Cultura

L’esperimento che vuole spiegare perché ai gatti piace sedersi su oggetti e mobili quadrati

I gatti adorano sedersi sugli oggetti dalla forma quadrata, come guidati da un istinto primordiale. Una nuova ricerca prova a spiegare perché.
Daniele Ferriero
traduzione di Daniele Ferriero
Milan, IT
Gatto in una forma
Fotografia di copertina per gentile concessione di Gabriella Smith

I gatti sono piuttosto famosi per infilarsi in un qualsiasi spazio, soprattutto se piccoli, chiusi e ristretti: scatole, ceste dei panni, cestini e contenitori vari. Come hanno dimostrato parecchi video virali, scatenando lo sconcerto e la perplessità di chiunque, i gatti possono persino decidere di sedersi su una superficie piana dalla forma quadrata. L’esame di questo strano fenomeno è proprio alla base di una nuova ricerca.

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Alcuni studiosi della CUNY, la City University of New York, e della School of Psychology and Public Health in Australia, hanno deciso di studiare le capacità cognitive dei gatti, e nello specifico se sono in grado di percepire le illusioni ottiche dalla forma quadrata. Hanno scoperto che le scatole non hanno bisogno di essere tridimensionali per attirare un gatto: questi felini possono volersi accomodare persino in un quadrato realizzato con del nastro adesivo o addirittura sull’illusione ottica di un quadrato.

La ricerca, intitolata If I fits I sits: A citizen science investigation into illusory contour susceptibility in domestic cats [Se c’entro, mi siedo: un’indagine scientifica partecipativa riguardante la sensibilità dei gatti domestici alle sagome illusorie], è stata pubblicata ad aprile 2021 su Applied Animal Behaviour Science, una rivista della Elsevier.

Per studiare i gatti domestici, gli autori si sono avvalsi di quelli di cittadini comuni—la cosiddetta “citizen science”. Un motivo importante per affidarsi a questo tipo di approccio è che il COVID-19 ha colpito proprio quando la ricerca sarebbe dovuta partire, come riportato da Gabriella Smith, l’autrice principale. “Abbiamo accarezzato l’idea di recarci in un laboratorio, ma aveva molto più senso che se ne occupassero le persone da casa,” ha sottolineato Smith. “Le case sono un ambiente più gradevole e accogliente per i gatti.”

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La squadra ha mandato a ciascun proprietario partecipante una scatola di materiali per creare tre forme distinte: un quadrato fatto col nastro adesivo, una illusione Kanizsa e un “controllo”. L’illusione Kanizsa è composta da quattro “Pac-Man” disposti in maniera tale da formare un quadrato grazie allo spazio “negativo,” come nell’immagine di copertina di quest’articolo. Il “controllo” usa sempre i Pac-Man, ma allestiti con la faccia rivolta verso l’esterno, in maniera tale da evitare l’effetto illusorio del quadrato.

I gatti si sono seduti nei quadrati Kanizsa e in quelli col nastro, ma non in quelli di controllo. Secondo lo studio, questo significa che i gatti sono idonei a una “percezione del contorno illusorio”. I contorni illusori sono segnali visivi che suggeriscono i bordi di una figura che in realtà non esiste davvero. In questo caso, l’illusione Kanizsa utilizza delle forme per contrassegnare gli angoli di un quadrato, e il cervello riempie il resto della sagoma mancante. Gli esseri umani sviluppano questo tipo di percezione intorno ai 3 o 4 mesi di vita, rafforzandola durante la crescita.

“Molti animali si sono evoluti per avere questo tipo di percezione,” racconta Smith. “Probabilmente ha a che fare con la necessità di muoversi in diversi scenari. Abbiamo tutti bisogno di sapere quando non è il caso di finire contro un albero o giù da un precipizio.” Tale tipologia percettiva è stata studiata in molte altre specie, ma questo è il primo studio dedicato al fatto che il gatto domestico è sensibile ai contorni illusori in un “paradigma ecologicamente rivelante”. In poche parole: una casa invece di un laboratorio. Per quanto è dato sapere dagli autori, si tratta anche del primo studio scientifico partecipativo riguardante le capacità cognitive dei gatti, nonché il primo esame formale dell’attrazione dei gatti verso la bidimensionalità.

Un problema dell’affidarsi alla scienza partecipativa per tracciare i comportamenti dei gatti è che molti partecipanti hanno mancato il completamento del proprio studio. Come da accordi, lo studio è durato sei giorni e ogni giorno ha incluso un test di 5 minuti. I proprietari dei gatti dovevano piazzare il gatto in un’altra stanza e disporre gli stimoli visivi, con l’accortezza ulteriore di misurare il tutto con precisione per garantire l’uniformità dello studio. Poi dovevano indossare degli occhiali da sole piuttosto scuri per non fornire indizi ai gatti, prima di lasciar tornare gli animali nella stanza.

Su una quota complessiva di 500 gatti e proprietari, solo 30 hanno completato l’intero percorso della ricerca, riducendo considerevolmente la dimensione del campione. In ogni caso, in questo gruppo i gatti hanno dimostrato di preferire le illusioni con la sagoma della scatola a quelle di controllo. E tuttavia, per approfondire la ricerca sulle abilità cognitive feline, il paper raccomanda per studi futuri di chiedere ai proprietari di realizzare l’esperimento soltanto per un giorno, invece di sei, al fine di aumentare le possibilità di completare il tutto.

Inoltre, Smith aggiunge che sarebbe curiosa di capire come questa ricerca potrebbe traslarsi su animali non addomesticati. “Non sappiamo se i gatti selvatici siano sensibili a quel tipo di illusione, perché potrebbero non imbattersi in angoli e muri allo stesso modo,” conclude Smith.