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Musica

Gel è sempre il più hard, anche se ora fa musica soft

Sta tornando Gel e l'abbiamo intervistato per farci un'idea di cosa ci dobbiamo aspettare da lui.
Sonia Garcia
Milan, IT

Foto di Ennio Dotti

Non siamo qui a discutere su quanto Corrado Ferrarese, meglio noto come Gel, sia ancora oggi il più hard o il più corrotto—fa il botto—né tantomeno questo sarà un post in cui troverete il suo vecchio video, "Il Ritorno", con sotto una didascalia acuta che ironizza sul risveglio di Schumacher ieri. Qualche tempo fa mi sono accorta della sparizione totale dall'Internet di un vecchio speciale de La Vita In Diretta, credo, sul suo fantomatico "ritorno", condotto dal king Michele Cucuzza e affiancato da un impettito Raoul Bova—ditemi che sapete di cosa sto parlando. È stato allora che ho capito che l'avrei dovuto intervistare.

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Forse non sarò la più corrotta, ma prima di fare questa intervista appena sentivo "Gel" mi partiva "L'albero delle pere senti che gnugna" o "Sono il numero uno anzi il ventuno", per non dire "Sono Gel, il più hard, mando a batte tua sorella e je compro pure il fard" in automatico. Dopo che ci ho parlato ho capito diverse cose, alcune di queste hanno a che fare con Melissa P, altre con il gel per capelli della Bilba, altre con il quasi abbandono delle sue vesti di rapper—ci ho pensato a lungo e ho capito che in realtà mi dispiace—e la predilezione per le attività umanitarie, altre con l'incessante composizione di nuove canzoni.

Noisey: Non sapevo stessi continuando a scrivere.

Corrado: Diciamo che i connotati per un ipotetico disco ancora non ci sono, però ho registrato tante cose. Comunque l’intenzione mia è quella, nel frattempo volevo rompere il silenzio con un video. Ora come ora sto lavorando a dei pezzi, quando sarò sicuro di certo uscirà qualcosa. È ancora da decidere comunque.

“Mirò” sarà contenuta in questo disco?

No no. Non per altro, ma perché sono cicli di musica diversi. In questo periodo scrivo in una maniera mostruosa, nel senso che scrivo tanto. Molte cose sono immondizia e le butto, ma altre mi piacciono e le tengo. Tutti quelli che hanno sentito le mie nuove canzoni le hanno sempre definite tristi. Sono cose che rappresentano il colore di questo mio periodo, anche se alcune canzoni le ho scritte in un momento particolare, un anno e mezzo fa. In ogni caso, quello che cerco di canalizzare è sì la gioia, ma soprattutto il dolore, la sofferenza. Se uno soffre e basta ci rimette. Se invece soffrendo si riesce pure a tirare fuori la creatività, la musica, la pittura, il teatro etc. Almeno un non soffre aggratis.

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Be’ sì, io però non ci sono mai riuscita. Tornando alle canzoni, le hai scritte tutte di recente quindi?

Sì, comunque fanno parte della tonalità che voglio dare al disco. Le cose che scrivo, le scrivo e basta, potrebbero essere pensieri, poesie, etc. Poi quando incontro una persona che, per esempio, suona la chitarra e mette quello che metto io nella musica, io poi adatto i miei contenuti sulla base e il risultato è che si trasforma tutto. È un lavoro un po’ diverso, nel rap si chiedono a vari beatmaker varie produzioni e poi uno scrive e registra. Io sono una persona che a livello musicale è abbastanza dipendente… non solo a livello musicale, ma insomma, devo e voglio lavorare con una persona fianco a fianco. Questa persona deve suonare, vestire i testi che scrivo, capito?

Foto di Ennio Dotti

Sì, nel rap è così almeno. Si fa tutto a distanza.

Questa cosa a me non piace, ora è tutto tecnologico, si spediscono le tracce separate via mail, si lavora molto a distanza, è diventato molto più freddo tutto. Io sono una persona che ancora usa la penna e il foglio. A me piace così, non perché voglia fare il personaggio fuori moda e antico, ma perché mi trovo bene in questo modo, a scrivere con carta e penna. Molte volte la mia grafia nemmeno la capisco, scrivo talmente male che ci metto ore a decifrare quello che ho scritto.

Perché hai scelto di rivolgerti a dei musicisti, rinunciando così radicalmente al tuo approccio rap iniziale?

