Pistoia è una città in cui il rapporto qualità prezzo per l’offerta gastronomica pare saltato da un po’ di tempo, insomma spesso si spende troppo per quanto viene offerto, soprattutto in centro, ma ci sono alcune eccezioni.
La più luminosa è certamente quella della pizzeria La Fenice, un locale storico rilevato più o meno tre anni fa dal pizzaiolo Manuel Maiorano, che ha deciso di portare in città uno dei più riusciti esempi di pizza contemporanea, non rinunciando, accanto a questa, a continuare a offrire una ampia scelta di pizze “classiche”, proposte con una certa varietà di stili, da quelle di impostazione più napoletana, con cornice pronunciata, a quelle basse, con fondo tendente al croccante, romane insomma—Maiorano è del resto un grande appassionato di tecniche di impasto.
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Metto subito le mani avanti, non ho certo scoperto io questa pizzeria, eppure sono forse uno dei primi a scrivere della proposta più allucinante del suo menu: la sezione Uramaki Fusion Pizza. Proprio qui si incontrano pizza e sushi e anche se a proporre questa sintesi è un pizzaiolo di grande manico l’azzardo è comunque notevole.
“Gli uramaki-fusion-pizza”, mi dice Maiorano “sono nati da un’analisi che ho fatto durante il lockdown. Volevo creare qualcosa che si avvicinasse a un prodotto fusion che mangiato freddo desse una sensazione diversa rispetto alla pizza, al panino o al sushi”. Appena nata la nuova versione di La Fenice infatti Maiorano si è trovato a fare i conti col fatto che nessuno poteva andare al suo locale, e ragionando un po’ sul mercato del delivery ha provato a unire i flussi delle due ordinazioni che andavano per la maggiore. “Tra questi prodotti l’unico che viene servito freddo è il sushi, invece la pizza messa nella confezione e portata a casa non mantiene la stessa qualità che provi al ristorante. Ho pensato così di analizzare i vari elementi che caratterizzano il sushi e trasfigurarli in chiave pizza”.
La sfida—e posso dirvi che dal mio punto di vista è vinta—era soprattutto quella di sostituire l’uruchimai, vale a dire il tipo di riso usato come base per il sushi, e non farne sentire la mancanza una volta piazzato al suo posto un lievitato. “Il riso l’ho sostituito con l’impasto della mia focaccia al vapore, fatta con una cottura che mantiene il prodotto croccante anche da freddo e poi, passando ai vari topping, ho usato per la maggior parte prodotti italiani: dalla carne al pesce al pecorino alla cipolla croccante, impiattati però in modo da far pensare al sushi”. In menu attualmente si trovano quattro proposte: Rosso di Sera (sashimi di salmone, philadelphia, mandorle tostate, salsa guacamole, polvere di limone); Marco Polo (sashimi di tonno marinato in salsa di soia, alga wakame, sesamo, mayo all’erba cipollina e pistacchio); Radici (battuta al coltello di Fassona, cipolla croccante, fonduta di pecorino di grotta, salsa teriaky e gocce di sriracha); Ebi (gambero fritto in tempura, salsa agrodolce, stracciatella spicy, valeriana).
In realtà, oltre all’aspetto, benché in gran parte di provenienza italiana, anche le scelte dei topping e, in qualche caso, la loro stessa selezione, costituiscono un omaggio esplicito e chiaro alla cucina giapponese. “Non potevo rimanere estraneo al modello e quindi ho voluto trattenerne qualche elemento, come l’alga Wakame, o la salsa Teriyaki, che danno una nota orientale a una tartare di manzo o a un tonno crudo, o anche il gambero con la pasta kataifi, che ricorda un po’ il gambero in tempura. Quando lo mangi la sensazione non è quella di mangiare il sushi ma di assaggiare qualcosa di diverso che non capisci se è pizza o sushi, quindi vai a degustare un prodotto che puoi abbinare indifferentemente a un cocktail o a una bollicina, e che riesce a sorprenderti quando lo mangi”.
Del sushi gli spicchi o i tranci di pizza di Maiorano conservano anche il sintetico equilibrio e l’assoluta autosufficienza, un tratto questo per altro tipico anche della pizza contemporanea, insomma in ogni morso c’è tutto, con tanto di kick leggero e fragrante garantito dalla cottura al vapore della pizza. L’idea, mi spiega Maiorano mentre decido di assaggiare praticamente ogni cosa proposta in questo menu, viene in realtà da lontano, anche perché lui di pizze da degustazione cotte al vapore ne proponeva anche da prima con una un menu chiamato Spicchi d’aria.
