Tedua
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Musica

Il viaggio verso il Paradiso di Tedua

“Ci sono, non avete perso un punto di riferimento, sono tornato più consapevole di prima”—abbiamo bisogno di Tedua più di quanto pensassimo, lo abbiamo intervistato per capirne il motivo.

Di Mario Molinari, in arte Tedua, classe 1994, si è parlato tantissimo in questi ultimi 5 anni, durante i quali l'impatto che ha lasciato sulla scena si è dimostrato indelebile. Nulla potrà mai lavare via l'effetto che il primo mixtape Aspettando Orange County del 2015 ha avuto sugli altri, per passare a Orange County Mixtape, che è già storia del rap italiano grazie a pezzi come "Lingerie", giusto per nominarne una, e arrivare poi all’esordio Orange County California, e in ultimo alla consacrazione del 2018 di Mowgli.

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Detto questo, non so se vi ricordate, ma mentre noi tutti cercavamo di riprenderci dai festeggiamenti di Capodanno, alle 21 del due gennaio è uscito sul profilo Instagram di Tedua il video di "2020 Freestyle". Tutto questo senza nessun minimo preavviso, allarmando e agitando tutti quanti.

Vita Vera Mixtape Tedua

"20-20, Wild Bandana, okay, Vita Vera Mixtape / Ci siamo, un'altra volta ancora / (Se mi lasci… ascolta… non sto dicendo che non ti ascolto) / (Ecco, mi fai parlare un attimo, cazzo?)" Sono poche barre tratte da "Lo-Fi Wuhan" , ma sintetizzano al meglio l’entrata di Tedua in questo 2020, che ancora una volta lo vedono al massimo grado d'importanza e notorietà per la scena rap e trapItaliana—ma non è questo il punto.

Il punto è che Mario è tornato, nonostante la pandemia globale che ha reso la vita difficile al mondo artistico e musicale, nonché ai live, i tour e le uscite di tanti nuovi dischi. In effetti, Tedua aveva annunciato un nuovo album in questo 2020, ma poi ci ha spiazzati tutti facendo uscire invece un primo mixtape, Vita Vera, a giugno, anticipato da un interessante cortometraggio intitolato Vita Vera – Story, dove racconta a 360° la sua esperienza, quella parte della sua storia che gli avrebbe poi segnato per sempre la vita.

Intitolare un album La Divina Commedia, soprattutto in un anno come questo, è di certo una mossa coraggiosa. Ma è anche un modo per farci percepire l'evoluzione dell'artista.

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Decisamente, non è la prima volta che Mario si mette a nudo tramite le parole e i versi, ma l'utilizzo di video e immagini dagli archivi personali del musicista ha fatto sì che potessimo immedesimarci ed entrare ancora di più nella vita del rapper. Lo dobbiamo anche alla voce di Luca Ward, doppiatore italiano di primo piano di cui Tedua ha la massima stima.

Il primo mixtape include collaborazioni con molti e diversi artisti, ad esempio Ernia e Capo Plaza, Rkomi e Bresh, Lazza e Dargen D’Amico, e, più che un mixtape, sembra riscuotere il successo di un vero e proprio album. Tedua, però, non ha nessuna intenzione di fermarsi.

Tedua

Dopo una settimana, quindi, fa uscire Vita Vera Mixtape, Aspettando La Divina Commedia. E l'intenzione si fa chiara: Tedua vuole portarci passo dopo passo verso il suo prossimo album ufficiale, in un percorso segnato dagli artwork, i testi e la storia.

Intitolare un album La Divina Commedia, soprattutto in un anno come questo, è di certo una mossa coraggiosa. Ma è anche un modo per farci percepire l'evoluzione dell'artista, che da uomo della giungla urbana, grazie alle molte vite passate nel Purgatorio, può ormai arrivare, artisticamente parlando, al Paradiso.

Tedua è deciso a tornare e vuole riprendersi tutto.

