Il cambiamento climatico è “uno dei problemi più complessi” al mondo, ma Barack Obama si dice determinato a fissare delle politiche che aiuteranno gli Stati Uniti a ridurre la loro impronta ecologica. Nel lungo termine, ha spiegato il presidente degli Stati Uniti, le decisioni politiche particolarmente complicate possono tradursi in benefici.
In una lunga intervista col fondatore di VICE, Obama ha inoltre dichiarato che il cambiamento climatico è uno dei temi chiave che ha intenzione di affrontare prima della fine del suo mandato alla Casa Bianca, nel 2017. “Voglio lasciare una situazione un tantino migliore,” ha specificato. “Più passa il tempo, più sei incline a adottare una prospettiva a lungo termine.”
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Obama ha parlato dei suoi obiettivi futuri in tema di politiche ambientali, tra i quali ottenere che la Cina si impegni a tagliare le emissioni di gas serra prima del vertice di Parigi della fine dell’anno, rendere gli elettrodomestici più efficienti in termini di consumi, e incrementare gli standard di efficienza energetica e la produzione di energia pulita.
“In politica, la cosa più difficile è fare dei sacrifici per trarne un successivo beneficio,” ha spiegato. “Ci sarà sempre una certa resistenza al cambiamento, è anche una questione legata alle diverse generazioni. È certo comunque che il Partito Repubblicano dovrà cambiare posizione sul cambiamento climatico, perché saranno gli elettori a fare pressioni.”
Oltre a opporsi alle iniziative contro il cambiamento climatico, ha aggiunto Obama, tra i legislatori repubblicani c’è anche chi nega la scienza e l’evidenza. Questo antagonismo, lo stesso che ha portato un senatore a lanciare una palla di neve in aula, si è esteso ad altre aree fino a trasformarsi in una costante che negli ultimi anni ha ostacolato l’iter legislativo.
“Una buona componente del loro partito arriva persino a negare l’esistenza [del cambiamento climatico],” ha detto Obama. “Ora come ora, su molti dei temi che stanno a cuore ai giovani non ci sono le due parti che discutono e creano una situazione di stallo, quanto piuttosto una sola parte che nega i fatti.”
Come combattere allora la partigianeria e l’ostruzionismo? Attraverso il voto, ha risposto Obama, che ha aggiunto: i giovani non possono permettersi la noncuranza. “Nelle ultime elezioni ha votato un terzo degli aventi diritto. Se crei una situazione di stallo, e se ci sono persone non produttive… la conseguenza è che la gente non va più a votare, che si diventa cinici. E non appena ti sottrai alla politica in questo modo, lasci che siano le strutture di potere già esistenti a prendere le decisioni che contano.”
C’è tuttavia una questione che, a differenza si altre, sta iniziando a emergere al di sopra delle dispute del congresso, ed è la legalizzazione della marijuana. Si stima che nel giro di qualche anno un’industria tassata e regolamentata estesa a tutto il Paese porterebbe circa 10 miliardi di dollari nelle casse dello stato. E a interessare i legislatori di entrambi i partiti non sono solamente le entrate, ma anche un’opinione pubblica sempre più indirizzata verso la legalizzazione.
“Non ci sono solo i democratici progressisti: anche alcuni repubblicani di tendenze particolarmente conservatrici iniziano a riconoscere che [vietare] non ha senso, repubblicani tipo l’ala libertaria del partito,” ha detto Obama. “Guardano ai soldi, e ai costi del sistema penitenziario. Perciò non escludo che potremmo fare qualche passo avanti sul fronte della depenalizzazione.”
Ma le fazioni rimangono una costante della politica, sia a livello interno che internazionale. Un esempio è quanto accaduto poche settimane fa, quando 47 senatori repubblicani hanno firmato una lettera aperta ai leader iraniani nel tentativo di ostacolare la chiusura di un accordo sul nucleare tra gli Stati Uniti e la Repubblica Islamica. Qualunque accordo siglato con l’amministrazione Obama, specificava la lettera, non sarebbe sopravvissuto alla fine del suo secondo mandato nello studio ovale.
Nel corso dell’intervista, Obama ha commentato l’accaduto definendosi “in imbarazzo” per i 47 firmatari della lettera, che includono la leadership repubblicana al Senato e i potenziali candidati alle presidenziali del 2016 Ted Cruz (Texas), Marco Rubio (Florida), e Rand Paul (Kentucky). “Scrivere una lettera all’ayatollah—il leader supremo dell’Iran, che ritengono un nostro acerrimo nemico—e sostenere una tesi del genere: non fate accordi col nostro presidente, perché non c’è garanzia che lui li rispetti… è una cosa che non ha precedenti.”
Sempre in materia di politica americana in Medio Oriente, altri motivi di contrasto tra repubblicani e democratici riguardano la gestione della crescente minaccia rappresentata dallo Stato Islamico, ISIS o ISIL, il gruppo armato sunnita che controlla vaste porzioni di territorio tra l’Iraq e la Siria.
Finora la risposta americana si è concretizzata nella guida di una coalizione che riunisce 60 paesi e conduce incursioni aeree sui territori controllati dal gruppo, così come nell’addestramento e la consegna di armi a eserciti e milizie moderate in entrambi i paesi.
Obama si è detto fiducioso del fatto che la coalizione “poco alla volta respingerà l’ISIL dall’Iraq.” Ma anche dopo una potenziale sconfitta del gruppo, la minaccia dell’instabilità continuerà a incombere sul Medio Oriente e parte del Nord Africa, in particolare attraverso la frustrazione della nuova generazione. Ed è per questo che gli investimenti rivolti a rendere queste società “reattive e operative” nei confronti dei giovani devono diventare una priorità.
“Non possiamo continuare a concepire l’antiterrorismo e la sicurezza come entità completamente separate dalla diplomazia, dallo sviluppo e dall’istruzione, tutte quelle cose normalmente considerate secondarie ma che sono vitali per la nostra sicurezza, e sulle quali al momento non investiamo,” ha concluso Obama. “Dovremmo investire su cose che ci evitino, un domani, di dover mandare i nostri giovani uomini e donne a combattere o di far arrivare qui persone pronte a fare del male.”
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