Música

Il punk è morto da quarant’anni, e Mark Perry lo sa benissimo

Veloce, furiosa e al vitriolo, la scena punk britannica prese vita a metà anni Settanta aprendo la bocca per fare uscire tutta la rabbia e il bisogno di anarchia che fanno cacare addosso le nonne. Sex Pistols, The Damned, The Slits, Stiff Little Fingers, Sham 69… E successivamente la generazione anarchica di Crass e Flux Of Pink Indians scaturì dalla coda dell’ottimismo inglese anni Sessanta con urgenza, sangue e concerti nelle cantine popolati di giovani incazzati. Oggi è un’ovvietà ricordarlo, ma era molto più che musica: un vero e proprio movimento culturale, in cui avere qualcosa da dire contava molto di più di “sfondare”. Chiedete a quelli che c’erano, specialmente tutti i cinquantenni con la maglietta dei Ramones che ancora fanno i baristi nei locali per concerti.

L’influenza di quegli anni è ancora viva in collettivi hip-hop DIY come Odd Future come nelle collezioni che affollano le fashion week di tutto il mondo e nei risvolti politici del grime inglese di oggi, eppure la scena originale, basata su chitarre, latex e caos, è sepolta da una vita. Forse gli ultimi chiodi li hanno piantati robe come la carta di credito dei Sex Pistols uscita la scorsa estate, o il fatto che il leggendario CBGB ha annunciato che riaprirà per servire pancake all’aeroporto di Newark. O forse la fine l’avevano già dettata i venti milioni di copie vendute da Dookie dei Green Day, con successiva esplosione mondiale del pop-punk che ci ha poi dato dai Blink 182 ai Fall Out Boy. Oppure molto molto prima: con lpultimo numero di Sniffin’ Glue, chiuso dall’editor Mark Perry quando vide la sua band preferita (i Clash) firmare un contratto milionario con la CBS.

Videos by VICE

Se ce n’è uno che lo sa, quello è proprio lui. Dopotutto, avendo creato la fanzine più influente della storia d’Inghilterra, ispirata al brano dei Ramones “Now I Wanna Sniff Some Glue”, Perry mostrò a tutti, con attitudine sfacciatissima, che si potevano creare dei capolavori con due flgi di carta e del nastro adesivo, dando uno scossone enorme alla scena, fino ad arrivare a stampare quindicimila copie. Sniffin’ Glue ERA la scena punk, la voce del movimento: attirò su di sé un sacco di attenzione e raggiunse uno status da eccezionale meteora cult. NME la definì “la più cattiva, acida e divertente rivista sul rock’n’roll”. Poi, nel 1977, dopo dodici infuocati numeri, sparì con la stessa tempestività con cui era apparsa, perché Perry voleva evitare il rischio di venire assorbito dalla stampa mainstream. L’ultimo numero uscì accompagnato da un flexi disc contenente “Love Lies Limp”, l’esordio della band di cui era il cantante: Alternative TV, che nei quarant’ani successivi avrebbe fatto uscire altri dieci dischi.

Considerato che Mark Perry non si ha mai risparmiato commenti sul punk, e che il mondo della musica in cui è nato è completamrnte cambiato, è ora di riprendere il discorso e vedere com’è messa la situazione oggi. Siamo finiti a parlare di un sacco di cose belle, e di altre molto meno belle, come il CBGB…

(CBGB via)

Noisey: Ai tempi degli Alternative TV si facevate il pienone, per cui imagino che la riapertura del CBGB come ristorante all’aeroporto di Newrk ti tocchi particolarmente.
Mark: Era ovvio sarebbe successo, prima o poi. Ma credo che la gente ci abbia investito troppo a livello emotivo, manco fosse Beethoven, cazzo, o la cattedrale i Notre Dame. Non lo è, è solo un club. Il CBGB aveva già inziiato a colare a picco quando ha iniziato a fare soldi, a vendere magliette e tazze anziché pensare a far suonare le band. Grazie a dio il Roxy non è durato tanto, perché probabilmente avrebbe fatto la stessa fine. Non so perché la gente se la prenda così, come quando John Lydon ha fatto la pubblicità del burro e tutti a dire “è la morte del punk!” E perché? La gente è ridicola. Morte del punk? Ma di che parlano? Il punk è morto il giorno che i Clash hanno firmato per la CBS. Non avremmo dovuto attendere quarant’anni per capirlo.

Cominciamo l’intervista col botto, quindi…
La gente di aggrappa ai simboli della propria giovinezza. Guarda la morte di Bowie, la gente prova ad attaccarsi a quello che può… Si dipingono dei cazzo di fulmini in faccia! Scrivono su Facebook “È morto David Bowie, è morta parte di me…” Che va bene se muore tua madre, tuo padre, ma non una cazzo di popstar. Sono cagate! Tutti dicono che non si dovrebbe criticare questo atteggiamento, che bisognerebbe avere rispetto, ma sono idiozie. C’è chi ha suonato “Life On Mars” con l’organo in chiesa per fare un tributo a Bowie. Quello sarebbe un tributo? Dai, che mucchio di cazzate!

Ok, di sicuro non è l’aeroporto di Newark, ma c’è un qualche luogo al mondo dove lo “spirito del punk” è ancora vivo?
Per me lo spirito del punk in realtà veniva solo dallo spirito del rock. E cosa potrà mai voler dire questo, quando gran parte dello spirito del rock è solo cercare di vendere dischi?

