Dopo i “bambolotti” del naufragio di inizio luglio nel Mediterraneo centrale, la nuova fissa dei segugi italici che hanno il tricolore nel nickname sono le “unghie laccate” della migrante salvata al largo della Libia dalla nave della Ong spagnola Proactiva Open Arms.
Faccio un brevissimo riepilogo. La scorsa settimana Josefa, questo il suo nome, ha passato due giorni in mare prima di essere recuperata da un volontario spagnolo; e se i soccorsi avessero tardato qualche tempo ancora, non ce l’avrebbe fatta: la donna, originaria del Camerun, presentava gravi sintomi di ipotermia.
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Visto che non è ancora chiaro cosa sia successo il 16 e 17 luglio—e nonostante il Viminale abbia promesso di portare prove che smentirebbero la versione di Open Arms (prove che nessuno ha ancora visto)—la testimonianza di Josefa è fondamentale. Attualmente la donna si trova in Spagna, ma è ancora molto provata. E le poche parole che ha detto alla stampa sono state queste: “Siamo stati in mare due giorni e due notti. Sono arrivati i poliziotti libici. E hanno cominciato a picchiarci.”
Questa, almeno, è la realtà per come è stata raccontata da chi era sul posto. Dalle camere di mezza Italia, invece, è uscita fuori una realtà parallela che recita più o meno così: è impossibile sopravvivere per 48 ore in mare aperto; in più, Josefa—secondo le perizie medico-legali effettuate a mezzo Facebook—non presenta segni evidenti sul corpo; ergo, è tutta una messinscena orchestrata dalla propaganda “sorosiana” e “immigrazionista” per mettere in imbarazzo il governo italiano.
E sapete qual è la prova regina di questa montatura? Proprio loro: le “unghie laccate.”
Per tutto il weekend, sui social sono circolate foto e screenshot della mani di Josefa, accompagnate da “riflessioni” di questo genere: “#Josefa scappa dalla guerra, ma si è pitturata le unghie.”
Ai “dubbi” si affianca anche un feroce bodyshaming (“una cicciona che si smalta unghie sott’acqua”),
Nonché un’irresistibile ironia: “Grazie a #Josefa ho capito che quella stronza che mi fa le unghie è un’incapace.”
A coronare il tutto è poi arrivata la vignetta dell’immancabile Ghisberto—colui che riesce a tradurre in immagini le pulsioni più nere e bestiali dell’opinione pubblica italiana.
Ovviamente, la spiegazione è molto banale. Come ha scritto su Twitter la giornalista Annalisa Camilli di Internazionale, che era a bordo della nave, “Josefa ha le unghie laccate perché nei quattro giorni di navigazione per raggiungere la Spagna le volontarie di Open Arms le hanno messo lo smalto per distrarla e farla parlare.” E quando è stata soccorsa, ovviamente, non ce l’aveva.
Insomma: l’unica cosa davvero tangibile in questa storia non sono le “fake news” dei “buonisti.”
È invece la creazione di un senso comune distorto, alimentato da dettagli insignificanti—che assume però una rilevanza spropositata—e complottismo delirante. E, soprattutto, è anche un’altra cosa: un razzismo sempre più sbandierato, rivendicato e vomitato a palate sulle vittime.