Michelle Carter, che a 17 anni ha incoraggiato il suo ragazzo a uccidersi, raccontando poi* di avergli intimato di “tornare dentro” quando il giovane aveva avuto un ripensamento ed era uscito dalla macchina che si riempiva di gas tossici, sarebbe in realtà una “persona pronta ad aiutare gli altri”, secondo un teste sentito questo lunedì.
“La sua intera vita è dedicata ad aiutare gli altri,” ha detto lo psichiatra Peter Breggin al tribunale di Taunton, in Massachusetts, con il tono che userebbe un nonno che gongola con gli amici del golf.
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Nel corso dell’ultima settimana Carter, sempre più distrutta, è rimasta quieta e quasi immobile al banco degli imputati mentre i suoi vecchi compagni di scuola venivano chiamati a testimoniare—e ha cercato di usare i suoi stessi messaggi contro di sé.
Ha ascoltato ragazze che una volta voleva disperatamente diventassero sue amiche dire, in sostanza, che non la conoscevano—non bene, almeno, quando nel luglio 2014 ha raccontato loro che il suo ragazzo Conrad Roy III si era tolto la vita. Carter ha ammesso di aver sentito i suoi ultimi affannosi respiri al telefono.
Ora la difesa spera che Breggin possa aiutare la 20enne, che rischia di passare in carcere tanti anni quanti ne ha vissuti finora.
Il processo è oggetto di grande attenzione mediatica anche perché si basa quasi totalmente sulle interazioni tra adolescenti e smartphone, un setting molto strano da mettere in relazione con uno statuto giuridico che risale a 200 anni fa. L’accusa ha dovuto camminare sui carboni ardenti davanti alla Corte suprema del Massachusetts, dove la difesa ha sostenuto—senza successo—che portare a giudizio Carter solo per quello che ha scritto e detto al telefono è una violazione del Primo emendamento.
Ovviamente, parte dell’interesse deriva anche dalla depravazione dei molti messaggi mandati da Carter a Roy, resi pubblici già nel 2015 quando era stata accusata. “Sei sicuro che non vuoi [ucciderti] stanotte?” gli chiedeva Carter in uno scambio. “QUESTO DICO. CONTINUI A RIMANDARE!” rispondeva poi a un messaggio in cui lui diceva di voler aspettare ancora una notte.
“Come chiunque si trovi in uno stato ipomaniacale, si arrabbia moltissimo davanti a ritardi e interruzioni,” ha detto Breggin in tribunale, spiegando perché Carter fosse così irritati.
Breggin ha dichiarato che quando Carter ha incoraggiato Roy a uccidersi, era involontariamente intossicata da antidepressivi SSRI, che le erano stati prescritti per un disturbo alimentare. (Breggin ha descritto come “involontaria” l’intossicazione perché la ragazza non era a conoscenza degli effetti dei farmaci.)
Breggin ha anche citato una parte del foglietto illustrativo del Citalopram, in cui si dice che il farmaco più aumentare il rischio di suicidio in chi ha meno di 24 anni—e può anche causare insonnia, irritabilità, rabbia e altri effetti avversi.
Secondo lo psichiatra, Carter soffriva di questi effetti, e in qualche modo ha cominciato a pensare che aiutare Roy—che da anni lottava con l’ansia e la depressione e aveva già cercato, senza successo, di togliersi la vita—a uccidersi sarebbe stata una buona cosa. Breggin ha aggiunto che Carter davvero sperava di poter essere di conforto alla famiglia di lui durante il lutto.
“Non può essere ritenuta in grado di intendere, a causa delle manie di grandezza,” ha detto Breggin, aggiungendo che all’inizio Carter aveva cercato di trovare aiuto psichiatrico per Roy.
Dopo aver preso in esame anni e anni di messaggi e chat tra i due, Breggin ha concluso che entrambi avevano avuto visioni del diavolo—Carter in sogno, Roy durante uno stato di ipervigilanza. Roy le aveva instillato l’idea che “il diavolo ha voluto che stessimo insieme,” ha detto il medico alla corte.
In pratica, secondo Breggin, Carter era giovane, innamorata, e sotto psicofarmaci. “E lei sta seguendo il cammino di lui verso le tenebre,” ha detto.
Dato che Carter ha scelto di essere giudicata solo dal giudice e non dalla giuria, molte delle testimonianze del processo sono state contenute. Il giudice Lawrence Moniz ha, in più occasioni, detto all’accusa che non ha bisogno che i teste leggano ad alta voce i messaggi, dato che essendo stati deposti come prove, può leggerseli da solo.
Questo significa che giornalisti e altri curiosi hanno deciso di indagare da soli.
I messaggi raccontano la storia di una giovane donna che non ha idea di come ci si fanno degli amici, anche se vorrebbe tantissimo averne. Quando nessuno dei compagni di classe vuole andare con lei in kayak, lei inizia a mandare messaggi pressanti su un suo disturbo alimentare, e un problema di autolesionismo. Confida alle ragazze di cui cerca l’amicizia che non riesce a raccapezzarsi con la sua sessualità, e che una relazione con una giocatrice della squadra di softball l’ha resa invisa alla sua ex-migliore amica. Una volta uscita dalla squadra, scrive Carter, si è trovata isolata e depressa.
Nonostante con queste valanghe di messaggi si fosse alienata tutti i possibili amici, alcuni erano tornati dopo la morte di Roy. Per la prima volta dopo un anno, qualcuno aveva cominciato a chiederle di uscire.
L’accusa ha sostenuto che Carter mentisse quando diceva di tagliarsi, stava solo cercando attenzioni. Il disprezzo del pubblico ministero per l’imputata a volte era tale che pensavo che avrebbe preferito buttarla in un pozzo e lasciare in mano al fato la sua sopravvivenza piuttosto che farla finire in carcere.
E Breggin in effetti potrebbe davvero far scagionare Carter. Una dichiarazione di incapacità di intendere causata da psicofarmaci è stata risolutiva per veri assassini, in passato.
Ma forse non sarà il caso di questo processo.
Breggin è un uomo che una volta ha detto che “la pazzia” è il risultato della “codardia” e della “insufficienza di tempra”. Anche se ha negato con veemenza i suoi presunti legami con Scientology, e dichiarato che sua moglie non ne è più membro, la situazione non è chiara.
Insomma, Breggin è facilmente accusabile di essere “estremista”, per usare un eufemismo.
E non è nemmeno particolarmente chiaro nelle sue dichiarazioni.
Ha ammesso di non essere al corrente di altri farmaci che Carter potrebbe aver preso ai tempi dei messaggi. Ha anche ammesso di non aver parlato con Carter, né con i medici, né con i suoi psicologi, e nemmeno di aver cercato di contattarli.
Peter D. Kramer, che è sempre stato critico nei confronti della prescrizione di troppi farmaci ed è autore di un libro che parla proprio di questo, mi ha detto che “è sempre importante chiedersi se l’esperto chiamato in giudizio sia al passo con le ultime scoperte della scienza.”
Se alcune persone che soffrono di disturbo bipolare possono ritrovarsi in stato maniacale durante l’assunzione di antidepressivi, è anche vero che effetti collaterali gravi come comportamenti violenti o autolesionismo sono rari, anche se più diffusi nei giovani.
“Sono farmaci che prevengono molti più suicidi di quanti ne causino,” ha detto.
Segui Susan Zalkind su Twitter.
*Errata corrige: a causa di un errore redazionale, nell’articolo dell’8 giugno era scritto che i messaggi in questione erano stati inviati da Carter alla vittima, mentre sono stati scritti solo in seguito in una conversazione con un’amica.
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