Oltre la Manica non c’è solo il grime: Noisey esplora tutto ciò che è beat e rime ed esce dal Regno Unito in una rubrica che si chiama La Nuova Scuola Inglese.
I primi articoli che ho scritto per Noisey parlavano di quanto la scarsa conoscenza dell’inglese in Italia impatta il modo in cui ascoltiamo musica. Da allora sono passati poco meno di tre anni e, in mezzo a tante cose che sono cambiate, questa è rimasta quasi identica. La più grande è che abbiamo cominciato a mandare anche noi il rap in classifica, ma quasi solo il nostro. Quello americano riesce a ritagliarsi grandi spazi solo sotto forma dei suoi nomi più accessibili ed esposti (Drake, Post Malone) o quelli storici e capaci di generare controversie (Eminem). Il che è già un grande passo avanti rispetto a tempi bui come il 2012.
Quindi non c’è da disperarsi se il disco d’esordio di Dave, che si chiama Psychodrama, è arrivato primo in classifica in Regno Unito e qua non ce lo siamo cacato di striscio, ma va detto che è un po’ un peccato. In passato un orecchio all’oltremanica lo abbiamo teso: ci siamo gasati con il grime, almeno nelle sue due punte di diamante chiamate “Skepta” e “Stormzy”. Perché anche se non capivamo bene quello che dicevano venivaamo presi per la collottola dalla loro furia espressiva, dai beat di carta vetrata, dai ritornelli costruiti su pochi concetti ripetuti. Ma il nuovo rap inglese, quello dei ragazzi che oggi hanno vent’anni, funziona in un modo diverso.
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Non posso certo generalizzare: Avelino non è AJ Tracey che non è Flohio che non è Little Simz che non è Octavian che non è Slowthai che non è J Hus. Tutti questi artisti, chi più chi meno, sono però inscrivibili in un certo insieme al cui interno Dave è un buonissimo esempio di come il nuovo rap inglese sia tutto ciò che il nostro, almeno a livello mainstream, non è ancora del tutto: ambizioso, ragionato, strutturato, basato sulla parola più che sul suono.
Un brevissimo riassunto della carriera di Dave per chi non ha tempo di leggersi tutta l’intervista che gli hanno fatto i nostri colleghi inglesi e noi abbiamo tradotto: vent’anni, origini nigeriane, cresciuto a Londra Sud, gli regalano un pianoforte a 14 anni, una carriera scolastica di tutto rispetto, un fratello in carcere. Diventa famoso come molti, in questi anni: carica pezzi in rete, sono belli, la gente si accorge di lui. Nel 2017 se ne accorge Drake, che remixa la sua “Wanna Know”. Due anni dopo siamo di fronte a un’opera prima che fa paura da quanto è ben pensata.
Psychodrama è costruito come una lunga sessione di psicoterapia della durata di un anno. Si apre con la voce dell’analista di Dave, che si rivolge a lui lungo il corso del disco e gli fa domande sulla sua vita a partire dal contenuto dei brani del disco. La parola “psicodramma” del titolo non ha l’accezione negativa con cui viene erroneamente usata di solito in italiano: indica invece una forma di psicoterapia basata sul teatro i cui protagonisti mettono in scena esperienze e pensieri per capirli meglio. Ecco, la scena di Dave è la traccia.
Come tutte le persone che vengono riconosciute come “artisti” a un’età molto giovane, Dave si interroga su quello che gli è successo e sulla strada che lo ha portato fino a qua, il che è un grande luogo comune del rap. Ma spesso questo ragionamento si limita a “sono venuto dal niente, ce l’ho fatta, mi prenderò tutto, sto attento ai serpenti”. Se invece hai origini nigeriane, hai sempre vissuto in un contesto da cui tutti vogliono fuggire in un contesto di guerra tra poveri creato da una segregazione light, ti è arrivato addosso il successo a soli 18 anni e hai pure preso la scuola seriamente magari ci tiri fuori un ragionamento interessante.
Dave approccia la parola scritta, per usare un celebre termine di paragone, in modo simile a Kendrick Lamar, un artista che ha saputo coniugare successo e integrità grazie a concept album complessi e ambiziosi che ribaltano i grandi luoghi comuni della narrazione hip-hop dominante. Per Kendrick: la fama non è solo un obiettivo, è anche tutto l’insieme di effetti che ha sulla salute mentale di chi la ottiene. Il colore della pelle non simboleggia solo una cultura e una comunità, è un modo per parlare di razzismo, segregazione, società occidentale.
