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La piadineria romagnola dove c’è sempre fila, ma che ti fa riflettere su noia e pazienza

Campanone santarcangelo romagna

“Il Campanone è un atto di fede” lo dico sempre mentre sono in fila alle persone che vengono qui per la prima volta.

Sono le 19 di una serata di metà agosto, abbiamo appena parcheggiato. Ci sono poche centinaia di metri leggermente in salita fra noi e Il Campanone. Vedo una coppia che a passo più placido del nostro si sta dirigendo lì. Cioè, non lo so per certo che si stia dirigendo lì, ma ci sono buone probabilità che stia andando a mangiare la piadina nel nostro stesso posto. Allora, senza far notare la leggera accelerata, li sorpassiamo; è un tavolo in meno che si frappone fra noi e la piada ananas e caciotta piccante.

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Arriviamo. Dopo un paio di minuti arriva anche la coppia. Nulla è valso uscire con la calura di agosto: ci sono già 4 gruppi in fila e ci vorrà la solita oretta e mezza prima di mangiare, forse due. Se fossimo in Giappone, per uno dei ramen più buoni del paese, non ci sarebbe da sconvolgersi, ma siamo a Santarcangelo di Romagna, un ameno comune in provincia di Rimini, meta estiva di molti bagnanti della costa che vengono qui per mangiare e bere, fra ristoranti più famosi, come La Sangiovesa, e altri locali tipo L’Ottavino. Il panorama ristorativo è ricco, e non è difficile trovare posto in una delle mille osterie romagnole in giro per i vicoli.

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Santarcangelo di Romagna. Tutte le foto dell’autrice.

Non tutti, però, conoscono Il Campanone, un po’ perché è in cima al centro storico e bisogna camminare un po’ in salita se non sai bene dove parcheggiare, un po’ perché il proprietario tutto fa fuorché fare promozione. Non è vecchio Massimo, eh, anzi. Ma a lui semplicemente non interessa fare più coperti o più soldi. Serve solo chi può, e non riempie mai troppo il locale. Ti dice sempre che a lui “sta bene così”.

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Il vassoio di quarti di piadina che ti viene servito al Campanone.

Sono passati almeno 9 anni da quando sono venuta qui per la prima volta: il primo approccio non è stato soft, avevamo chiesto forse con spocchia quando ci avremmo messo a mangiare, e lui aveva risposto in maniera gentile ma secca qualcosa tipo: “Se hai fretta questo non è il posto giusto, ce ne sono altri più buoni qui di fianco”. Un’altra volta aveva detto a dei ragazzi arrivati alle 21 che probabilmente non ce l’avrebbe fatta a servirli, quindi meglio se andavano e se volevano restare a loro rischio e pericolo. Non pensate minimamente alla possibilità di prenotare: oltre a non essere nella personale policy del gestore, su internet dopo anni e anni è apparso un numero di cellulare dell’attività che Massimo dice categoricamente di non essere il suo (“Abbiamo provato a chiamarlo, ma non ha risposto nessuno” mi dice il figlio adolescente).

È sempre più difficile trovare posti dove gli altri vi consigliano di non andare se non avete tanto tempo a disposizione

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La terrazza del Campanone a Santarcangelo di Romagna

La fila qui, preciso, non è una fila giapponese: siamo in Romagna, i gruppi sono scomposti, la voglia latente di passare davanti c’è e ci si chiede in continuazione “Chi è l’ultimo arrivato?”. Perché Massimo non tiene neanche la lista degli arrivi, ovviamente. Tutto avviene nella completa autogestione, ci si conosce, ci si parla e ci si dice cose tipo “ne vale la pena” oppure “siete arrivati alle 20? No, troppo tardi per mangiare qui”. Se si è in confidenza con Massimo gli si chiede una birra nell’attesa, lui serve quelle Amarcord, la birra di Rimini. Prendo sempre una Tabachéra, una strong amber ale doppio malto, così mi stordisco e riduco l’attesa.

