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La fantascienza non ha bisogno di effetti speciali per essere meravigliosa

Più che la qualità tecnica del mostruoso, da un bel film di fantascienza mi aspetto prima di tutto una sceneggiatura coinvolgente, qualcosa che mi faccia uscire dalla sala un po' più vuoto. E questo vale anche e soprattutto per Gattaca.

Questo post appartiene alla nostra serie sul meglio del catalogo Sky Online.

La fantascienza non ha bisogno di effetti speciali per essere meravigliosa. Come un cinefilo anziano, più che la qualità tecnica del mostruoso (nessuno ancora è riuscito a superare la pregevole qualità di Alien, bambini miei), da un bel film di fantascienza mi aspetto prima di ogni altra cosa una sceneggiatura coinvolgente, qualcosa che mi faccia uscire dalla sala un po' più vuoto di quando sono entrato, spaventato da quel solito "futuro prossimo" che comincia a non spaventare più, uscire dalla sala del cinema fatto di distopia.

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È il caso dei film di Duncan Jones, di Solaris e Stalker e de La Jetée, dove non soltanto non ci sono effetti speciali, ma neanche immagini in movimento.

Anche in Gattaca manca qualcosa di essenziale del genere. Qualcosa che fino a quel momento si è dato per scontato: lo spazio. C'è un viaggio, quello che Vincent Freeman vuole fare da una vita, su Titano, la quattordicesima stella di Saturno, questo sì. Ma lo spettatore lo vedrà rinviare durante tutto il film. L'unico "viaggio" evidente è quello della terra intorno al sole.

Concepito per amore, nelle braccia di Dio, Vincent nasce con un DNA insufficiente. In una società formata sull'eugenetica, i bambini come lui, nati non in laboratorio dopo accurate selezioni genetiche, hanno un'aspettativa di vita molto bassa. Ai genitori viene comunicato che il figlio non riuscirà a superare i trent'anni per un difetto cardiaco. Ha una probabilità di morire del 99 percento. I genitori per un secondo figlio preferiscono allora la seconda via, quella artificiale, non stuzzicando più il caso.

Il sogno di Vincent è di lasciare la Terra, ma le spedizioni di Gattaca non accettano "invalidi". E così nonostante sia preparato intellettualmente, ogni volta che gli si richiede l'esame del sangue è costretto a tirarsi indietro per evitare la mortificazione di essere scoperto inadatto. Quello che manca al ragazzo è un altro corpo.

Jerome è un dipendente di Gattaca, ma è costretto sulla sedia a rotelle. Non è stato ancora registrato come un invalido e decide di donare il suo corpo (sangue, urina e impronti digitali) a Vince, che prende in prestito la sua identità fino al giorno della partenza.

Quello che qui sopra potrebbe sembrare un brutale spoiler in realtà è la cronaca dei primi venti minuti di film. Dopo mezz'ora comincio a immaginare i pessimi effetti speciali di Vincent su Titano. E invece accade un miracolo. Poco prima del viaggio di Vincent/Jerome uno dei capi di Gattaca viene trovato morto ammazzato. La polizia rintraccia una ciglia del presunto assassino. È un invalido e si chiama Vincent Freeman.

E così a Gattaca non soltanto mancano effetti speciali e lo sfondo finto di uno spazio di cartone, ma non è neanche più propriamente un film di fantascienza. Diventa un giallo. Trascurando la cura dei dettagli dei personaggi secondari e la profondità di trama, il film si costruisce sulla tensione dell'omicidio e ogni scena, ogni singola scena rapisce.

Quello che rende le indagini della polizia ancora più cariche di tensione è che "nel futuro prossimo" di Gattaca non si guarderanno più davvero in faccia le persone, ma ci si atterrà soltanto alla loro immagine sul tesserino, al DNA, alle impronte digitali. E così neanche i più svegli agenti di polizia si rendono conto che i lineamenti nella foto del documento di Vincent Freeman sono identici a quelli del nuovo Jerome. "Un futuro prossimo" finalmente convincente.

L'ansia dello spettatore che cresce sempre di più quando il cerchio delle indagini si restringe intorno all'identità di Vincent non nasce dal pericolo che questo sia arrestato per truffa, sarebbe un espediente ridicolo; nasce dalla compromissione del viaggio interspaziale cui Vincent ha lavorato per più di trent'anni. Superando anche le aspettative di vita che gli erano state annunciate alla nascita. È la paura di non partire per Titano che ci coinvolge, la paura di sentirsi diverso dagli altri esseri umani. Una paura incantevole e fantastica.