Música

Il re del metal indiano è uno chef che si chiama “Demonstealer”

Sahil Makhija è un metallaro con tutti i crismi. Sono vent’anni che si fa chiamare “Demonstealer” ed è la principale forza creativa dei Demonic Resurrection, la black/death metal band più storica di Mumbai. Li fondò nel 2000, quando era ancora solo un ragazzino dal viso pulito in cerca di altri ragazzini come lui per suonare dal vivo le sue canzoni. Diciotto anni e cinque album dopo, Sahil è diventato un imponente statista del metal indiano.

“Tutto quello che ho fatto negli ultimi diciott’anni l’ho fatto per promuovere i Demonic Resurrection”, mi racconta Sahil al telefono. “Quando ho fondato la band ho immediatamente capito che l’unico scopo che avevo nella vita era suonare e fare musica per sempre”. E pensare che è diventato metallaro era perché i suoi amici lo prendevano per il culo per la musica che ascoltava e gli fecero ascoltare i Metallica e gli Iron Maiden.

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“Mi dicevano tipo, ‘Che cos’è ‘sta merda che ascolti? Prova questa roba’”, ricorda. “E successe qualcosa dentro di me. Naturalmente, quando ero adolescente, si trattava di uno sfogo per la mia frustrazione; è un posto sicuro, quella piccola cosa che appartiene solo a te. Era lo stile di vita ad attirarmi, tutti vestiti di nero… il black metal parlava direttamente al mio ateo interiore. Odiavo la religione (ho visto persone che hanno subito un lavaggio del cervello) e il black metal esprimeva questo odio. Da qui partiva il mio interesse, la mia connessione con la musica”.

L’urticante aggressività della loro musica lavora in congiunzione con un forte nucleo melodico. Nella loro ultima uscita, hanno aggiunto sitar, tabla e flauto al loro suono, ampliando lo spettro sonoro. Inoltre, Makhija ha sempre apprezzato l’elemento di narrazione fantastica contenuto nel metal, e ha una trilogia di album con il tema ricorrente dell’oscurità che avviluppa la terra narrato dal punto di vista di un protagonista riluttante.

Un’altra cosa ricorrente nella vita dei Demonic Resurrection è il turnover tra i membri della band, con Makhija che rimane l’unica costante; la line-up attuale vede Virendra Kaith alla batteria e Nishith Hegde alle chitarre. La band è stata, in un certo senso, un trampolino di lancio per i suoi musicisti; gli ex-componenti sono finiti a suonare con, tra gli altri, Exhumation, Solar Deity, Scribe, e Minerva Conduct. Fare le prove con una persona nuova e ricreare l’intesa richiede tempo, interrompendo il lavoro della band, ma Makhija ha imparato a gestirlo.

I Demonic Resurrection sono nati in un momento, nel 2000, in cui il metal estremo esisteva soltanto ai margini. Si sono uniti a band come Kryptos, Third Sovereign, Acrid Semblance, Myndsnare e Threinody, suonando raramente a festival universitari o al Razzberry Rhinoceros (universalmente conosciuto con il nomignolo ‘Razz’), l’unico pub per concerti degno di nota a Mumbai. I loro primi concerti, fondamentalmente DIY, erano perlopiù accolti con indifferenza; la maggior parte delle critiche arrivavano online. Ogni tanto invece qualcuno esprimeva la propria contrarietà, e lui ricorda in particolare un concerto a Independence Rock, una battaglia tra band all’aperto conosciuta per il suo pubblico difficile: “Ricordo che ci fischiarono e ci lanciarono roba. Era difficile conquistare un pubblico così violento, e non ci siamo mai riusciti per diversi anni”.

Si lanciava in battaglia sui forum di musica indipendente online, mentre allo stesso tempo promuoveva la sua band il più possibile. “Ora sono in grado di vedere un commento negativo e passare oltre, ma a quei tempi rispondevo per le rime a chiunque cercasse di dissarsi”, spiega. “Ovviamente dipende da chi l’ha scritto – se si trattava di un poseur che ascoltava soltanto i Metallica o qualche idiota che non ne sa niente. Ma non siamo mai stati un gruppo così brutto. Ogni tanto qualcuno diceva ‘vaffanculo, fate schifo’”. In realtà, grazie agli sforzi di Makhija, hanno accumulato fan in tutto il mondo.

Oggi è cambiato un bel po’. I Demonic Resurrection sono una vera grande band nell’underground indiano oggi, e Makhija è visto come una specie di eroe del metal locale. Si trova costantemente circondato da giovani fan che lo adorano, o che lo ammirano per il suo contributo al metal Indiano. La band ha fatto brevi tour in Europa e ha fatto parte del circuito dei festival, dal Wacken al Sonisphere negli scorsi anni, e suonerà all’Eradication 2018 di Londra con band come Abbath, Master’s Hammer e Rotting Christ. In questo momento stanno conducendo un crowdfunding per finanziare il prossimo tour di otto città in India, per contrastare la mancanza di tour metal nel Paese.