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Perché per assurdo, la mattina quando mi sveglio c’ho in testa delle melodie, delle canzoni. Poi quando mi metto davanti al foglio butto giù questi pensieri, ovviamente richiamandoli alla melodia con cui mi sono svegliato la mattina. Così escono le canzoni. La musica si può fare coi campionatori, con la tecnologia in generale, ma soprattutto si fa con gli strumenti. Quindi comunque la mia scelta è stata quella di affiancarmi a un chitarrista, canticchiargli la melodia che avevo in testa e alla fine costruire con lui la base da mettere sulle mie parole. Ti dirò, a breve uscirà una mia canzone nuova, "Sangue", ed è stato proprio grazie a persone con cui ho saputo lavorare molto bene che è stato possibile realizzarla. A questo proposito vorrei ringraziare Giulio del Prato e Andrea Barsanti, che l'hanno prodotta, e Giulio del Prato che l'ha registrata, missata e masterizzata. Acquistatela su iTunes quando esce! Il video pure è in uscita, l'ha girato Massimiliano Sbrolla e come assistente c'era Ennio Dotti, che saluto e ringrazio.

Madò sono curiosa… Comunque già ai tempi de Il Ritorno si potevano intuire alcune derive di questo tipo, no? C'erano accenni di melodia qua e là.

Certo. Il Ritorno è stato un ibrido, secondo me. La tendenza mia è sempre stata quella di cantare, i produttori di allora assecondando questa mia esigenza, hanno cercato di costruire una musicalità. Il fatto è che è venuto un grigio, né bianco né nero. Tutto lo zoccolo duro che avevo dietro rap e hardcore, abituato a vedermi nei video che giravo con la telecamerina di un’era fa, mi ha visto in giacca e cravatta, con le donne etc, nel video di “Lei”. Questo ha spiazzato molto le persone, però è anche vero che se uno sta a pensare a cosa può piacere o no all’altro, la cosa manca di genuinità. Io volevo fare quello e l’ho fatto. Quando sei un po’ fragile e non hai un carattere forte, corri il rischio di venire bollato per cose che c'entrano poco con la musica. Il privato e le esperienze di una persona c’entrano fino a un certo punto nelle cose uno fa. Ci stanno miliardi di persone con vite private discutibili, però oggettivamente sono bravi professionisti, bravi artisti etc. Il privato con l’arte non ha niente a che fare.

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Il passo successivo a Il Ritorno è stato “Mirò”. Come hai vissuto le reazioni della gente a un tale cambiamento?

Io quel video l’ho interpretato come un messaggio. Uno per arrivare in alto nella società attuale fa di tutto, e il messaggio che volevamo lanciare con quel video è che uno può pure vestirsi da donna etc. È stata una cosa un po’ provocatoria. Poi cosa ci può essere di più hardcore di quel video?

Esatto. È una delle migliori parodie mai viste.

Sì, perché poi nell’hip hop e nel rap sono tutti molto personaggi. Per come sono io non lo sono mai stato, anzi la musica e l’arte sono gli unici ambiti in cui riesco ad essere me stesso. Nella vita normale sono uno molto diplomatico, che recita a fin di bene etc. Però la musica è una delle zone in cui riesco a essere me stesso e viaggio molto d’istinto. Come quando scrivo i testi… ci metto massimo due o tre minuti, e si sente. Poi magari li butto e ne scrivo un altro, però ecco, essere troppo cerebrali, scrivere una riga, cancellarla, riscriverne un’altra… cioè a sto punto vai a fare il ragioniere.

Nel Truceklan siete tutti stati—e lo siete tutt'ora—un po' personaggi, dai. Tornando a Il Ritorno, aver affiancato pezzi rap come “Pane e Merda” a “Abbronzarsi è un dovere” è stata una mossa che personalmente ho apprezzato, anche se immagino non fosse di così immediata compresione.