Qualche giorno fa abbiamo avuto modo di passare quasi un'ora con Tedua, in una bellissima chiachierata. E, nonostante le nostre storie assai diverse, nonostante l'amore per Milano, abbiamo capito entrambi quanto il mare manchi a noi e alla città, e quanto possa ricaricare le nostre anime.

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Dunque, ricaricatevi anche voi, perché Tedua è deciso a tornare e vuole riprendersi tutto.

Vita Vera Aspettando la Divina Commedia Tedua

Noisey: A metà gennaio ci siamo incontrati, e ti ho bloccato al volo per farti i complimenti rispetto al tuo "2020 Freestyle". In quel momento, per me, era una delle cose più belle uscite negli ultimi 6 mesi. Ma com'è nato? E dei freestyle dei tuoi colleghi usciti durante la pandemia cosa pensi?
Tedua: Quel freestyle è stato sicuramente quello che ha aperto le danze. L’ho fatto esplicitamente per rompere il ghiaccio e rompere il mio silenzio musicale durato parecchio tempo,se escludiamo i featuring. L’essenza del freestyle è proprio quella di essere molto diretta, con parole semplici malgrado gli esercizi di stile. Con l’esigenza di voler esprimersi. Penso che per la stabilità di una carriera, l’immaginario e la coerenza di un artista siano fondamentali, e il rap, molto più del canonico pop radiofonico, ti concede questi sprazzi tra una hit e l’altra dove potersi mettere a nudo, come Tupac in Changes. Ti puoi togliere delle catene e dei pesi e riallinearti con i fan. Peraltro permettimi di dire che "2020 Freestyle" è stato un successo, visti gli oltre 15.000 commenti su Instagram, tra cui quelli di tutta la scena, gente come Marracash e tantissimi altri nomi importanti che mi hanno fatto i complimenti. Mi sono sentito apprezzato e riconosciuto.
Ho apprezzato anche gli altri freestyle, ma il mio era privo di quegli stimoli pandemici. Sono due cose diverse. Io avevo l'intenzione di dire al mio pubblico “ci sono, non avete perso un punto di riferimento, sono tornato più consapevole di prima”.

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Sempre in 2020 Freestyle dici “Da Mowgli è un arrivederci, Quest'anno prendo il 2020/Con coltello tra i denti, faccio un bordello altrimenti/Con tutto il rispetto per i colleghi, Ma evitiam paragoni, abbiamo ruoli differenti”. In cosa pensi il tuo ruolo, musica e persona siano differenti rispetto agli altri? E di questi primi mesi del 2020, rispetto alle tue attese, aspettative e sogni?

Definire in prima persona la differenza tra me e i miei colleghi è difficile senza sembrare troppo esuberante. Mi piacerebbe lo facessero gli altri, perché a me verrebbe da dire che la differenza tra me e gli altri sono note, nelle mie indole caratteriali, nel modo di pormi. Sarebbe come chiedere a De Andrè le differenze tra lui e Venditti. Sicuramente io credo davvero nell’energia collettiva, nell'empatia come corrente di pensiero. Credo di essere a mio modo, in maniera molto umile, il portavoce di un movimento basato sui deboli che si sono fatti coraggio. Di quanti dimostrano che dal piangersi addosso non nasce niente e quindi si rimboccano le maniche. Forse la differenza tra me e gli altri è che mi prendo troppo sul serio e gioco poco col rap. Ma non lo posso dire io. Parlando delle mie aspettative sul futuro, mi piacerebbe avere sempre più riscontro popolare e riuscire ad essere apprezzato come artista, oltre che come persona dietro l’artista.

"Sicuramente io credo davvero nell’energia collettiva, nell'empatia come corrente di pensiero."

