Oh, finalmente un disco con delle chitarre, cazzo. Era da un pezzo che non ne recensivo uno, segno dei tempi.
Il rock probabilmente è morto, ne parlavo ieri con un amico al bancone di un bar. Adesso i pischelli preferiscono i DJ, i rapper, magari il karaoke, roba così. Nessuno si sognerebbe di prendere una chitarra e fare casino in un garage se non una piccola parte che probabilmente equivale alla percentuale di chi nei favolosi Settanta/Ottanta smanettava con l’elettronica quando tutti stavano in fissa con gli AC/DC o i Queen. Si è ribaltato tutto, ed ecco perché il nuovo disco degli Half Japanese è importante.
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Sì, ovvio, non è niente di nuovo sotto il sole, ma qui non è il nuovo ad interessarci, bensì quello che è. E Jad Fair È. Potrebbe scrivere anche una cantilena per far addormentare sua nipote in cinque minuti, magari sul cesso, e sarebbe comunque un capolavoro. Basta ascoltare questi brani che passano da rock garage distrutto a canzoni pop orchestrali uscite dal cilindro del cappellaio matto (sì certo, c’entra anche Barrett), a roba che sembra l’upgrade di Joe Meek, a psichedelia imprevedibile condita da suoni elettronici più o meno cheap. Canzoni che sembrano ispirate anche prima di premere play, i cui testi sono diretti e senza alcun tipo di maquillage, con un certo piglio infantile da stato dell’arte della purezza, da fanciullino di Pascoli.
Su tutto si riversa un ottimismo che sembra fuori dal tempo e dall’attualità, se pensiamo a quanti musicisti fanno i piagnoni oggigiorno (e soprattutto quelli il cui conto in banca cresce esponenzialmente al loro lamento). La domanda è lecita: perché no? Perché non possiamo farcela prendere bene? Perché non possiamo fare quello che vogliamo nonostante i tempi che corrono? La risposta è chiara, perché abbiamo paura. Il messaggio di Jad è quello di bypassarla, imbracciare uno strumento e imparare ancora a stupirsi del fatto di essere vivi.
Ma a stupirci poi è questo disco, che dopo tutti questi anni (40?) dalla fondazione degli Half Japanese ha ancora moltissime cose da dire ed entra a tutti gli effetti tra i classici. Perché il rock non si può fermare.
Why Not? esce venerdì 19 gennaio per Fire.
Guarda il video della title-track “Why Not?”:
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