Già. Molti fondamentalisti del rap, appena sentono uno che canta, storcono il muso non accorgendosi che adesso la cosa più pop che c’è nella musica è il rap. La roba che vende è il rap, cosa c’è di più pop? Nulla. Io come persona sono abbastanza schizofrenico, penso rap ma scrivo canzoni. Quando le scrivo ho lo stesso metodo di quando compongo pezzi rap: vado di quattro righe in quattro righe. Alla fine penso che non esistono più il pop, l’hardcore etc, perché adesso un rapper ritenuto “underground”, che però su Youtube ha due milioni di views, è pop. Pop significa popolare, più popolare di uno che ha due milioni di views su Youtube cosa c’è? Molti addetti ai lavori, che quindi lavorano nella musica, rimangono affascinati dall’aspetto “underground” perché lo vedono cool, estremo. Vedono in questi artisti sboccati delle persone non diplomatiche, dirette, e scatta in automatico l’esaltazione. Io non riesco a definire cosa è underground e cosa non lo è, per me la musica è musica, però alla fine queste persone sono le stessi che, per portare la pagnotta a casa, promuovono e firmano i vari Marco Carta, Alessandra Amoroso etc. Poi magari nel loro ufficio hanno i poster dei gruppi hardcore, capito?

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Capito. Ora però parliamo di roba più infame. So che può sembrare una domanda del cazzo, ma come vedi oggi le esperienze più emblematiche legate al tuo passato, ad esempio quella del 2 The Beat nel 2006?

È un capitolo difficile. Uno stava come stava, ero della filosofia del “purché se ne parli” e ho fatto di tutto, compresa quella cazzata. Non sapevo assolutamente fare freestyle, mi è venuta d’istinto quella cosa, che continuo a ritenere orrenda. È successo un macello. È un passato che non rinnego, ma non fa più parte di me. Ci sono state due correnti, quelli che mi hanno subito insultato per aver tirato fuori quella storia, e altri che mi fermavano per congratularsi. Io ero più dispiaciuto per questi ultimi, perché quella era tutta immondizia che avevo dentro, e averla tirata fuori così è stato brutto. Non è neanche questione di dire “Tornassi indietro non lo rifarei”, perché non sarebbe vero. Sono strategie inconsce che uno attua per farsi notare. Non rinnego niente del mio passato, lo voglio sottolineare. È anche grazie a quello se sono come sono adesso, capito? Il passato ci trasforma nel presente, è un’evoluzione. Indietro non si può tornare, ma ora come ora non lo rifarei nemmeno sotto tortura. Col senno di poi, uno per fortuna si evolve e sta meglio con la testa. Riguardando quelle cose, la prima cose che mi viene in mente è “Mamma mia come stavo”

Ciao.

Ci saranno stati comunque aspetti positivi che avrai appreso dalla vicenda.

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Sì, per la mia evoluzione è stato positivo. Ma per tutto il resto no, oggettivamente non c’è nulla di positivo. Comunque uno fa un sacco di cazzate nella vita, tra cui questa, ma non credo nelle persone che dicono che tornando indietro sarebbero state diverse. La macchina del tempo non esiste.

Come ci sei capitato al 2 The Beat?

Io ho rispetto e grandissima ammirazione per chi riesce a fare i freestyle e si allena etc. Io li facevo con gli amici miei in situazioni un po’ divertenti, diciamo. Provavo, provavo ma ero e sono una pippa assoluta. Scattava la solita dinamica, le mie solite sfide che ho dentro, “Voglio andare a quest’evento” e via così. Manco mi ricordo bene. Scrissi all’organizzazione e purtroppo per loro mi accettarono. Comunque massimo rispetto per il 2 The Beat e per le persone che si allenano e diventano quasi perfette nelle cose che fanno. L’allenamento e la dedizione porta comunque ad affinarti, ad avvicinarti a virtuosismo… io sono il contrario. Ripeto, massimo rispetto per chi fa freestyle.

Cosa fai nella vita, adesso?

Faccio un sacco di cose che mi danno tanto, sempre a testa alta e ne parlo tranquillamente. Lavoro nel sociale, faccio l’educatore. È proprio questo il momento di lanciare messaggi: io faccio musica, ma sono pure educatore, porto acqua al mio mulino. Parlando uno ovviamente mi può chiedere “Cosa hai fatto in tutti questi anni che sei sparito?” e io risponderei a testa alta che attualmente lavoro coi minori, non ho niente di cui vergognarmi, anzi. Parallelamente alla musica mi sono iscritto all’università, ho iniziato a fare un tirocinio e attualmente lavoro coi minori.

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Stai facendo l’università? Che facoltà?

Scienze della formazione. Al momento preferisco approcciarmi agli “innocenti”, come li chiamo io. Poi in futuro si vedrà. Sono abbastanza disgustato da certe dinamiche, nonostante le capisca e non escluda che possano poi tornare a far parte della mia vita. Se mai dovesse accadere, il mio approccio sarà un po’ come se avessi un negozio e dovessi avere a che fare con un cliente che mi sta sul cazzo. Il maglione di cachemire glielo vendo ugualmente. Alla fine non sono un santo, sono un pezzo di merda che lavora nella squadra dei buoni.