Da questo punto di vista, PSYCHODRAMA è un album che scoppia fuori dallo stesso magma creativo di good kid, m.A.A.d. city, di To Pimp a Butterfly, di Flower Boy, di iridescence; ma è nato dall’altra parte dell’oceano. Si apre con una prima sessione, un riassunto dei temi portanti dell’album: “È come se per un attimo mi sento felice, e poi di nuovo triste / E voi, miei fan, il motivo per cui sono potuto arrivare fin qua / Siete la mia medicina, la strumentale è il mio analista”, rappa Dave, per poi tornare con il pensiero al punto in cui il suo percorso è cominciato, sia fisicamente (Streatham, il quartiere) che psicologicamente (i primi problemi, le prime ragazze, il rapporto felice con la scuola).
Lungo il corso dell’album la mente di Dave è come una pallina da ping pong, le palette che se la passano sono il passato e il presente. Un esempio è “Black”, singolo portante dell’album, un brano che si interroga sulle antiche radici della sua identità nigeriana, sul colonialismo e sulle sue conseguenze nella nostra vita:
Nero è gente che dà nomi alle tue nazioni in base alle merci che commerciano:
La Costa d’Avorio, la Costa dell’Oro, la Costa del Grano.
Ma soprattutto, per spiegarvi quanto questo dolore è radicato,
Nell’Africa dell’Ovest c’è il Benin: lo chiamavano “la costa degli Schiavi”.
Ma “Black” si sofferma anche sull’appropriazione culturale (“Il nero confonde le idee, perché amano la nostra cultura / Si prendono quello che ci contraddistingue quando gli pare e ci si divertono”), sulle logiche di invidia all’interno delle comunità di periferia (“La gente dice che sei un falso, che non sei rimasto per cambiare le cose / Ma nero è essere gelosi, saresti morto se fossi rimasto”), ma anche sul valore dell’idea di blackness:
Nero è faticare a trovare la tua storia, tracciarne l’evoluzione
Non sai la verità sulla tua razza perché la stanno cancellando.
Nero ha un cazzo di saporaccio, ecco, assaggialo!
Ma il nero è l’unica cosa che conosco, non cambierei mai niente.
Dave, insomma, ha cose da dire. In “Environment” si tratta della percezione che la gente ha dei rapper famosi e del loro rapporto con i soldi: “Vedi le nostre catene d’oro e le nostre macchine di lusso / Io vedo una persona insicura, vedo cicatrici lasciate dalla nostra battaglia.” In “Screwface Capital” si tratta di Londra e dell’impatto che ha avuto sulla sua vita e la sua famiglia: “Dimmi che cosa ne sai di un borsone pieno di banconote / E di tua mamma che piange mentre ti dice che non può accettare i soldi che hai fatto”.
Dave non è l’unico personaggio della sua narrazione, così come Kendrick non è l’unica persona le cui vicende animano i suoi dischi. “Lesley”, protagonista di una traccia lunga 11 minuti, è una ragazza che subisce violenze dal suo ragazzo e si scopre incapace di abbandonarlo. “Drama” si apre con la voce del fratello di Dave, che è in carcere in quanto complice di un omicidio; parla di quanto si sentano vicini e lontani, e della Bibbia, e di salvezza. Quando in “Disaster” compare la voce di J Hus, anche lui in carcere e anche lui figlio dello stesso contesto sociale, non è appiccicata sulla traccia tanto per avere un featuring: si impegna in un botta e risposta con quella di Dave, conversa, crea un confronto.
Data la sua ambiziosa portata, non era scontato che PSYCHODRAMA vendesse bene. La sua prima posizione è stata invece la conferma dell’esistenza di un pubblico interessato ad appassionarsi a opere di questo tipo e di una scena che ha voglia di produrle, almeno in Regno Unito. Ogni nazione ha le sue peculiarità e disegnare paragoni con l’Italia non ha molto senso: abbiamo una cultura musicale diversa, modelli diversi, industrie discografiche diverse. Noi abbiamo già fatto tanti passi in avanti rispetto al passato recente, questo forse sarebbe ancora un po’ troppo lungo. Quello che possiamo fare, però, è parlare di dischi come questo. Sperare che qualcuno che legge e fa arte ci si ritrovi dentro, lo aggiunga nell’astuccio delle sue ispirazioni.
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