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Musumeci: synth wave e muri sonori nella Torino anni Ottanta

Di minimal synth e scenari sintetici, degenerati dal giro dark/goth in Italia negli anni Ottanta, abbiamo parlato in abbondanza neanche troppo tempo fa, tramite le testimonianze di alcuni dei protagonisti del settore, con sede a Milano e Firenze. Torino—è da più o meno un anno che periodicamente finiamo a parlare di Torino, non possiamo farci nulla—era stata nominata marginalmente da Alessandro Adriani, con riferimento alle ristampe sulla sua Mannequin Records, di alcuni algidissimi lavori di uno strano complesso EBM-synth wave locale, con un passato punk/anarcopunk: i Musumeci. Il nome è un calzante riferimento a Pietro Musumeci, agente segreto e membro della P2, condannato nel 1980 per depistaggio delle indagini sulla strage di Bologna. Il gruppo si è formato nel 1985 in origine da una decisione di Mauro Massaglia e Franco Gilardi, ex membro degli Errata-S-Corrige, a cui si sono aggiunti sei mesi dopo Laura G., ex tastierista di Rude Pravo assieme a Mauro, e Paolo C. Tra l’85 e l’86 hanno prodotto, registrato e suonato live tracce che erano aspri conglomerati di industrial, coldwave e critica sociale in pieno stile Cabaret Voltaire/Throbbing Gristle. Non partivano da zero; tra il 1981 e il 1984 sono continuate a uscire release dei rispettivi side project sotto l’etichetta di loro fondazione Der Zeltweg, più dedita a sonorità industrial/noise sperimentale.

Mannequin tra il 2013 e il 2015 si è occupata di ristampare per intero tutti questi lavori, a partire da Schwarz/Zusammen, a Harry Batasuna/Untitled con tanto di edit di An-I. La componente misterica attorno alla loro figura è prevedibilmente altissima, e poiché in quegli anni sono stati tra i gruppi che hanno contribuito a rendere Torino la Sheffield italiana, quando mi si è presentata la possibilità di intervistarli per iscritto, ho solo gioito. Questo il mio breve ma intenso scambio epistolare con Mauro Massaglia.

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Noisey: Come avete iniziato a fare musica e da che ambiente arrivavate?
Mauro Massaglia: Musumeci nascono come costola di Rude Pravo (classica band genere Cure/Joy Division), i nostri inizi sono piuttosto variegati ma tutti riconducibili al punk/post punk e musica elettronica. Quando con Giulio Gallo Pecca e Franco Gilardi formammo il gruppo, l’intenzione era di sostituire il classico trio rock “basso-chitarra-batteria”, con “sintetizzatore-batteria elettronica-effetti” cercando di ottenere un impatto sonoro simile ad una punk-band.

Mi sapete contestualizzare la Torino di metà anni Ottanta? In che modo le “scene” interagivano tra loro, e quali erano gli eventuali punti di contatto?
Molto stimolante, moltissimi gruppi ma tutti in ordine sparso. I riferimenti erano Radio Flash che trasmetteva new-wave a manetta ed alcuni locali che organizzavano concerti. Più che le “Fanzines” era Rockerilla il nostro magazine di riferimento.

Di minimal synth in Italia e suo sviluppo abbiamo parlato qui cosa potreste aggiungere secondo la vostra personale esperienza? Avete avuto contatti con gli artisti qui citati?

Il punk aveva un modi di aggregare molto materico, condizionato dalla stessa irruenza di musica e attitudine. La scena wave, specie quella aperta all’utilizzo di sintetizzatori, si incarnava in forme ancora diverse. Come vi muovete al suo interno? Facevate live e se sì, dove?
È vero, per molti versi ’uso dei sintetizzatori all’epoca significava O.M.D. o cose simili; la nostra intenzione, almeno nella prima formazione con Giulio, era invece il “muro sonoro”, l’uso di una lingua non convenzionale: il tedesco per colpire chi ci ascoltava. Il nostro primo concerto fu in un giardino pubblico: ricordo il volume assordante e la gente che non capiva da dove uscisse il suono dietro il cantante… c’era solo un sintetizzatore Korg da una parte e un registratore a bobine dall’altra. Successivamente, con l’ingresso di Laura Garrone e l’uso di strumenti più sofisticati ci siamo spostati verso suoni più complessi con qualche caduta dance (Blue Monday dei New Order aveva lasciato il segno…)

Esisteva una percezione del ballo come elemento arricchente dell’esperienza musicale che si distanziasse dal mondo delle discoteche? È indicativo che oggi, in questo senso, se ne tragga maggior vantaggio che allora, perché oggi gli input dance sono infinitamente più numerosi, mentre all’epoca una congiunzione tra new wave ed elettronica poteva suonare—e suonava—molto più rivoluzionaria, per quanto “oscura” rispetto alla norma.
Sì, ma personalmente non mi entusiasmava, stava diventando di moda… Prima che Giulio morisse in un incidente in moto, stavamo studiando un’altra mutazione, qualcosa tipo drum machine/basso/sintetizzatore alla Sisters of Mercy per intenderci.

Com’è nata l’idea dell’etichetta e come l’avete messa in pratica? Raccontami il percorso di Der Zeltweg.
Der Zeltweg è sostanzialmente il registratore a bobine quattro tracce su cui ho inciso tutte le mie esperienze musicali: Psychopatic Blossom, HerpesZ, Gasdehyde, Rude Pravo, Musumeci, Urban Wastes e Susan’s Lips.

La stampa, anche indipendente (fanzine), si è mai interessata ai vostri lavori? Mi diceva Alessandro che vi ha intervistato la Redbull Music Academy.
All’epoca mandammo cassette–presentazioni varie da tutte le parti ma senza riscontri. Ricordo qualche passaggio radiofonico e poco altro, solo grazie ad Alessandro tutto il nostro lavoro è stato pubblicato. È stato fantastico.

Dai testi si intuisce una vostra lecitissima dedizione politica alla musica, cosa che nella minimal wave italiana di quegli anni, a meno di non appartenere alle correnti punk/anarcopunk, era abbastanza rara. Quali sono i principali messaggi che volevate trasmettere in quella forma?
Molto interessante, venivamo da idee che spaziavano dall’estrema sinistra all’anarchia, personalmente mi piacevano molto i testi di Gang of Four e, perché no, degli Area! Almeno all’inizio l’idea era di portare alla luce la parte buia della società italiana: servizi deviati, stragi impunite, personaggi misteriosi (Musumeci) ecc..

Che ne pensate delle produzioni o degli arrangiamenti recenti che attingono proprio dallo stile da voi adottato ai tempi? Ci sono artisti di oggi che seguite in particolare, o etichette? Vivete ancora a Torino? Come è cambiato l’underground locale, e in generale l’approccio alla produzione di musica elettronica, anche collegata alla nuova realtà del clubbling?
Mi fa molto piacere sentire artisti di oggi manipolare il suono in modo simile al nostro, quello che può fare oggi un computer era per noi impensabile. Purtroppo sono passati moltissimi anni e la vita mi ha portato a fare cose diverse, non sono più aggiornato sulla Torino by night… dovrei chiedere a Magda, mia figlia.

Grazie mille Mauro, e a presto.
Ringrazio voi ancora dello spazio che dedicate ad una parte della mia vita, stimo e ringrazio Alessandro che riesce a promuovere cose molto valide.

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