Una delle più imponenti campagne recenti per salvare internet ha avuto successo: questa mattina, in seduta plenaria, il Parlamento Europeo ha rifiutato il mandato della Commissione JURI per procedere con i negoziati con il Consiglio Europeo sulla direttiva copyright.
Con 318 voti contrari, 278 favorevoli, e 31 astenuti, le voci di tutti i cittadini che in queste settimane hanno contattato i propri parlamentari inviando mail, tweet e persino chiamando direttamente negli uffici, sono state ascoltate.
Videos by VICE
“La nostra protesta ha funzionato: i parlamentari europei hanno deciso di rimettere nel cassetto questa direttiva. I membri del Parlamento hanno capito che i filtri per gli upload e la tassa sui link proposti avrebbero limitato ingiustificatamente il modo in cui gli utenti possono partecipare e esprimere se stessi online; favorendo solo interessi speciali,” sottolinea l’europarlamentare Julia Reda, in un suo comunicato stampa subito dopo la vittoria.
Le criticità della direttiva riguardano in particolare l’articolo 11 e l’articolo 13. Il primo (anche detto ‘Link Tax’) stabilisce il rilascio di licenze per le piattaforme che vogliono permettere agli utenti di pubblicare i link completi di titolo, descrizione e immagine thumbnail. Una pratica comunemente diffusa su qualunque social network. Ma lo stesso vale per tutti i motori di ricerca. Queste licenze devono essere accordate con le varie testate editoriali.
L’articolo 13 (o ‘Upload Filter’), invece, è stato soprannominato “macchina della censura” in quanto prevede l’obbligo per le piattaforme di monitorare i contenuti che vengono caricati online dagli utenti, per evitare violazioni del diritto d’autore. Per evitare sanzioni, quindi, le piattaforme dovrebbero introdurre dei sistemi di filtraggio automatico massivo che rischiano di trasformare effettivamente internet in una macchina per la censura. Questi sistemi automatici non sono di fatto in grado di distinguere tutti quegli utilizzi corretti di opere coperte dal diritto d’autore — si pensi alla parodia, ai meme, o all’utilizzo di pochi secondi di brani musicali per video personali.
L’europarlamentare Marietje Schaake ha dichiarato in un commento online subito dopo l’esito del voto che “in Europa non vi è spazio per filtri censori.”
Nei giorni scorsi vi sono stati appelli da parte di studiosi, ricercatori e padri fondatori di internet, Wikipedia italiana — seguita poi da altre nazioni — ha deciso di oscurare le proprie pagine in segno di protesta, una petizione online ha raggiunto quasi 900 mila firme, e la campagna SaveYourInternet che ha permesso l’invio di centinaia di migliaia di mail in cui gli utenti hanno segnalato la propria preoccupazione per le sorti di internet — qui c’è una lista più estesa di tutti quelli che hanno supportato la campagna, stilata dalla giornalista Carola Frediani.
“La ragione per cui in molti non si aspettavano questa risposta dalla società è che proviene da una generazione molto giovane e poco rappresentata all’interno del Parlamento europeo.”
Contattata telefonicamente subito dopo la fine del voto, Julia Reda ha rimarcato a Motherboard che “pur non aspettandomi una tale risposta dai cittadini, sapevo che era possibile. La ragione per cui in molti non si aspettavano questa risposta dalla società è che proviene da una generazione molto giovane e poco rappresentata all’interno del Parlamento europeo.”
I prossimi passi per la direttiva sul copyright prevedono la possibilità per i parlamentari europei di introdurre nuovi emendamenti al testo, cercando così di risolvere le criticità presenti e evitare di trasformare internet in un incubo. Le nuove votazioni si terranno nei giorni fra il 10 e il 13 settembre.
Questa direttiva “riceverà finalmente lo scrutinio e l’adeguata discussione pubblica che misure di questo tipo richiedono. Il tentativo del Rapporteur della direttiva, Mr. Voss, di respingere le critiche fondate indicandole come fake news è fallito,” ricorda Reda.
“È importante che tutte le persone che hanno già contattato i propri parlamentari non si fermino ora, la lotta non è conclusa. Per fare in modo che la pressione pubblica sul Parlamento continui, chiediamo che tutte le parti della società civile prendano parte in proteste e manifestazioni il 26 agosto, la domenica subito prima della riapertura del Parlamento europeo dopo la chiusura estiva,” ha concluso Reda.
Vuoi restare sempre aggiornato sulle cose più belle pubblicate da MOTHERBOARD e gli altri canali? Iscriviti alla nostra newsletter settimanale.