“Ci ha salvato una bottiglia d’acqua” – Abbiamo parlato coi testimoni dell’attacco di Barcellona

“Eravamo sulle Ramblas, ma ci è venuta sete e ci siamo fermati in una traversa per comprare dell’acqua. All’improvviso abbiamo sentito delle urla, come se ci fosse stata una carica. La gente correva verso le vie laterali. Poi abbiamo sentito dei colpi forti e secchi, e dopo abbiamo visto il furgoncino.” Comincia così il racconto di Pere, un 23enne di Girona che era a Barcellona con la fidanzata.

L’incubo è cominciato intorno alle 17, quando un furgoncino bianco ha travolto la folla sulle Ramblas di Barcellona causando, ai dati aggiornati al momento della stesura di questo articolo, la morte di 13 persone e il ferimento di oltre un centinaio. Il veicolo ha percorso 500 metri della zona pedonale di quest’arteria della città travolgendo chiunque e qualunque cosa trovasse sul suo passaggio. L’ISIS ha rivendicato l’attacco tramite un comunicato diffuso dall’agenzia Amaq, e le autorità spagnole lo stanno trattando come un attentato terroristico.

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Una traversa delle Ramblas.

I Mossos d’Esquadra, i corpi di polizia catalana, hanno confermato l’arresto di due uomini “direttamente coinvolti” nei fatti e nel noleggio di diversi veicoli, anche se nessuno di questi sarebbe il conducente del furgone, di cui si stanno ancora cercando le tracce. Le autorità hanno invitato popolazione a rimanere in casa, anche se in centinaia si sono riversati negli ospedali per donare il sangue. In seguito al blocco della rete metropolitana e ferroviaria, i tassisti si sono attrezzati per trasportare gratuitamente i passeggeri, e hotel e privati hanno aperto le loro porte a quanti non avevano la possibilità di tornare nelle rispettive case o alberghi.

COLLEGAMENTI CON TARRAGONA

Uno dei due arresti è avvenuto nella località di Alcanar, in conseguenza dell’esplosione dello scorso mercoledì in una casa in cui era stata trovata una vasta quantità di gas butano. Nell’esplosione è morta una persona e sette sono rimaste ferite. La polizia spagnola ha collegato l’attacco di Barcellona a una cella terroristica che potrebbe essersi formata in questa città del sud della Catalogna.

A poco più di 100 chilometri da Barcellona, la località terragonese di Cambrils è stata scenario di un tentato attentato sventato dalla polizia. Nella mattinata di venerdì, la polizia ha ucciso cinque presunti terroristi a bordo di un’auto, causando sette feriti di cui due gravi.

Il presidente spagnolo, Mariano Rajoy, si è riunito con il consiglio anti-crisi del governo catalano e Barcellona e in una conferenza stampa ha chiesto una “risposta globale” a “una minaccia globale” ed ha decretato tre giorni di lutto nazionale. Dal canto suo, la sindaca di Barcellona Ada Colau, ha scritto su Twitter che “Barcellona è una città di pace. Il terrore non ci impederà di essere la città che siamo: una città aperta, coraggiosa e solidale.”

LE TESTIMONIANZE

Poco dopo l’accaduto, VICE Spagna era nel quartiere del Raval nel tentativo di avvicinarsi il più possibile alle Ramblas. La tensione che si percepiva su radio e televisioni contrastava fortemente con l’apparente normalità degli skater intenti a fare evoluzioni fuori dal Macba,

Calle Pintor Fortuna, una traversa delle Ramblas, era stata interrotta cento metri prima della via luogo dell’attacco. Transenne e militari bloccavano l’accesso. Intorno, curiosi, poliziotti, residenti e turisti cercavano di raccogliere informazioni nel bel mezzo del caos.

PERE, 23 ANNI, LAVORA IN UN HOTEL DI GIRONA

Dall’ingresso laterale di un hotel che affaccia sulle Ramblas compare Pere insieme alla fidanzata e a una decina di persone che aspettavano da ore di poter essere evacuate. “Siamo rimasti chiusi qui quasi quattro ore, e solo quando ci hanno lasciati andare siamo riusciti a vedere la Rambla. Era deserta, c’era solo la polizia a presidiarla. E per terra c’era di tutto, scarpe, cappellini… e qualche corpo coperto con dei teli. Ho ancora la pelle d’oca, è un’immagine che non riuscirò mai a rimuovere. Ci ha salvato la vita una bottiglia d’acqua,” mi spiega con lo sguardo stanco.