Dimmelo tu.
Sai, la settimana scorsa è morto qualcuno che è stato probabilmente tanto influente quanto Bowie, Robert Stigwood, che era il manager dei Cream e dei Bee Gees. È interessante, perché parliamo sempre dell’infuenza di gente come Bowie o Johnny Rotten o i Clash, ma tipi come lui o come il manager dei Led Zeppelin Peter Grant dominavano davvero il mondo. Sono quelli che cacciavano davvero i soldi. Sono quelli che hanno portato la musica rock fuori da locali come i Marquee e negli stadi: hanno messo insieme i Cream e prodotto film come La Febbre Del Sabato Sera, e roba del genere. Hanno portato il rock alle masse, ed è a causa loro che ora esiste questa macchina da soldi grossa e monotona. Non si torna indietro, non si può tornare ai tempi in cui Bowie suonava al Roundhouse o qualche altro club di merda. Hai presente? La storia è andata avanti, è cambiato tutto. Qualsiasi cosa stia succedendo oggi, che sia lo spirito del rock o quello del punk, agisce su un contesto completamente differente da quando è iniziato.

Dici che il punk, come lo hai conosciuto tu, non potrà mai più esistere?
Questa cosa mi irrita. Non tu, ma in generale la gente che si fa pugnette chiedendosi se il punk sia ancora rilevante. Per me punk ha sempre voluto dire “la scena punk”, ma per molti punk vorrà per sempre dire Green Day.

Che siano i Green Days o gli Slaves, queste band tengono il punk in vita?
Non credo abbia più importana. La gente fa un sacco di casino: una band con le giacche di pelle e le cartuccere che fa musica un po’ aggressiva viene chiamata punk, ma per me quella è solo una rock band. Per me il punk è morto nel 1977. Non dico non ci sia gente che ha del talento, o che non esistano scene interessanti da qualche parte, ma non c’è paragone.

Secondo te esiste ancora la controcultura?
Direi di no, davvero. Oggi è impossibile fare qualsiasi cosa senza uno sponsor o qualche tipo di sostegno, per cui come fai a rimanere underground? Cose come il Rebellion Festival mi sembrano delle gran cagate. Se la sono sempre menata tantissimo di essere underground, e una volta ho detto all’organizzatore “Questa cosa non è proprio possibile, Cristo, siete sponsorizzati da Doc Marten’s!” E lui “sì, ma è Doc Marten’s, non un brand qualsiasi.” Chissenefrega di chi è. Come si fa a cavarsela in un contesto del genere? Come fai a fare roba pura, underground, controculturale e DIY? Non può esistere una controcultura in un contesto del genere.

In passato com’era?
C’era l establishment, e c’era tutto il resto. Se facevi parte del resto, potevi anche essere cool e andare in giro a suonare e fare concerti, e restare underground. Se suonavi a Reading eri comunque underground, se finivi su NME eri comunque underground perché non eri sostenuto o sponsorizzato da nessuno. Ora ci sono molte più sfaccettature, la musica è molto più capitalista. L’estabilishment c’è ancora, ma ci sono anche molti più toni di grigio. Ci sono perfino dei concertini in provincia che vengono sponsorizzati da Jagermeister, o dalla birra Red Stripe. È sempre capitalismo. Nelle scene underground o nella controcultura di un tempo, queste cose non esistevano.

Vecchie punkzine (via)

E le zine? Pensi abbiano ancora speranza in questo mondo di capitalismo rampante?
Non so niente delle zine di oggi. Credo che una delle cose più comuni, e anche uno dei problemi più comuni, sia che ci si ritrova con troppe voci che parlano tutte assieme. Negli anni Settanta e Ottanta c’erano troppe zine, si è passati da quattro o cinque come Sniffin’ Glue, Ripped & Torn e poche altre, a centinaia di pubblicazioni. Nell’era di internet è ancora peggio. Tutti hanno i loro blog, e la gente che legge quei blog fa recensioni di l blog sulla propria zine. E come se se lo buttassero a vicenda, in un certo senso. È difficile avere impatto se non c’è una voce riconoscibile. Se ci fossero giusto un paio di voci ribelli il suono si sentirebbe più chiaramente.

Possiamo chiudere con una nota positiva? Chi sono secondo te le voci alternative più forti di oggi?

Parlando di spirito punk e di cose che mi hanno fatto dire “wow, questa è roba che mi gasa!”, direi le Savages. Hanno un bel carattere. Ci puoi sentire dentro un po’ di Sonic Youth e un po’ di PJ Harvey. Sono bravissime!

Ci sono un sacco di punk band femminili che spaccano, al momento.
È vero. Negli ultimi anni, a guardarlo bene, le cose più interessanti che ho ascoltato vengono da band o artiste femminili. Mi piace un sacco di roba, ed è quasi tutta fatta da donne. Le Savages, ma anche il nuovo album di Patti Smith o gente cme Bat for Lashes: Natasha Khan è bravissima. È il momento delle voci femminili. Suonano tutte molto fresche.

Grande! Grazie Mark. Una vera gioia parlarti.

Thank for your puchase!
You have successfully purchased.