Gelati confezionati cult
Cibo

Quando abbiamo iniziato a mangiare così tanti gelati confezionati in Italia?

Dal Mottarello del 1948 alle limited edition dei giorni nostri, perché alcuni gelati confezionati in Italia sono diventati dei veri e propri culti.
Giorgia Cannarella
Bologna, IT

“Nel 1948 il signor Angelo Motta regala all’Italia uno stecco al gusto fiordilatte. È il Mottarello, il capostipite dei gelati confezionati”

I gelati confezionati sono una delle mie passioni. Quando comincia l’estate monitoro subito bar e supermercati per trovare le novità della stagione. Se il sapore di alcuni gelati, come il Croccante Amarena, è la mia personale madeleine sporca di sabbia, poche cose mi esaltano come le limited edition. Ricordo ancora con nostalgia l’estate in cui uscirono i Magnum ispirati ai sette peccati capitali e io girai ogni bar per trovarli tutti.

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Da quand’è che i gelati confezionati fanno parte delle estati, ma anche degli inverni e degli autunni, se vogliamo essere onesti sul contenuto dei nostri freezer, degli italiani?

La storia dei gelati confezionati in Italia è legata indissolubilmente a quella dei panettoni prodotti su scala industriale. Infatti dopo aver raggiunto il successo con il panettone, negli anni Venti e Trenta, nel 1948 il signor Angelo Motta regala all’Italia uno stecco al gusto fiordilatte. È il Mottarello, considerato il capostipite dei gelati confezionati. Comincia un’era sfavillante di bambini che fanno la fila allo stabilimento balneare per accaparrarsi un gelato cercando poi di non farselo sciogliere in mano.

In tutta Italia fervono esperimenti sul tema gelato. Nel 1939 a Torino viene creato il Pinguino: gelato alla panna ricoperto di cioccolato fondente, su uno stecco, da mangiare “a passeggio”. Nel 1946 Italo Barbiani e Alfred Wiesner aprono la gelateria Algida a Roma. Wiesner era un ingegnere austriaco ebreo che ricevette in dono due macchine per fare gelati proprio per la sua collaborazione alla Resistenza. Il primo gelato che producono è il Cremino—che ho sempre considerato un gelato sopravvalutato ma forse, vista la sua importanza storica, devo ripensarci. Ancora una volta, quindi, vediamo il contributo fondamentale degli americani e degli austriaci nella creazione di qualcosa che consideriamo solidamente italiano, anche perché l’idea del gelato su stecco viene attribuita all’americano Harry Burt, che nel 1920 aveva creato un gelato al cioccolato con il supporto dello stecco di un lecca lecca.

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“Negli anni Cinquanta ogni italiano mangiava circa 250 grammi annui di gelato confezionato. Oggi ne consumiamo circa 4 kg a testa”

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Immagine di repertorio per gentile concessione di Sammontana.

Tra i marchi italiani più storici c’è senza dubbio Sammontana. L’azienda nasce nel 1948 a Empoli, dove un casellante delle ferrovie di nome Romeo Bagnoli acquista un bar-latteria il cui nome era quello della fattoria da cui proveniva il latte. Il figlio Renzo pensa di produrci del gelato, usando macchine da gelato che gli Alleati avevano lasciato dopo la guerra e che riesce, con grandi sacrifici economici, ad acquistare. Va segnalato che l’azienda è ancora di proprietà della famiglia Bagnoli, mentre ormai da decenni Algida e Motta sono state acquisite da multinazionali. Al momento è Algida ad avere la quota maggiore di mercato nel mondo dei gelati confezionati—d’altronde basta vedere la sua ubiquità nei bar del paese per accorgersene.

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Immagine di repertorio per gentile concessione di Sammontana.

Secondo l’Istituto del Gelato Italiano i dati AIDI (Associazione Industrie Dolciarie Italiane) rivelano che negli anni Cinquanta ogni italiano mangiava circa 250 grammi annui di gelato confezionato pro capite. In pratica 3-4 gelati, per un totale di circa 300 lire. Meno di dieci anni dopo, nel 1965, il consumo annuo pro capite era passato a 1,2 kg. Oggi ne consumiamo circa 4 kg a testa. Secondo i dati 2017 il mercato dei gelati confezionati vale circa 2.063,9 milioni di euro. Tradotto in parole e non i numeri: mangiamo tutti un sacco di gelato industriale.