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Vorrei invece chiederti qualcosa riguardo a Vita Vera - Story. Com’è stato per te esternalizzare con immagini, invece che con i versi, la tua storia e com’è stato vedere una terza persona raccontare la vita di Tedua?
Per me che sono un neofita del campo, seppur un appassionato, è stato un onore e un piacere la chiamata con Luca Ward: lui ha registrato in diretta con me al telefono tutta la lettura, apportando correzioni e confrontandoci con la massima umiltà. Dicendogli, “Scusa se mi permetto, non sono un esperto”, ho cercato di direzionare le sue competenze su Pulp Fiction e Sleepers. Quest'ultimo, in particolare, è un film che mi ha fatto vedere mia madre da bambino ed è il motivo per cui ho scelto Luca Ward, perché è il suo doppiatore preferito e perché lei mi ha fatto vedere questo film, che non andava fatto vedere a un bambino. Mi traumatizzò, ma in positivo. Poi ho scoperto che Luca Ward era stato anche la voce di Sandy Cohen, padre di Seth Cohen e Ryan Atwood su The O.C.. Praticamente un cerchio che si chiude, arricchito di aneddoti riferiti all’infanzia, anche volutamente sconnessi tra di loro. C’era un valore affettivo e persino una sorpresa a mia madre, grazie alla voce di Luca.
È stata un'esperienza molto bella, che mi ha fatto approcciare al mondo del doppiaggio e della dizione partendo dai professionisti.
Per quanto riguarda la scrittura, l’ho scritto interamente io. Una pazzia, dalle 6 del mattino alle 10 del mattino, tutto il copione in una take. Sono poi andato a dormire, mi sono svegliato, l’ho riletto, ho messo a posto letteralmente due virgole e inviato così. Luca Ward non ha corretto niente e quindi sono stato felice che, senza essere un classicista e con i miei vuoti culturali, io sia riuscito a scrivere un cazzo di copione da far leggere a un professionista.

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Interagisci molto con i tuoi fan. Quando condividi le tue riflessioni, e dici che ti senti un assistente sociale, alla fine è bello. Ma perché lo fai? Senti di doverlo fare?
Non c’è assolutamente nessun calcolo, ma solo l'istinto dettato dalla mia indole caratteriale, probabilmente ricollegabile alla mia propensione al dialogo. Nella vita sono stato comunque sempre in contesti sociali dove fanno parlare tanto i giovani. Quindi la mentalità dell’educatore e quella dell’oratorio, del recupero sociale e dei servizi sociali mi è rimasta. Ad ogni modo, in pratica utilizzo Instagram come un vero e proprio diario pubblico a cui hanno accesso anche i membri della mia famiglia, i miei compagni di classe.

Tedua

Anche l’immaginario dell’artwork di Vita Vera e Vita Vera, Aspettando la Divina Commedia è interessante. Come l’avete realizzata?
Si tratta di un lavoro che riguarda direttamente la Divina Commedia e l'incontro con la Lupa, una prima copertina disegnata da Federico Merlo e la seconda da Domenico Formichetti, che ha curato anche i font. Ci siamo toltalmente ispirati a Gustavo Dorè, che per me è stato il migliore illustratore dela Divina Commedia della storia. L’artwork dell’album sarà ancora più sostanzioso ma citare Dorè è la cosa più figa che potevamo fare: è stato bello e sono fiero di aver creato questo team.

Nel 2015 scrivevi " Dopo diciotto anni chi scrive poesie / O è un poeta o è un cretino / Ed io ho scelto di fare il cantante ". E nel 2020 canti " Guai se il presente poi giudica il passato / Perderà il futuro lungo il tracciato / Io non mi volto indietro / Ma non scordo chi ero ". Come riassumeresti questi 5 anni?
Hai beccato le uniche due citazioni che io abbia praticamente mai fatto. La prima è di De Andrè che diceva che chi scrive poesie dopo i ventanni o è un poeta o è un cretino, a cui ho aggiunto: “Ed io ho scelto di fare il cantante”, mentre la seconda è di George Orwell, “Se il presente giudica il passato, smarrirà il futuro”, che io ho rielaborato e messo in rima.
Io sono solo all’inizio del mio percorso e quello che ho spiegato è questo: nella giungla urbana, cioè nel basso proletariato e nella classe media, c’è questo figlio della giungla cresciuto dovendosi arrangiare perché privo di un nucleo familiare saldo. E più diventa uomo, più si sente superficiale e vuole tornare animale. Quest’uomo esce dalla giungla urbana, ma rimane in un panorama naturale, forse ispirato dalla natura della Liguria, e il suo peccato lo trasforma in uomo civilizzato. L’artista diventa borghese e ottiene successo, entrando nel mondo del pregiudizio e dei benestanti, dove analizzerà tutti questi peccati—un'anima dannata.