I ragazzi con cui lavori ti conoscono?

Loro inevitabilmente lo scoprono. Uscendo con alcuni di questi ragazzi mi è capitato che altri mi fermassero e mi dicessero “Bella Gel! Come va? Ma non stai affà più niente?” E capirai, questi adolescenti con cui facevo la passeggiata mi hanno cominciato a chiedere spiegazioni su come mai mi chiamassero così. Poi lo sai meglio di me, esiste Internet, esiste Wikipedia, esiste Youtube e alla fine lo vengono a sapere. Io stesso l’ho raccontato, della musica, del rap etc. Con queste persone uso lo strumento della leggerezza. Questi ragazzi provengono da storie problematiche e la cosa essenziale per loro è ridere. Cerco di zuccherargli un po’ la pillola. Ovviamente l’intervento terapeutico d’educazione c’è, perché comunque con l’interazione gli facciamo capire diverse cose. Però ecco, con loro cerco di agire d’istinto, a me piace stare dalla parte dei deboli, che è sempre stata la parte mia. Quello è il succo. Ogni volta che vado là ho dato loro il divieto di parlare di queste cose, perché poi uno si distrae. Io sto là per lavorare, non per promuovere la mia musica. Poi ovviamente nei tempi morti, nelle pause, se mi fanno domande rispondo. Però mentre lavoro cerco di evitare.

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Foto di Ennio Dotti

Torneresti a fare rap?

Non mi ci trovo più a cantare sui quattro quarti. La mia parentesi con quella modalità di canto è finita, io sto più comodo in altri modi. Ultimamente, quando vado a vedere amici che suonano, dentro di me sono sdoppiato. Mi sale il fomento, penso “Magari mo salgo e bum, spacco”. Però credo di non dover andar dietro agli istinti, altrimenti rimarrei sempre indefinito. Né bianco né nero, rimane grigio. Per altro è un colore che mi fa impazzire, il grigio. Ripeto, la musica per me è globale: rap, pop, cha cha cha, tarantella, è uguale. Però se ora mi trovo più comodo a scrivere pensieri e poi a cantarli, devo seguire quello che mi fa stare bene, capito? Ad ogni modo, niente è da escludere. Attualmente a me piace questo tipo di vestiti… ogni tanto ritorno indietro, sono molto nostalgico come persona, ma boh. I vecchi vestiti adesso non è che mi stiano stretti, semplicemente mi stanno male addosso. Mi guardo allo specchio e mi dico “Mamma mia, sono vestito di merda”, e allora preferisco roba più comoda. Ci tenevo a sottolineare che non è perché adesso ho un altro stile di vita, che ho cambiato genere. Se dovessi scrivere di cose non vere, per me sarebbe fiction. Farei l’attore. Non è che non faccio più rap perché rinnego e mi discosto da quel mondo, anzi. Molta gente che scrive canzoni d’amore e di sentimento, nella vita privata li conosco e mi fanno anche abbastanza schifo. Nella vita uno può essere un bastardo, ma poi riuscire ad essere cantanti acclamati. Questo un po’ mi stona, perché magari con quelle persone non riuscirei a prenderci neanche un caffè. Mi andrebbe di traverso. Il mondo del rap è molto più autentico. Proviene da un background più popolare.

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Di te sono un culto anche i video amatoriali in giro per Roma. Continui ad occuparti di questo ogni tanto o hai smesso?

Quei video erano di quando si pensava di meno e si agiva di più. Ogni tanto mi diverto ancora a scrivere dei piccoli format per corti o film. Ora ne ho anche scritti altri… l’immagine mi è sempre piaciuta. Uso una parola un po’ grossa, ma la “regia” mi è sempre piaciuta molto. Ovviamente ognuno è quello che è a seconda del tempo che ha dedicato a determinate cose. A definirmi regista mi viene da ridere, perché ci ho dedicato poco tempo. Però non nego che mi piaccia dai tempi dei video fatti con la telecamerina assieme ad Otillaf. Là pure mi divertivo. Quando faccio queste cose è sempre per lanciare dei messaggi. Quello che voglio dire lo dico così, a volte mettendoci degli attori, a volte mettendoci la mia faccia, mettendoci quello che facevo tempo fa coi graffiti.