Ormai, la pura determinazione e ostinazione dei Demonic Resurrection hanno guadagnato loro una considerevole influenza e rispetto, per quanto ciò non si sia sempre tradotto in successo. “I Demonic Resurrection sono una band che tutti amano rispettare“, mi dice. “Siamo quella band di cui tutti dicono ‘Ehi, ti rispetto. Però la musica non mi piace’. Va visto da un punto di vista positivo, che la gente ci rispetta e pensa che siamo bravi. Ma come musicista vorresti semplicemente che la gente ascoltasse la tua musica. Vedi i tuoi pari suonare agli stessi festival, negli stessi spazi, e il pubblico sembra dieci volte più coinvolto. Durante il tuo concerto, scompaiono tutti. Poi ti dicono che ti rispettano“.

A volte, non succede neanche quello. Sono stati spesso contestati, in particolare a Mumbai, una città che, secondo Makhija, è più interessata in uno stile di metal più moderno. Ricorda che una volta i fan di un’altra band si sono presentati mentre i Demonic Resurrection erano sul palco: “Hanno cercato di scatenare una rissa, ballavano mentre suonavamo, ci facevano il dito medio”. Un’altra volta, il presentatore di Banger TV Sam Dunn contattò Makhija per filmare la sua band e il resto della scena indiana per il suo documentario del 2007 Global Metal. Makhija organizzò un concerto apposta per filmarlo, mettendo i Demonic Resurrection insieme ad altre band che gli sembravano rappresentative della scena metal indiana. Fu una mossa controversa; alcune band che pensavano di meritarsi più di altre di stare su quel palco si presentarono al concerto a protestare contro la presenza dei Demonic Resurrection.

Nonostante i drammi interni alla scena, Makhija è consapevole che la band ha aiutato ad aprire molte porte per i fan e serve come punto d’ingresso per la scena metal qui. “Tutti scoprono il metal indiano tramite i Demonic Resurrection”, dice. “Vengono e ci vedono suonare. Poi si rendono conto che preferiscono, per esempio, i Bhayanak Maut o gli Scribe o gli Undying Inc. Fa parte dell’essere la band iniziatoria”.

Ha anche dovuto lottare contro il fatto che molte persone trattano il metal come una passione soltanto giovanile. “Penso che sia in gran parte un genere musicale che si trova a funzionare da sfogo per le persone”, dice. “È quella cosa a cui ci si attacca mentre si è all’università o a quell’età; poi si cresce e ci si allontana”. Sa che il metal esisterà per sempre nella sua nicchia in India, ma crede che molti dei problemi che affliggono la scena hanno a che fare con il fatto che si tratta di un pubblico giovane, che non ha il potere d’acquisto necessario per supportare, né tantomeno per patrocinare la scena. Secondo la sua opinione, “ti serve un pubblico più vecchio con soldi da spendere per sostenere una cosa”.

Ha dovuto affrontare rallentamenti e ostacoli, sopravvivere in una scena spopolata, che ha dovuto costruire e ricostruire varie volte, ma Makhija sembra piacevolmente libero dal cinismo. E in qualche modo ha anche trovato il tempo per vari altri progetti musicali. I Demonic Resurrection sono iniziati come una dittatura, con Makhija che componeva ogni elemento di ogni canzone, prima di evolversi in un set up più democratico; dopo di questo ha deciso di prendere le idee avanzate e farci un progetto solista. Al momento è in fase di pre-order il suo terzo album solista come Demonstealer, intitolato The Last Reptilian Warrior. La sua uscita precedente, This Burden Is Mine, risale al 2016 e vedeva George Kollias dei Nile alla batteria.

Makhija ha anche guidato varie band ora sciolte come i Reptilian Death, una band brutal death metal con una presenza scenica molto teatrale (ma anche, brevemente, la band comedy metal Workshop); ha anche fondato la Demonstealer Records vari anni fa ma è poi stato costretto a chiuderla. Al momento si tiene occupato con Headbanger’s Kitchen, un programma di cucina su YouTube incentrato su ricette Keto a basso contenuto di carboidrati. Demonstealer, il ringhiante frontman dei Demonic Resurrection, è anche un bravo chef che ha sempre amato il cibo, e ricorda con affetto di quando cucinava per i suoi genitori e i suoi amici da bambino. Fedele alla sua linea, anche Headbanger’s Kitchen è iniziato come mezzo per spingere la sua band verso un pubblico più ampio. “Ho pensato che se avessi avuto un tema heavy metal, la gente che segue altre band l’avrebbe guardato”, spiega. “Poi vedranno me e magari ascolteranno anche i Demonic Resurrection!”

In definitiva questa è l’unica cosa importante per lui. Dietro a tutto quello che fa e che è riuscito a ottenere a dispetto di una scena che non perdona, Makhija è semplicemente un tipo determinato anche se un po’ goffo, che ama quello che fa e vuole condividerlo con il mondo. Tutto il resto serve soltanto a quello. La musica è ciò che lo spinge, che lo ha reso quello che è, e tutto quello che vuole fare è scrivere di più , suonare e, soprattutto, essere ascoltato.

La versione originale di questo articolo è stata pubblicata da Noisey USA.

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