A volte, dare un nome a una cosa ci permette di darle la giusta importanza. Il termine “stealthing” (letteralmente, “agire furtivamente”) viene usato per indicare la pratica di togliersi il profilattico di nascosto durante un rapporto sessuale. Non è un termine molto usato, ma uno studio australiano ha scoperto che il 18 percento delle donne e il 4 percento degli uomini ne sono stati vittime; soltanto l’1 percento del campione l’ha poi denunciato alla polizia.
Per quanto non sia tecnicamente illegale in grandissima parte del mondo, è una forma di abuso sessuale—si tratta di un atto che avviene senza il consenso del partner—e vari “stealther” sono stati condannati in Svizzera, Germania e UK.
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Le conseguenze dello stealthing possono essere fisiche—come MST o gravidanze indesiderate—ma anche psicologiche, in quanto molte vittime raccontano di aver provato senso di vergogna e di colpa. Ho parlato con sei persone che sono state oggetto di stealthing, e alcune mi hanno detto che è stato proprio il fatto di dargli un nome che ha permesso loro di comprendere l’accaduto.
Attenzione, contenuti sensibili: questo articolo contiene descrizioni esplicite di violenza sessuale.
Avaar*, 26 anni, Amsterdam
Quando avevo 20 anni, sono andato a letto con un tipo che conoscevo. Non eravamo amici, ma giravamo negli stessi ambienti. L’ho invitato a casa e abbiamo iniziato a baciarci. Dopo un po’ è stato il momento di decidere chi sarebbe stato attivo. Io avevo un solo preservativo, quindi gliel’ho offerto. Lui ha proposto di fare a meno, ma io ho detto di no. Quando abbiamo iniziato a fare sesso, si fermava ogni minuto “per riaggiustarsi il preservativo.” Ho chiesto un paio di volte se se lo fosse tolto e lui ha risposto di no. Abbiamo continuato per un po’ e, alla fine, quando mi sono sdraiato, ho sentito qualcosa di strano sulla schiena. Era il preservativo.
Lui si è messo a ridere e ha detto: “Ops! Dev’essersi sfilato.” Io ero disgustato. Gli ho chiesto da quanto lo stavamo facendo senza e lui ha risposto che non lo sapeva. Gli ho chiesto se aveva delle MST e lui mi ha aggredito, urlando: “Pensi che sia sporco? Mi sarei fermato se avessi qualcosa. Mi offendi.” Io non sapevo che cosa dire, così gli ho chiesto di andarsene. Mi ha detto di non pensarci più e ha promesso che avrebbe tenuto il preservativo addosso la prossima volta. Io l’ho ignorato. Mentre usciva mi ha chiamato “drama queen”. Mi veniva da vomitare. Sono entrato in doccia e mi sono pulito ossessivamente per un bel po’. Poi ho preso un appuntamento per un test delle MST.
Il giorno dopo ho pranzato con un’amica e gliel’ho raccontato. Non è rimasta sorpresa come credevo, e mi ha detto che stavo esagerando. Alla fine mi sono convinto che non fosse poi così grave e non l’ho mai più detto a nessuno. Penso che nella comunità gay ci si aspetti che tu stia attento, ma c’è anche la filosofia del “sei gay, smettila di lamentarti e fa’ sesso spericolato.”
Mona*, 28 anni, New York
Era inglese, gentile, educato. Siamo arrivati a casa sua e mi ha offerto del tè coi biscotti.
Non riusciva a mantenere l’erezione, cosa per cui dava la colpa al “johnny”. Io ho continuato a insistere perché usassimo un preservativo. Sapevo che era stato con molte ragazze, e non mi andava di dover andare dal dottore. Eravamo sotto le lenzuola e lui mi è salito sopra—i suoi problemi erano magicamente svaniti—così, dopo poco, mi sono insospettita e gli ho chiesto se aveva ancora il preservativo.
Lui ha fatto un sorriso innocente e ha detto: “Non è meglio così?” E la risposta è sì, neanche a me piace il preservativo. Ma la risposta è anche: “Hai mai sentito parlare dello scolo? Dell’herpes genitale? Dell’HPV? Pidocchi? Mai sentito nominare l’epidemia di AIDS? Sai come si fanno i bambini? Ti hanno mai insegnato il rispetto? Fai tutto il beneducato, ma dov’era tutta questa educazione quando mi hai infilato il pisello tra le gambe? L’avevi lasciata nella teiera?”
È la prima volta che sento il termine “stealthing” e non mi piace. Non mi sembra che fotografi adeguatamente l’azione. Suona come un giochetto di prestigio e non come la violazione schifosa e opportunista che è. Mi vengono in mente alcuni altri nomi: “sleazing”, “scuzzing” (letteralmente: “fare lo schifoso”)—ma sarebbe ancora meglio chiamarlo col suo nome: abuso sessuale.