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Tutto questo si compie attraverso il mio viaggio tra l’Inferno e il Paradiso. Quando arriverò al Paradiso, se ci arriverò, ritornerò a vedere le stelle ed evolverò. È come quando l’artista intravede il compimento della sua carriera, mantenendo un patto con se stesso ma senza perdere il brio dell’arte e la soddisfazione, proprio in termini di coscienza musicale. Ho divagato un po' scusami, ho metaforizzato gli ultimi cinque anni tramite la musica che sto per fare. Quel che è successo è che non sono cambiato, ma sono cresciuto. Non ho perso il talento ma anzi l’ho affinato. Non ho perso la voglia di fare musica o dimostrare chi sono, perché comunque rimane sempre un grido di battaglia fare rap: per dire "Ci sono anche io". E io ci sono eccome.

Vorrei parlare di "Colori". Tra i pezzi fatti insieme a Rkomi è forse il più intimo. Com’è il vostro rapporto, oggi?
Noi siamo amici da una vita, abbiamo fatto nove capodanni di fila insieme e grandi esperienze. Siamo simili perché entrambi sensibili e profondi, empatici e grandi osservatori. Ma diversi perché lui è più introverso e io più estroverso, quindi in un certo senso io sono anche più esibizionista e lui è più pacato.
Anche musicalmente siamo simili, sempre per un'attitudine al conscious rap. A me piace anche la roba un po’ più hip hop war star, i neri armati nei ghetti che rappano coi flow nuovi, ma per il resto devo dire che ci piacciono proprio le stesse cose: Dargen D’Amico, Ghemon e Guè Pequeno, quell’esercizio di stile concettuale nel rap con la metrica.
Quello che è cambiato nel nostro rapporto è che abbiamo una vita diversa rispetto a prima, non siamo tanto cambiati noi quanto la vita che facciamo; quando Mirko e io stiamo assieme in realtà è tutto uguale a prima. Siamo due amici che si perdono un po’ per colpa del lavoro, che hanno litigato a ventuno anni perché il successo ci è arrivato in faccia come uno schiaffo ed eravamo molto spaesati, quindi abbiamo rischiato di mettere i nostri interessi di fronte alla nostra amicizia… però poi questo è servito a rafforzarla. È una cazzo di amicizia sincera, avevamo un legame troppo forte già da prima del successo per perderlo. E io sono veramente felice per lui, perché il suo è un successo e una gioia sinceri e lui è felice e soddisfatto, ha superato i suoi demoni. Per me l’essere real è tutto e Mirko è real.

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"Quella tra me e Rkomi è una cazzo di amicizia sincera, avevamo un legame troppo forte già da prima del successo per perderlo."

Recentemente ho rivisto La Nuova Scuola: Genova Drill con Tedua. Genova si fa sentire forte e chiara anche adesso , tra artisti e feat. Vuoi parlarcene?
Io sono assolutamente abituato a lavorare con Ill Rave, Vaz Tè, Bresh, Guesan e IZI così come con Disme e Nebbïa, e loro continuano a crescere di anno in anno. Soprattutto Bresh direi che ha molte sorprese in ballo. Ill Rave è una mina vagante, è un ragazzo che stiamo settando perché ha tante vicende a cui badare in strada, ma quest’anno ha intenzione di fare sul serio. Per Disme vale lo stesso discorso, sta per fare un disco e non passerà inosservato. Comunque, mi sono trovato bene perché i ragazzi spaccano e anche se non sono famosi come me, in studio non sono assolutamente dei perditempo o delle palle al piede. Riguardo Genova, devo essere sincero, non scendo da Natale, però tra poco tornerò e rimarrò un mese. Ma è da troppo che manco, non so dirti come la vedo. Sono stato troppo distante.

