chance saranno pochissime. Prima la concorrenza era limitata ai 1000 e passa iscritti, che erano già tantissimi, adesso tutti i 60 milioni di italiani potenzialmente potrebbero farlo. Si immagini quante opportunità possono esserci.

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Allora perché tanti giovani sono attratti da questa prospettiva lavorativa? Cosa li attrae?
Perché è facile e perché pensano di vincere alla lotteria della vita, mentre invece la realtà è un'altra: lavoreranno in pochi, però illusoriamente crederanno di vedere nel mondo dei procuratori la soluzione ai loro problemi economici, perché le regole adesso lo permettono. Ti permettono di sognare in grande e senza alcun requisito, intanto però l'ambiente verrà contaminato da assenza di professionalità e la qualità che prima era certificata non ci sarà più.

Quanto si guadagna da procuratori? E come?
Si guadagna quello che si riesce a pattuire col proprio mandatario, non ci sono limiti a questo riguardo. La Federazione raccomanda di richiedere il tre percento del compenso annuo lordo del calciatore come parametro di riferimento—"raccomanda", ma poi uno può chiedere l'uno percento o il 99, se il mandatario accetta. Basta scrivere in un mandato "Mi impegno a corrispondere al mio procuratore il 99 percento del mio ingaggio" e via: buon per te, prenderai il 99 percento del suo stipendio annuale.

Si dice che nel 2010 Jorge Mendes abbia convinto il Manchester United a comprare un totale sconosciuto di nome Bébé per quasi 10 milioni, e che dalla transazione abbia intascato circa un terzo del totale in commesse—Bébé alla fine sarebbe sceso in campo soltanto due volte e sarebbe stato scaricato al Benfica. Qual è stata la più grossa "bolla speculativa" che ha visto nella sua carriera?
Sai, è difficile dare del bidone a chicchessia, specie se ancora in attività—però insomma, uno se ne accorge. Negli anni Sessanta, per esempio, l'Empoli ingaggiò un certo Silvio, che era brasiliano e che in vita sua aveva giocato solo qualche partita di calcetto nel suo condominio [l'intervistato intendeva probabilmente riferirsi a Luis Silvio, centrocampista brasiliano noto per le sole 6 presenze collezionate con la Pistoiese tra il 1980 e l'81]. Eppure lo presentarono con grandi proclami in Serie A, fece una partita e mezzo e salutò tutti. Era veramente inguardabile: fu pagato milioni di lire all'epoca, ed è forse il caso più eclatante. Poi di solito queste cose succedono e si va sugli stranieri perché vengono acquistati per questioni diciamo extratecniche. A volte con la complicità dei presidenti qualcosa riescono a combinarla, i procuratori. Come dire, conviene fare un'operazione in Uruguay o in Lettonia, piuttosto che far fattura in Italia—non so se mi sono spiegato. Di conseguenza a volte arrivano bidoni pazzeschi: ci sono agenti che hanno la pretesa di far volare le cifre, ma alla fine è il campo che parla.

Sebastian Giovinco, suo assistito, nell'inverno scorso ha lasciato la Juventus per andare a giocare a Toronto, in un campionato emergente dall'altra parte del mondo nel quale guadagnerà 43 milioni di euro in cinque stagioni. Con tutto il rispetto per Giovinco, come avete fatto a fargli ottenere uno degli stipendi più alti di sempre della lega americana?
Lì abbiamo avuto un'intuizione niente male. Siamo andati a Londra da Wyscout, che è dove si organizzano incontri tra agenti e club. E così, a pelle, abbiamo messo in calendario, proprio all'ultima ora dell'ultimo giorno, l'appuntamento coi delegati del Toronto FC—giusto per intrecciare relazioni, così come avevamo fatto anche con club come Barcellona, Manchester United, Chelsea. Poi però quando ci siamo incontrati e quelli del Toronto si sono visti sventolare sotto il naso il nome di Giovinco, gli è venuto un lampo negli occhi, si sono illuminati, perché il ragazzo aveva la particolarità di essere in scadenza di contratto e quindi di poter decidere da solo dove andare senza il terrore da parte del Toronto di dover discutere un cartellino milionario con la Juventus. Così l'hanno riempito d'oro perché scegliesse il Canada rispetto ad altre alternative che da giocatore svincolato e ingaggiabile a titolo gratuito avrebbe avuto—certo non a quei livelli economici lì. Alla fine ci siamo trovati ad avere il giocatore italiano più pagato al mondo, ad oggi. Abili noi, fortunato lui.

Ma lei sente una specie di insofferenza generale nei confronti dei procuratori sportivi?
Sicuramente. Ma ti dirò che la capisco, perché questa figura non è mai decollata nell'immaginario collettivo. C'è stato un momento nel quale, ad albo appena istituito, c'era molto apprezzamento per il lavoro dei primi procuratori. Poi dopo tutto è degenerato in un eccesso di procuratorismo e certi comportamenti da affaristi hanno portato la gente a vedere il procuratore come una specie di trafficone che ordisce chissà quali inganni, che deve essere abile e scaltro. Ma il procuratore vero è bravo se fa il consulente serio e professionale, se valorizza un calciatore che madre natura ha dotato di qualità importanti. Gli asini non li fa volare nessuno, il Milan non ti prende Paolo Luigi Giacomo se non è da Milan, eppure c'è chi ci prova e attira su tutta la categoria un'opinione comune poco lusinghiera—sulla quale, ripeto, concordo. Quando dici che sei un procuratore a volte c'è gente che fa il gesto di quello che sgraffigna, e lo capisco: ma io non sono mica un mezzo ladro, eh.

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Questo post fa parte di Macro, la nostra serie su economia, lavoro e finanza personale in collaborazione con Hello bank!