Spicchi d’aria si inserisce nel solco della pizza contemporanea, impasto lieve e altissimo, leggero, qualcosa di simile si può assaggiare a Storie DiPinte a Bologna, per fare un esempio tra i (non) tanti, e Maiorano mi conferma di aver incluso i suoi Uramaki in questo menu perché “anche essendo diversi, fanno un po’ lo stesso lavoro, danno cioè un senso di convivialità, dando modo di aprire il pasto, commentare quello che stai mangiando e condividerlo. Se ordini una margherita mangi quella e hai finito, invece in questo caso si tratta di un percorso, ti arriva la prima portata la assaggi e ne cominci a parlare coi commensali: stai dando una nota diversa alla serata”.
Come a questo punto sarà chiaro Maiorano con gli impasti ci sa fare, la cosa interessante oltre agli effetti organolettici che si prefigge di raggiungere— le sue pizze al vapore sono eccezionali, così come le sue napoletane— è il focus che pone al centro dei suoi tentativi, che è quello della digeribilità. “Cerco di creare un percorso salutare. Negli anni è aumentata la celiachia, ci sono vari tipi di diabete, malattie dovute a una certa ignoranza in fatto di cibo, anche da parte dei pizzaioli, perché non sapendo utilizzare le farine a volte propongono prodotti con una W [è il valore che indica la forza della farina] troppo alta, magari con poche ore di maturazione, quindi qualcosa di altamente proteico a degli stomaci che non sempre riescono a smaltirli nel modo corretto”.
È a questo punto importante segnalare l’altissimo tasso di digeribilità delle sue pizze, che non restano mai sullo stomaco, direi quasi indipendentemente da quante se ne mangino. Posso dirlo perché una sera ho davvero esagerato senza pagarne alcuna conseguenza la notte successiva. “I miei impasti”, continua lui “sono a base di farine a basso contenuto proteico, il lavoro lo facciamo sulla qualità del grano. Non uso farine forti perché non mi piace dare quest’effetto di gommosità al prodotto e di spossatezza a fine pasto, voglio che la mia pizza sia digeribile in poco tempo. Qui lavoriamo con vari tipi di macinazione e vari tipi di farine semi-integrali, di tipo 1, di tipo 2, e di tipo 0 —non uso la 00 ma non perché faccia male di per sé, come in ogni cosa è l’abuso a far male, non la farina 00 in sé”.
Sulla sua ricerca e i suoi maestri, Maiorano racconta: “mi sono appassionato al lavoro di professionisti come Simone Padoan, Mario Cipriano, Franco Pepe, Francesco Martucci e tanti altri che mi hanno portato a cercare la mia identità. Da me la Margherita la trovi, a 6 euro, con prodotti di qualità, pomodori Sanmarzano, fiordilatte di Agerola ma la mia clientela preferisce affidarsi al mio studio in fatto di abbinamenti e di impasti e fare un’esperienza”. Di pari passo col maturare della proposta è cambiata anche la risposta della clientela, dai primi tempi in cui andavano per la maggiore le pizze classiche sottili e croccanti, si è arrivati allo sbocciare di un vero amore per la proposta contemporanea, il tutto per altro accompagnato da ottime possibilità di abbinamenti con bollicine e birre artigianali, le cui carte sono ricche e studiate con sapienza.
Sfogliando il menu estivo è impossibile non costringere Maiorano a dire due parole per lo meno su quella che è la proposta più sorprendente, la focaccia al vapore “Osteria Chic”, i cui spicchi arrivano in tavola accompagnati da una ciotolina di gelato al peperone. “In fondo”, mi dice Maiorano “è una rivisitazione del crostino con acciughe e burrata, l’idea è nata un giorno a pranzo da mia suocera, che aveva fatto i peperoni sott’olio e me li aveva serviti insieme alle acciughe. Ho pensato di proporre lo stesso abbinamento anche in pizzeria, rielaborato: così in tavola arriva la focaccia calda con burrata e alici, e una ciotolina di gelato al peperone.”
La tecnica che ho provato io è la seguente, senza far vacillare il topping eseguite un taglio nell’alta focaccia e spalmate nel solco il gelato, l’impressione è quella di una brioche siciliana ripiena di gelato, il tutto per l’istante necessario alle papille gustative di rendersi conto che la cremosità è raddoppiata dalla stracciatella; il boccone viene poi fatto esplodere dalla sapidità delle acciughe. Commento tecnico: PZSC
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