“La focaccia dolce di Este è abbastanza famosa perché c’era una pasticceria che la inviava ogni anno, a Pasqua, al Papa.”
Dite quello che volete, ma per me la brioche ripiena è il modo migliore di mangiare il gelato quando ti prende una di quelle assurde voglie da pomeriggio assolate di piena estate. Quel morso morbidissimo, tiepido, che si mescola al freddo del gelato, e il leggero contrasto dolce-salato, mi fanno letteralmente sballare.
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Quella di cui parlo è ovviamente la brioche di stampo siciliano, la classica col “tuppo”, il cappello che non si sa mai se devi mangiare all’inizio alla fine e per questo oggetto di forti dibattiti.
Potete quindi immaginare la mia faccia quando una cosa del genere l’ho mangiata in Veneto. Per la precisione nella pizzeria Gigi Pipa a Este, nel Padovano, dove mi hanno fatto assaggiare una focaccia dolce tradizionale veneta ripiena di gelato.
Alberto Morello ha 31 anni. La sua pizzeria Gigi Pipa è una delle più interessanti in Italia – nonostante sia fuori dalle mete turistiche. “La pizzeria è aperta dal 2008,” mi dice Alberto. “E mi sono appassionato agli impasti fin da subito.”
In particolare gli piace cambiare impasto praticamente per ogni pizza in menu. Alberto è convinto che non solo i topping, ma anche gli impasti cambino il sapore della pizza. E pure parecchio. “Per esempio,” mi dice, “l’impasto al farro in cottura con pomodoro e mozzarella perderebbe molto. Quindi ci metto sopra una burrata a crudo e un prosciutto crudo veneto poco conosciuto rispetto al San Daniele.” Che però è una bomba atomica. “Oppure un impasto integrale abbinato a delle verdure, che gli da più struttura e sapore.” Alberto ha anche un piccolo orto che si coltiva da solo, una cosa abbastanza rara per una pizzeria.
Ma torniamo alla focaccia veneta. Viene chiamata fugassa ed è un piccolo gioiello della pasticceria lievitata veneta che si offriva quando un matrimonio era stato appena festeggiato, un po’ come il maritozzo di Roma insomma. Un dolce tipicamente pasquale, che assomiglia parecchio a un panettone, leggero come una nuvola. Alcuni dicono che sia stata creata intorno al 1500 da un pasticcere trevigiano il quale aggiunse ingredienti inusuali un po’ a caso alla pasta del pane: burro, uova, miele e mandorle. Altri invece dicono che sia un dolce povero risalente addirittura alle prime ricorrenze cristiane legate alla Pasqua. Comunque sia, per secoli è vissuta di tradizioni tramandate popolarmente con un’origine avvolta nella leggenda, anche se la prima codifica ufficiale è di Giovanni Bianco Mengotti nella sua raccolta di ricette padovane del 1967.
Col tempo si è arricchita con un sacco di spezie e anche vino dolce. Il vino non può mai mancare in Veneto.
Nata come ricetta povera, col tempo la fugassa si è nobilitata. Anche perché serve parecchia pazienza per farla: una lievitazione lunga e almeno tre rimpasti ogni tre ore. Essendo Venezia e il Veneto patria di spezie che arrivavano da tutto il mondo, col tempo si è arricchita con un sacco di roba: scorze d’arancia, cannella, chiodi di garofano, zucchero al posto del miele e un’ombra de vin’ (un goccio di vino dolce, tipo kirsch). Il vino non può mai mancare lassù.
“Ho pensato di lavorare su questa focaccia tradizionale durante il lockdown,” continua Alberto. “La focaccia dolce veneta di Este è abbastanza famosa perché c’era una pasticceria, ormai chiusa, che ogni anno a Pasqua la inviava al Papa.” Insomma, essendo capitata la Pasqua in pieno lockdown, Alberto ha deciso di servirla come delivery collaborando con la gelateria “Vaniglia Cioccolato” di Este, famosa da quelle parti per aver inventato una diabolica panna di ghiaccio, una panna ghiacciata con in mezzo cioccolata e tenuta insieme da due cialde. “Per creare una bella connessione sul territorio io e Giuseppe Schizzerotto abbiamo deciso di unire le forze e spedire la focaccia veneta un po’ rivisitata con una vaschetta di gelato. E ha avuto parecchio successo,” spiega Alberto.
“Per l’impasto ho pensato di usare una parte di farina che viene da grani coltivati con miscuglio evolutivo in Sicilia. La caratterizza parecchio a livello di gusto.” Un mese di prove sull’impasto, con un chiaro rimando alla brioche classica siciliana, quella che si tuffa nella granita. “Non ho fatto una focaccia classica: ho ridotto lo zucchero e il burro, così da dare risalto anche al gelato.” Che è solo al fiordilatte. E niente mandorle o zuccherini, che invece trovereste su quella tradizionale.
Dopo un mese di prove sull’impasto, quindi, è nata questa piccola (ma nemmeno troppo) meraviglia di carboidrati.
Prendo questa focaccina piena di gelato al fiordilatte. La mordo. La rimordo. La mordo ancora. Una nuvola ripiena. Il tempo di sparizione nel mio stomaco è stato di cinque secondi netti.
Dopo una pizza burrata e crudo, una con anatra scottata e piselli di Baone, una marinara, una pizza alle verdure e almeno altri due assaggi di pizza che ricordo in maniera confusa, mi sono alzato dal tavolo barcollando. In cucina Alberto Morello mi dice che c’è ancora una cosa da assaggiare. Prendo questa focaccina piena di gelato al fiordilatte. La mordo. La rimordo. La mordo ancora. Una nuvola ripiena. Il tempo di sparizione nel mio stomaco è stato di cinque secondi netti.
Mi sono guardato allo specchio. Avevo la faccia di chi si era appena sballato. E ora non passa giorno che non ne voglia ancora e ancora e ancora.
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