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A spingere gli italiani al consumo di gelato, oltre ai cartelloni e alle pubblicità sulla carta stampata, arrivano celebri Caroselli e testimonial come Rita Pavone o Patty Pravo. Nel 1976 è il momento del Cornetto dell’Algida. Una grande spinta al consumo dei gelati è l’arrivo del freezer nelle case degli italiani. La Sammontana crea il Barattolino, pensato proprio per un consumo familiare: il gelato confezionato non è più solo mono-porzione e il suo consumo diventa anche domestico. Ormai il gelato confezionato si è de-stagionalizzato, dai bar è arrivato alla grande distribuzione e, nonostante l’estate rimanga il suo momento d’oro, si mangia tutto l’anno.

La potenza iconica acquisita dai gelati confezionati è ben esemplificata dal caso dei Winner Taco. Creato negli Stati con il nome di Choco Taco e commercializzato in Italia nel 1997, fu ritirato nei primi anni Duemila, ma l’Algida lo fece tornare sul mercato nel 2014 grazie alle richieste social dei consumatori, che avevano inondato l’Internet di gruppi Facebook e meme, con tanto di festa di rilancio.

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Le tendenze prevalenti del mondo dei gelati confezionati negli ultimi anni sono sicuramente due. Una è l’attenzione all’aspetto nutrizionale: quasi tutti i grandi marchi fanno linee “senza”—senza glutine, senza lattosio— o versioni mini dei loro gelati più venduti, come il Maxibon o il Magnum. Poi c’è la tendenza “gourmet” che vede chef famosi a collaborare con i grandi marchi, come è accaduto ad esempio con il Cornetto di Isabella Potì. Per non parlare dell’utilizzo ingredienti prima propri solo della gelateria artigianale—qualcuno ha parlato di noci Pecan?—o della rivisitazione di prodotti di biscotteria e pasticceria.migliorati, e da una piccola dose di fortuna che in questi casi è sempre utile.”

Grom, catena di gelaterie con presupposti di artigianalità, da un paio d’anni fa gelati confezionati per bar e GDO. Dice Antonio Giglio, Global Brand Lead Grom: “Avevamo l’ambizione di estendere i canoni della gelateria alla grande distribuzione e al canale bar. Nelle nostre linee guida di vendita abbiamo privilegiato, laddove era possibile, strumenti espositivi dedicati e assortimenti dedicati, al fine di creare un mondo nuovo che parlasse un linguaggio distintivo.”

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Ma un portavoce Sammontana mi conferma che a farla da padrone sul mercato sono sempre i grandi classici: “Citerei per primo il Cono Cinque Stelle. Poi certamente anche i grandi classici evolvono e si adattano ai gusti e alle esigenze più attuali di maggiore qualità e attenzione anche agli ingredienti. Ad esempio, oggi i nostri coni 5 stelle al cioccolato vengono fatti con cioccolato di Modica IGP, oppure la Coppa Oro con Amarene Fabbri.”

Facendo ricerca per questo pezzo non ho resistito a chiedere a diverse persone a me vicine quale fosse il loro gelato confezionato preferito. Mi sono resa conto che, a prescindere dall’età, ognuno avesse il suo e soprattutto avesse storie particolari legate al gelato. Mia madre si ricorda che ogni estate mangiava un ghiacciolo all’arancia chiamato Cof. Facendo ricerca, ho scoperto che Cof era un acronimo di “Cavazzoni Orlando e Fratello”, i principali produttori del gelato fra il 1952 e il 1991 a Bologna, dove noi viviamo.

Tra i millennial i gelati più ricordati, e tuttora più consumati, sembrano essere sempre gli stessi: Cornetto Algida, Coppa del Nonno, Cucciolone. C’è anche chi cita il Fior di Fragola perché la mamma diceva che si poteva mangiare anche a dieta e oh, lo sapevate che ha solo 60 calorie? E poi il mitico Calippo, che allusioni falliche a parte, ha rappresentato per anni uno dei gelati più amati della nostra infanzia.

Il gelato confezionato è una presenza fissa nelle vite degli italiani da decenni. Nonostante il boom delle gelaterie artigianali quell’angolo di mercato resiste e cresce, impossibile da adeguare, adeguandosi alle mode e rinnovandosi anno dopo anno. Non ci sono considerazioni di marketing spicciolo da trarre o riflessioni socio-culturali da fare. Spero che i gelati confezionati ci faranno compagnia ancora a lungo e che ci sarà sempre un Calippo alla Coca Cola pronto a dissetarmi in uno sperduto bar di provincia.

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