Father Ted e i preti di una volta

Da dieci anni a questa parte i comici hanno parlato molto spesso della Chiesa Cattolica in riferimento allo scandalo pedofilia o alle conseguenti strategie da adottare per riprendersi dopo lo scandalo pedofilia. Già di per sé, la religione è un ottimo argomento per la comicità perché manca di basi solide, i frequentatori sono spesso freak, e a volte ha a che fare con il potere politico o economico. Quando a questi elementi si aggiunge un qualsiasi tipo di scandalo, l’argomento diventa oro puro per chiunque faccia satira. Non solo perché è un argomento forte, ma perché diventa facilissimo. Diventa “i nazisti”, o “Berlusconi”. Il problema è che dopo una decina di anni di variazioni sul tema, le uniche cose che possono farti ridere a riguardo sono battute di magnifica costruzione, oppure la fedeltà cieca verso un comico-capo carismatico (tipo quelli che ridono alle battute di Grillo successive al 16 gennaio 2005). Comunque, c’è un’altra ragione per cui è facile prendere di mira presbiteri e diaconi: se la vanno a cercare.

Ma non volevo parlare di questo. Volevo ricordarvi di quel periodo in cui ridevamo dei preti cattolici per quello che erano a un’analisi superficiale: dei signori celibi in sottana che vivono tra loro e hanno a che fare in continuazione con umanità varia, collocati in una dimensione temporale parallela e immutabile rispetto alla nostra. Infatti è solo la cronaca a far percepire “vecchia” una sitcom come Father Ted (oltre al formato in 4:3 e l’assenza di sottotitoli su ITASA).
Father Ted è una sitcom trasmessa su Channel 4 dal 1995 al 1998, scritta da Graham Linehan e Arthur Mathews—anche autori di Hippies e di The IT Crowd (quest’ultima solo Linehan)—che racconta le vicende di tre preti cattolici irlandesi: Father Ted Crilly, parroco della chiesa sulla fittizia Craggy Island; il suo  incapace aiutante Father Dougal McGuire; un prete anziano burbero/alcolista/maniaco/bestemmiatore Father Jack Hackett, che non solo è il miglior personaggio della serie, ma è uno dei migliori anziani mai apparsi in una sitcom.

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Capite perché dico così bene di Father Jack? Poi ci incontriamo da qualche parte e parliamo per ore di quel copridivano con Gesù.

La storia si basa sull’incapacità di Ted di essere un punto di riferimento per la comunità, la frustrazione di vivere in un’isola dove i denti degli abitanti sono più gialli dei raggi del sole nei disegni dei bambini, e sui rapporti problematici con gli altri personaggi. Sono tre serie da otto puntate ciascuna, ed è molto più divertente di come sembra dalla mia frase precedente—ci sono dei résumé fatti da altri a testimoniarlo.

L’attore che interpreta Ted è Dermot Morgan. In un’intervista concessa verso la fine delle riprese della terza e ultima stagione, Morgan disse di essere felice del successo della sitcom, ma voleva smettere di fare il prete per non rimanere incastrato in quel ruolo. A due settimane dalla fine delle riprese morì di attacco cardiaco, a 45 anni.
Qui potete trovare la prima parte al documentario Small, Far Away, girato a 15 anni dalla fine della sitcom. Il titolo è ispirato a questa scena:

Mentre l’Inghilterra dimostrava per l’ennesima volta la propria superiorità nel fare serie comiche, noi ciucciavamo delle goleador alla frutta all’oratorio assediati da questi personaggi che tutto sembravano tranne potenzialmente divertenti. Tra i tentativi minimamente rilevanti dello stesso periodo che non avessero a che fare con satira politica ricordo:

– Padre Leone Stella, da Tutti gli uomini del deficiente—personaggio ingiustamente sottovalutato di un film altrettanto ingiustamente sottovalutato.

– Luca Laurenti in Don Luca—una delle svariate sitcom italiane che ci permetterebbe di discutere di un complicato paradosso: quando qualcosa creato per far ridere non fa ridere grazie alla scrittura o alla recitazione, ma per il suo non far ridere, ha comunque ragione di esistere come “fatto comico”? Esiste una parola tedesca per esprimere questo concetto?

– Padre Boffo di Corrado Guzzanti—una sola apparizione a Il Caso Scafroglia, mercoledì 13 novembre 2002. Ennesima dimostrazione che un prete sbronzo è meglio di un prete sobrio, o che si dovrebbero creare delle chiese per celebrare l’esistenza di Guzzanti.

E poi il nulla, a parte quello che vi dicevo all’inizio. Se questo sia un bene o un male non lo so (cioè, lo so, ma i miei genitori cattolici praticanti potrebbero leggere in questo momento e colgo l’occasione per salutarli), un unico appunto: la discriminazione nei confronti delle suore è oltraggiosa, dato che sono evidentemente ottimo materiale comico e sono biologicamente impossibilitate a inculare.