Tempo fa parlai con Marco (Metal Carter) e mi disse che avevate anche partecipato a dei festival di cinema.

Sì, quello sì. Marco poi è un intenditore del genere horror, a me piacciono molto quelli degli anni Ottanta, soprattutto italiani. Ma in generale mi piace tutto il cinema. Pure i film di Muccino, per esempio.

Che generi preferisci?

La cosa che odio è il “vorrei ma non posso”, ovvero quei molti film dove si prova a fare il passo più lungo della gamba. Di cinema attuale mi piace Matteo Garrone, pure Federico Zampaglione alla regia… calcola che vado al cinema un miliardo di volte, spesso anche da solo. Mi guardo pure quei film che in sala durano una settimana e poi li levano. Comunque i mostri sacri per me sono tutti i film di Clint Eastwood. Mi piace il cinema fatto bene, ovviamente non ce la faccio ad andare a vedere i cinepanettoni perché mi prende il nervoso.

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Invece musicalmente come sei messo? Cosa ascolti?

Anche lì sono abbastanza schizofrenico. Mi piace molto l’ultimo disco di Riccardo Sinigallia, poi vabe’ Noyz Narcos, Fabri Fibra, Marracash e Neffa. Una cosa che non mi piace assolutamente è l’autotune. Mi fa proprio schifo. Mamma mia, questi ritornelli emo… un conto se lo fa Dr. Dre con lo studio da tre milioni di dollari, un conto se lo fai qui in Italia, viene sempre quell’effetto Eiffel 65, capito quale? L’effetto discoteca del nord, con la schiuma, le cose trash…

Madonna, è verissimo… Invece con gli altri del Truceklan ti ci senti ancora?

Sono in ottimi rapporti con tutti. In Italia c’è questa convinzione che se uno si discosta da delle tematiche o da un genere musicale, sistematicamente chiude col passato e ci litiga. No. È anche vero che il rapporto con gli altri per un periodo si è un po’ freddato, pure per causa mia. Adesso però è caldo, pure più caldo di prima. Ci sentiamo spesso, ci esco, è tutto tranquillo. Alla fine io e gli altri andiamo oltre ste cazzate da rapper, ci conosciamo da quasi vent’anni quindi uno deve necessariamente guardare più in là di certe cazzate. Poi c’è da dire che bisogna sempre a Cesare quello che è di Cesare, per me. Se degli artisti stanno dove stanno è perché comunque si sono fatti il culo. È tutto impegno e sacrificio. Sono contento che Noyz si sia elevato a questi livelli, perché credo che sia uno dei pochi, se non l’unico, ad essere riuscito ad arrivare in alto senza mai cambiare l’attitudine e senza mai scendere a compromessi. Ripeto: pop, rap, hardcore, cha cha cha… la musica quando è fatta bene è valida. Uno arriva dove arriva perché c’ha le doti ed è bravo. Non esistono le scorciatoie o le cavolate.

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Perché “Gel”?

Perché praticamente io facevo i graffiti, all’inizio avevo un altro nome e ne volevo uno più incisivo. Una volta ero al mare, davanti a questo Oil Bilba Gel, ho detto “Fammi provare a scrivere Gel”, e ho iniziato a taggarmi così. Ai tempi ho fatto parte dei PAC e dei ZTK, pure là c’era voglia di emergere… poi vabe’, ero a scuola con Cole, abbiamo iniziato a frequentare il pub storico di Piazza Vittorio, sull’Esquilino, il Cirrosys. Da lì è nato tutto. “Cyrrosis”, come la cirrosi epatica.

Certo.

L’unione erano i graffiti, la musica, il rap… alla fine ci siamo trovati così.

Ma quindi tu usi davvero il gel per capelli?

No uso la cera. E una pomata inglese che mi porta mio fratello, si chiama Black & White. È molto meglio, te li tira indietro, vengono con quell’effetto unto pulito che fa tanto Andy Garcia.

Boh io ti ho chiesto tutto…

Dai ma chiedimi cose tipo “In amore come va?”

In amore come va?

MI innamoro ogni due secondi. Scopo parecchio in giro, cerco di usare la modalità della botta e via, ma poi m’innamoro davvero… rimango inculato. Questa è la triste morale.

È vero che sei stato fidanzato con Melissa P?

Con chi? Non la conosco…

Sonia non si mette il gel però è su Twitter: @acideyes