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Recensione: Disme – MA LA VITA

disme ma la vita copertina

In “Allucinato” Disme, da La Spezia, canta “La mia storia non la chi la racconta”. È un’ossessione che torna di traccia in traccia: tu che lo stai ascoltando, tu che parli di male di lui, sappi che non sai niente di quello che ha passato. Il punto è che la voce narrante non ha la minima intenzione di rivelarti troppi dettagli su questo quello. Anzi, una delle sue parole preferite è una delle parole più vaghe che esistano: “cosa”.

Disme ha fatto cose brutte, ha cose nelle tasche, ha cose pericolose in zona, sta pensando a fare cose. Viene da pensare che siano così pesanti che sia troppo difficile per lui renderle esplicite. Lo suggerisce la doppietta di tracce più belle e significative di MA LA VITA, il suo album d’esordio, “Ti odierò” e “Ti maledirò”. Sono pezzi cullanti nel suono ma tormentati nel contenuto, dedicati a un generico tu di cui vengono date solo poche istantanee. Questa persona è scappata. La sua foto sta su una tomba. Questa persona ha vinto nella vita. Disme ha perso e si arrovella nel dolore e nel risentimento.

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È stato proprio questo, fin dall’inizio, il valore di Disme. Tra gli amici di Wild Bandana, che lo hanno ospitato con loro nel mixtape Amici Miei, è stato l’unico a sviluppare ed esplorare a fondo una poetica del disagio. La Liguria di Tedua era assolata e pullulante di vita, quella di Bresh malinconica, quella di Vaz Tè orgogliosamente zarra, quella di Ill Rave violenta, quella di Nader seria e pericolosa. La sua invece, come metteva bene in chiaro chiamando il suo primo mixtape Vivo Male, era filtrata da un’ineluttabile amarezza di fondo ed espressa da una voce roca, smangiucchiata. Nelle sue parole:

Per me è vivere male anche solo alzarti la mattina e andare a lavorare tutti i giorni, tutta la vita, a fare lo stesso movimento con le mani per trent’anni. Tutto è vivere male: la routine quotidiana, il doverti registrare da solo e farti i video da solo, non trovare basi e prenderle da internet, imparare a rappare da niente”.

Questo assioma su cui si costruisce il sistema lirico di Disme è soffocante, a tratti. Se ne rende conto persino lui in “Non fa per me”, forse il pezzo più diverso dal ceppo che tiene su il disco grazie al beat e alle chitarre di Parix, quando dopo aver parlato di morte, galera della merda che ha mangiato e di vomito dice “A volte ti sembra che esagero / Il disagio che ho in testa non so se finirà”. Lungo il corso di MA LA VITA, infatti, l’orecchio tende ad accogliere con gioia i pochi momenti di relax dalla tensione, di puro divertimento: la fantasia di evasione che è “Farò una vacanza”, la foga di “Toc toc”.

“Di questo schifo me ne vanto / In questo gioco sto killando”, dice Disme proprio in “Toc toc”, il pezzo che funge da dichiarazione d’intenti del suo rap oggi. Come ha fatto Ketama126, che affermando il suo schifo ha aperto con forza dirompente uno squarcio lurido nella narrazione del rap italiano, anche Disme trova nell’esplorazione dei propri meandri più bui forza creativa. Ma, a differenza del collega romano, il rapper spezzino indugia di più e per più tempo sul suo malessere, come se si divertisse a giocherellare con una crosta dolorante. Il prossimo passo, per crescere ancora, è staccarla del tutto.

MALA VITA è uscito lunedì 26 novembre per FLAVORGANG.

Ascolta MALA VITA su Spotify:

Tracklist:

1. Toc toc
2. So che
3. Ti odierò
4. Farò una vacanza
5. Ti maledirò
6. Allucinato
7. No Problem
8. Non fa per me
9. Polvere
10. Vero
11. Non fa bene
12. Sopra al mondo
13. Messo male
14. Scriverò una canzone

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