Questo articolo è in collaborazione con Al Mèni
Dici Romagna, e pensi alla piadina.
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Sì, ma quale? Esistono tanti tipi di piadine quanti colori di ghiaccioli o tattiche di rimorchio dei bagnini. Su una cosa però tutti sono d’accordo: quella della Lella è inarrivabile.
Dalla Lella è un’istituzione della Riviera. Lo dicono loro, senza finta modestia: i loro tre punti vendita fanno la “miglior piadina di Rimini” e la Lella, la fondatrice, è “la regina dello street food”. E lo diciamo anche noi. Dal 23 al 25 giugno le sue piadine saranno ad Al Mèni, l’evento che porta chef da tutto il mondo a cucinare sotto un tendone da circo, sul lungomare riminese. Potete trovare anche noi di MUNCHIES lì, con una birra ghiacciata in mano e una piadina crudo e squacquerone. Nel frattempo ci siamo fatti raccontare da Marina, la figlia della Lella, qualcosa della piadina più famosa della Romagna – e quindi del mondo.
“Mia madre ha aperto la piadineria nel 1986” racconta “30 anni fa quello della piadina era un settore abbandonato, un po’ come fare il calzolaio oggi. Era un lavoro da sfigati: c’erano solo pochissime azdore con le loro bottegucce. Proponevano solo piadine vuote, che erano poi quelle che eravamo abituati a mangiare a casa, al massimo un paio di cassoni. Poi la Lella si mise in testa di aprirne una sua: cambiò gli orari di apertura, ampliò il repertorio di ricette. E cambiò tutto”.
Ok, buona è buona. Abbiamo fatti diversi assaggi, a ogni ora del giorno e della notte, raggiungendo un conteggio calorico totale che ci permette di legiferare in materia. Ma perché è così buona? “La ricetta non è un segreto, io la do senza problemi. Non c’è nessun trucco: solo la purezza, l’essenza degli ingredienti, tutti semplici, genuini, locali”.
Sono locali le farine (“Abbiamo un produttore con cui lavoriamo da anni che sa di quale tipo di farina abbiamo bisogno. Se ci consegna una partitura che non funziona glielo diciamo subito, ‘Guarda cos’hai combinato’, e lui ferma la produzione”), è fresco lo strutto – “Fa ancora profumo” – e poi, beh, poi basta, visto che gli ingredienti sono quelli. 1 kg di farina, 1/2 kg di strutto, acqua e sale. Niente bicarbonato, niente di nient’altro.
“La piadina è come la pizza napoletana: a fare la differenza sono le persone. Abbiamo tante persone che lavorano per noi, ma la piadina la impastiamo solo in tre: io, mia madre e un’altra signora. Certe cose si sentono solo con le mani. E le mani fanno la differenza, cambia il calore, la forza. Ogni tanto mi arriva gente che chiede di fare corsi. Io rispondo: venite qui a lavorare un anno. Poi forse imparate”.
Mica un caso che la Lella partecipi ad Al Mèni, un evento che prende il nome proprio dalle mani degli artigiani, mèni in dialetto. E infatti il loro chiosco – che certo si fa notare, grazie al ‘marchio di fabbrica’ coloratissimi cappellini di paglia e fiori – è uno dei più visitati, non solo dai turisti, ma anche dai romagnoli stessi.
“Vengono da me e mi dicono ‘È proprio come la ricordavo! Noi non sbanchiamo lo strutto, non usiamo conservanti, è tutto naturale e sano”. Marina dice proprio così: sano. Che considerando le quantità di strutto contenute nell’impasto non è la prima parola che mi viene in mente. Ma lei spazza via le mie preoccupazioni con una mano: “Io mangio piadina a pranzo e cena e ho il colesterolo basso”. Forse quella è la genetica romagnola, ma a noi piace lo stesso crederci.
Quali sono i gusti più richiesti? “Il classico ripieno è crudo squacquerone e rucola. Piace al 99% dei clienti. L’1% che non lo ama è perché non apprezza la rucola”.
La loro è la classica piadina riminese, molto sottile. Ma la Lella è diventata famosa anche per le sperimentazioni con gli impasti: impasto all’olio d’oliva, profumato al rosmarino, con farro integrale…
C’è anche la piadina sfogliata, “che un volta era la piada della domenica”, composto di sei strati di impasto spennellati con olio (sì, una robina leggera leggera). E ovviamente c’è il cassone, di cui l’originale, mi spiega, è quello alle erbe – nello specifico la rosola – il cassone verde e non quello rosso, pomodoro e mozzarella. Per noi due di tutto, grazie.
E del proliferare di piadinerie e di marchi di piadine vendute al supermercato cosa ne pensano? “L’IGP della Piadina Romagnola è una gran cosa, ma bisogna controllare i locali per vedere se lo rispettano davvero. Noi non abbiamo aderito perché non ci interessa. Qualche tempo fa parlavo con il proprietario di un’azienda di piadine e lui mi ha detto ‘Cosa vuol dire artigianale? Voi della Lella avete più dipendenti di me!’. Certo, perché loro utilizzano le macchine! Un’industria produce in un giorno le piadine che noi facciamo in un mese. Non possono essere la stessa cosa, specialmente se gli ingredienti vengono da ogni parte del mondo, tipo i grani dall’Ucraina”.
Cosa troveremo quest’anno nel chiosco della Lella ad Al Mèni? Il menu deve essere ancora deciso, mi dice Marina, ma di una cosa possiamo essere certi: ci saranno i fichi caramellati, veri protagonisti delle ricette di quest’anno.
Ultima domanda: ma questi cappellini con i fiori, da dove saltano fuori? “Che ti posso dire” alza le spalle Marina “La Lella ha un animo artistico. Si è messa a fare una ricerca su Internet, ha ordinato dei cappelli da cerimonia, li abbiamo decorati con i fiori e abbiamo iniziato a portarli tutte. Non c’è un perché: mettono allegria”.
Ah, la magia della Romagna. Una terra che ha elevato la cucina ad arte e l’arte a sogno, dove la vita è leggera come al circo e la piadina una faccenda serissima.
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