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Il mio ragazzo mentre siamo in fila

Il localino è grazioso e ha anche una bellissima terrazza che si affaccia sui tetti di Sant’Arcangelo, dove se arrivi in tempo puoi vedere anche il tramonto. Ma com’è la piadina del Campanone? Beh, è davvero buona. È sottile e viene impastata con poco strutto – quasi non si sente – e un misto di farina fra cui kamut.

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Non c’è un menu, ma lui, Massimo, quando viene al tavolo te le racconta tutte e ti dice anche che può fartela come vuoi: ananas e caciotta piccante; taleggio e pere; pomodorino brie e praga cotto alla brace; zucca e formaggio di fossa (ovviamente solo in autunno); pistacchio, robiola e pomodorini secchi; lardo e arancia; guanciale e confettura di cipolla.

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Il vassoio di piadina, in primo piano robiola, pistacchio e pomodorini secchi

Gli abbinamenti forse oggi non fanno più scalpore come potevano farlo 9 anni fa. Ma l’altra cosa che al Campanone non cambia mai, oltre la fila che non scema dalle 19 alle 21, sono i prezzi. Politici per tutti. In più nessun discorsone al tavolo, nessuna retorica della “materia prima” o fronzolo da locale milanese. Quindi non c’è neanche tutto l’intrattenimento che “subisci” in ristoranti di alto livello. Sei al tavolo, la 4G prende poco, e per tre quarti d’ora circa non sai bene cosa fare. Devi parlare o al massimo ti prendi le carte dal Scala Quaranta e giochi a Machiavelli.

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Quando dopo un’ora e mezza/ due che aspetti – fra fila fuori e dopo l’ordinazione – arriva questo enorme vassoio pieno di quartini di piadina tagliati, sei felice, genuinamente felice, metti da parte la partita e finisci le tue sei piadine in pochissimo tempo.

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Piadina con ananas e caciotta piccante.

Mi chiedo sempre se ne valga sempre la pena, però. Cioè, se ci torno da nove anni ogni volta che sono in Romagna vuol dire che sì, ne vale la pena, ma cosa spinge famiglie con bambini piccoli, gruppi di amici che chiaramente andranno poi a ballare nella discoteca tamarra accanto e coppie ad aspettare due ore per quello che in genere è uno street food che puoi reperire buono a pochi chilometri da qui, e soprattutto in circa 15 minuti?

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La fila che si è sviluppata prima che fosse il nostro turno.

Su questo non mi sono mai risposta, ma l’altra sera, dopo aver superato la coppia e dopo aver aspettato un’ora soltanto per sedermi, ho pensato che in questo momento in cui il diritto alla noia ci viene negato, anzi noi stessi ce lo neghiamo, posti come questi, dove non puoi guardare le Storie su Instagram di tutti i tuoi contatti perché il segnale non è buono, sono necessari.

Quando vieni qui riscopri il valore della pazienza e sei legittimato alla noia. E locali così scompaiono quando meno te ne accorgi: la 4G arriva sempre più spedita o le sale vengono riorganizzate per avere più giro di coperti. Ho l’impressione – correggetemi se sbaglio – che sia sempre più difficile trovare posti dove gli altri vi consigliano di non andare se non avete del tempo a disposizione. “Il Campanone è un atto di fede” lo diciamo sempre io e il mio ragazzo quando siamo in fila alle persone che chiaramente si approcciano a Massimo e alle sue piadine per la prima volta.

Non ho neanche provato a fare una foto a Massimo; qualche anno fa gli dissi che avevo letto una classifica delle migliori piadine della Romagna e c’era anche Il Campanone. Era felice, ma un po’ imbarazzato, quindi non ho neanche pensato di chiedergli se volesse dirmi qualcosa o “prestarmi” il suo volto. La prossima volta che andrò, probabilmente, gli farò leggere questo pezzo, ma sono sicura che questo non mi farà sedere o mangiare prima.

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