“Era un furgone bianco, e il conducente aveva berretto e occhiali. Noi ci siamo nascosti nello Starbucks. C’era il caos totale, tutti che gridavano. Poco dopo hanno chiuso la serranda. Eravamo una cinquantina, e una ragazza ha avuto un attacco di panico. Ma i dipendenti si sono presi cura di noi, ci hanno dato da bere e da mangiare.”

IDRISS, 36 ANNI, DISOCCUPATO

Tra tanti curiosi noto Idriss, 36 anni, altissimo e originario del Marocco. Abita nel quartiere ed è preoccupato per il figlio, anche lui in zona. Alludendo alla presunta matrice dell’attentato, mi dice: “Per colpa di quattro figli di buona donna paghiamo noi, musulmani pacifici di tutto il mondo. Quello che hanno fatto non ha niente a che vedere con la religione o con l’Islam.”

E aggiunge: “Mio figlio di sei anni studia arabo in un centro di preghiera del quartiere, e mi preoccupa che qualcuno possa mettergli in testa delle brutte cose.”

BANNDUA, 38 ANNI, MILITARE

Tra i presenti noto anche un uomo con la maglia dei berretti verdi. “Ho sentito la notizia e ho deciso di venire qui per vedere se riuscivo a dare una mano. Chiunque abbia fatto un qualche tipo di addestramento sa cosa bisogna fare in una situazione del genere,” mi racconta il 38enne asturiano venuto a Barcellona a trovare la compagna.

“Sono un berretto verde, ma sono in convalescenza.” A quanto ci dice, il Ministero dell’Interno ha invitato tutti i militari a collaborare con le forze di polizia. Anche nei gruppo WhatsApp di veterani dell’esercito ha circolato un messaggio simile. Al momento, i militari—in abiti civili—si limitano a indicare ai passanti in quali strade transitare.

ANDREA, 23 ANNI, LAVORA IN UN MUSEO

Andrea, 23enne che lavora nel Museo del Prosciutto sulle Ramblas, mi racconta: “Stavo lavorando, e i miei colleghi mi hanno chiesto se potevo andare a prendergli due caffè nello Starbuck delle Ramblas. Quando è successo io ero proprio nella traversa.”

Fa un respiro profondo e continua. “Mentre stavo per entrare da Starbucks ho visto un’ondata di persone venire nella mia direzione, e poi un rumore forte—era il furgone che travolgeva tutto quello che trovava sul suo passaggio, persone e cose. D’istinto sono corsa dentro Starbucks e mi sono chiusa in bagno con altre quattro ragazze.”

MELINDA, 35 ANNI, LAVORA NEL MARKETING ED È DI SAN DIEGO


Melinda è qui in vacanza, e mi avvicino mentre con gli occhi fissi sullo schermo del cellulare cerca di capire di più sull’accaduto. “Il mio hotel è proprio sulle Ramblas, ma oggi il mio gruppo era fuori città per un’escursione ad Andorra. Al ritorno abbiamo trovato le autostrade bloccate e controlli di polizia ovunque.”

Trentacinquenne originaria di San Diego, aspetta che rimuovano le transenne per poter tornare in hotel. Ha il volo di ritorno qualche ora dopo. Sono tanti i turisti che hanno scelto la Spagna in quanto meta sicura, non toccata da attentati nel corso degli ultimi anni. Melinda è una di loro: “Dopo quanto successo a Madrid nel 2004 pensavo che non sarebbe successo di nuovo, che la Spagna fosse un posto sicuro. Ma la verità è che potrebbe succedere ovunque. In Francia, a Londra… dove sarà il prossimo?”

JIHADISMO IN SPAGNA

L’attacco di Barcellona è il secondo di tipo jihadista avvenuto in Spagna dopo il fatidico 11 marzo 2004, quando sono morte 192 persone e ne sono rimaste ferite più di 2.000. Una tragedia che ha spinto servizi e forze di polizia di tutto il paese ad intensificare la lotta contro il jihadismo. Secondo dati del Ministero dell’Interno sul terrorismo di stampo islamista nel paese, dal 2004 sarebbero state portate a termine 220 operazioni di polizia che hanno permesso l’arresto di 723 persone. Parte degli arrestati aveva intenzione di spostarsi in zone di conflitto come la Siria e l’Iraq, mentre altri pianificavano attacchi sul suolo spagnolo.

È il caso dello smembramento di una cellula jihadista avvenuto nel 2008, quando il gruppo incriminato stava pianificando un attacco nella metro di Barcelona. La città, insieme a località come Badalona o Mataró, è stata scenario di diverse operazioni di polizia.

Secondo dati officiali, alla fine del 2016 erano circa 204 i foreign fighter spagnoli, 30 dei quali avevano già fatto ritorno in Spagna, con arresti per una decina di persone e controlli sui restanti.