Come ti sei sentito all’idea di fare “Puro Sinaloa” in Gemelli di Ernia?
Dal mio punto di vista è stato facile: ci siamo incontrati con Ernia, credo per il live di Lazza, e mi ha detto che aveva in mente questo progetto. Al che ho risposto che volevo proporgli di partecipare al mio mixtape. Dopo mi ha semplicemente mandato la base su WhatsApp, dicendomi “Spacca il beat”. Tre giorni dopo io gliel’ho spaccato.
Ho iniziato la strofa con “Allerta sempre”, ma anche Rkomi l’aveva iniziata così. Allora ho fatto un'entrata diversa, che alcuni non hanno apprezzato, ma perché faccio cinque rime così, subito in una quartina. Quindi sono uscito dai soliti canoni, però perfettamente a tempo sul metronomo. Ad ogni modo, non ho badato alla responsabilità altrimenti non l’avrei scritta, ho badato più che altro all’onore che mi dava poter compiere questo gesto. Questo è il punto saliente su come ho affrontato il lavoro. E sicuramente è stato più facile farlo, che pensarlo o promuoverlo.

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Nei titoli dei mixtape ricorre sempre la parola "Aspettando". Cosa aspettavi nel 2015 e cosa stai aspettando adesso?
L'ho ripetuto perché la formazione vincente non si cambia. Mi verrebbe da dire che la figata è creare un audience e quello che la gente si deve aspettare è la fine del pasto. Io, insieme all'"aspettando" preparo sempre un'entrée, un antipasto e forse un assaggio di primo… tuttavia manca il secondo, il contorno, dessert, frutta, caffè, ammazzacaffè e lo sconto sul conto finale. Mi aspetto quindi di fare un’estate in cui mi arrivi l’illuminazione e di riuscire a stupire me stesso per l’ennesima volta, anzi, un’altra volta ancora.

In "Lingerie" cantavi:“Roccia, sto col Rkomi, segna Calvairate / Faccio un salto a Nord-Est che Ciny è ospitale”. Non si sapeva ancora, ma da lì vi sareste presi Milano nel giro di qualche anno. Chi di voi ci credeva di più?
Il più consapevole era Sfera, indubbiamente. Abbiamo due anni di differenza, lui è del 1992 e io del 1994, quindi quando io ero un moccioso di vent’anni il fatto che lui ne avesse ventidue lo rendeva comunque più saggio. Se devo dare un ordine di chi ci credeva di più: Sfera, io e Mirko. Rkomi assolutamente non lo sapeva. Io iniziavo ad esserne consapevole perché, cazzo, spaccavamo. O meglio, eravamo bravi tecnicamente, ma finché non c’è stato il successo di "Lingerie" non ho avuto nulla di concreto in mano.

"Eravamo bravi tecnicamente, ma finché non c’è stato il successo di 'Lingerie' non ho avuto nulla di concreto in mano."

Cosa ne pensi del meme “Il 2020 è il nuovo 2016”?
È bello giocare con questo meme, l’ho fatto anche io. Ma quell'anno è stato irripetibile. Possiamo intendere il 2020 come inizio di un nuovo decennio. Tutti quelli che hanno fatto parte del 2016 quest’anno escono con l’album o mixtape. Quindi da una parte è corretto dirlo, non è però così se vogliamo essere fiscali. Se non ci fosse stato il Coronavirus sarebbero già usciti il disco di Sfera, di Capo Plaza, Guè sarebbe uscito prima, sarebbero state diverse tante cose. Si spera che questo strano "2016/2020" prenda vita da settembre in poi, con la chiusura dell’anno. In compenso, fare un estate senza tour mi permette di focalizzarmi tanto sul lavoro e riprendere la lucidità che la vita da tour spezza.

E del tuo prossimo album cosa puoi dirci?
Lo sto finendo ancora… Dante c’ha messo tanto per fare la Divina Commedia e l’album se fosse già pronto invecchierebbe. Poi voglio fare musica e non voglio badare alle tempistiche hip hop.

Puoi parlare di Tedua e mare con Benedetta su Instagram.

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