Elisabeth, 46 anni, Vienna
Ho conosciuto un ragazzo tedesco a un concerto. Ho messo bene in chiaro che non usavo contraccettivi ormonali ma solo preservativi. Lui ha detto che non era un problema per lui e che la proteggersi era importante. Siamo finiti a letto al primo appuntamento e lui ha portato esattamente gli stessi preservativi che avevo portato io, anche della stessa marca. Gliene ho messo uno e abbiamo fatto sesso. Dopo, mi stavo alzando per andare in bagno e gli ho detto di darmi il preservativo da buttare. Lui ha indicato il bordo del letto e ha detto: “me lo sono tolto perché non mi piaceva.” Sono saltata giù dal letto e ho sentito una goccia scendermi lungo le cosce.
Sapevo di essere nella fase di ovulazione. Rimbalzavo tra rabbia cieca e orrore. L’ho aggredito, rimproverandolo. Lui si è girato dall’altra parte senza rivolgermi la parola.
Ovviamente, sono rimasta incinta. In quel periodo ero single e avevo già due figli e non potevo permettermene un terzo. Lui non voleva credermi—mi ha detto che non aveva mai messo incinta nessuna e come faceva a sapere che fosse proprio suo. Io non avevo abbastanza soldi per pagarmi l’aborto, che costava 450 euro. Mi sono inventata una scusa, mi sono fatta prestare i soldi da mio padre e mi sono sottoposta alla procedura.
Ho mandato una copia della fattura al suo indirizzo di lavoro, uno screenshot del messaggio che mi aveva mandato in cui diceva quanto fosse importante per lui usare i preservativi e il mio IBAN. Gli ho anche detto che la prossima volta avrei potuto dimenticarmi di scrivere “corrispondenza privata” sulla busta. Lui mi ha fatto un bonifico per metà del costo dell’aborto. Ovviamente avrei preferito che avesse pagato per l’intera somma, ma almeno ho recuperato un minimo di controllo sulla mia vita.
Nina*, 32 anni, Londra
Dopo la festa di Natale del mio ufficio, il mio capo e io siamo finiti a casa mia. Lui è sposato, ma mi ha detto che si tratta di una relazione “aperta”. Se questo sia vero, non lo so.
Gli ho dato un preservativo e gli ho detto che non usavo la pillola. È finito tutto piuttosto velocemente e poi siamo stati lì coricati per un po’. Quando mi sono alzata per andare in bagno ho visto il preservativo sul pavimento. Confusa, gli ho chiesto se era venuto. Lui ha risposto: “Oh, il preservativo si è sfilato. Ti sono venuto dentro, ma non ti preoccupare, sono pulito.”
Ho iniziato a dare di matto, urlando e cercando di spiegare perché era una cosa così sbagliata. Ho controllato Clue, la app che uso per tenere traccia del mio ciclo mestruale, e la situazione è peggiorata perché ho scoperto di essere in fase di ovulazione. Sono giustamente andata in crisi totale.
Senza battere ciglio, mi ha detto di prendere la pillola del giorno dopo—una cosa che non facevo da 10 anni perché non è il metodo anticoncezionale che preferisco. Sembrava che non gli fregasse un cazzo delle ripercussioni che le sue azioni potevano avere sulle vite di entrambi. Lui è andato a casa, io sono andata a letto. Quando mi sono svegliata, ero in preda al risentimento e al rimpianto.
Già andare a letto col tuo capo sposato non è l’ideale. Ma ciò che ha reso il tutto ancora più complicato è stato doverlo vedere al lavoro e sapere che quella notte è finita in modo non consensuale.
Mirko, 27 anni, Vienna
Sono uscito con un tipo di 35-40 anni che avevo conosciuto su Grindr. Ci siamo ubriacati e non mi sono accorto che si era tolto il preservativo mentre facevamo sesso—ma l’ho sentito quando è venuto dentro di me. Ero incazzato nero, lui ha cercato di calmarmi. L’ho sbattuto fuori di casa in mutande e gli ho lanciato i vestiti.
Il giorno dopo, ho ragionato bene su quello che era successo e gli ho mandato un messaggio. Lui mi ha bloccato, che è una mossa alquanto cattiva. Ai tempi non ero al corrente dell’esistenza della PrEP per la profilassi dell’HIV [che si può assumere preventivamente]. Le sei settimane che ho dovuto aspettare per il test sono state le peggiori della mia vita, ma alla fine sono risultato negativo.
Lisa, 30 anni, Melbourne
Sono andata a letto con un amico di un amico. Sembrava carino. Dopo, ho notato l’assenza del preservativo che gli avevo visto indossare. Verrebbe da pensare che la nostra prossimità sociale mi avrebbe protetta da una cosa di questo tipo. Ero giovane e ricordo di aver riso nervosamente dopo che lui aveva confessato quello che aveva fatto, dicendo una cosa tipo: “Ooops. Sono un birbante.”
Io prendevo la pillola. Ma lui non lo sapeva. Ci ho messo anni per maturare e capire il vero messaggio che sta dietro lo stealthing: “Non m’importa niente se resti incinta o ti prendi una malattia. Il mio momento di piacere è più importante della tua salute.” È questo che fa male.
*Alcuni nomi sono stati cambiati per proteggere l’identità degli intervistati
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