L’atleta marocchino diventato italiano grazie a una petizione online

Yassine Rachik, atleta specializzato nel fondo e nel mezzofondo, è nato in Marocco e ha 22 anni. È cresciuto in Italia, e si è formato nelle file dell’Atletico Cento Torri Pavia, ma per legge è uno straniero—o almeno lo è stato fino a questa estate.

Dopo aver vinto 25 titoli nazionali su diverse distanze senza mai rappresentare l’Italia, lo scorso 15 giugno scorso Yassine è riuscito a conquistare lo status di italiano, dopo il sostegno ricevuto attraverso una raccolta firme lanciata sulla piattaforma di petizioni online Change.org.

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Raggiunta la cifra di 21mila firmatari, i deputati Khalid Chaouki e Antonio Misiani hanno infatti spedito una lettera al presidente Mattarella, che ha poi deciso di accelerare il processo di cittadinanza risparmiandogli la lungaggine burocratica. Da lì in poi, è da considerarsi italiano: “Dagli allenatori non sono mai stato discriminato, dalla burocrazia sì”, ha spiegato il ragazzo a VICE News.

Appena un mese dopo, Yassine ha vinto per l’Italia la medaglia di bronzo nei diecimila metri ai campionati europei di atletica leggera under 23, con un tempo di 28’53″99.

“Sono cresciuto in Italia, mi sono preparato in Italia, non volevo correre per il Marocco,” continua Yassine. Stando alle norme inserite nel regolamento FIDAL, la Federazione italiana di atletica leggera, possono infatti gareggiare nelle manifestazioni nostrane tutti gli atleti stranieri che vivono in Italia, con al massimo 23 anni d’età. Per indossare la maglia azzurra e rappresentare i colori anche all’estero, però, gli atleti devono per forza avere la cittadinanza italiana. E l’unico modo per acquisirla è fare richiesta.

Il padre, Said, “Ha fatto domanda quando ero appena 15enne,” spiega il giovane. “Aveva tutti i requisiti richiesti, ma il riscontro è arrivato cinque anni più tardi ed è dovuto intervenire l’avvocato quando ormai ero diventato maggiorenne.” 

“Certo, poi ho avuto fortuna – continua – e ce l’ho fatta grazie all’atletica, alla petizione e all’intervento del presidente Mattarella. Altrimenti sarei rimasto in un limbo.”

Per ottenere la cittadinanza, il richiedente deve dimostrare di possedere la residenza legale nel paese per almeno 10 anni e aver compiuto 18 anni. Un processo che in teoria richiede non più di 730 giorni d’attesa, ma che in pratica dure cinque, a volte addirittura dieci anni: solo a Bergamo, nel 2013, ad aspettare risposta c’erano 6mila persone. 

Proprio la provincia di Bergamo è lo scenario della storia di Yassine. È lì nel 2004 che, insieme a mamma e fratelli, il neo atleta italiano si è trasferito in Italia per raggiungere il papà, che lavorava come operaio dal 1989 in un’azienda bergamasca. Dal Marocco a Castelli Calepio, Yassine ha cambiato paese, casa, amici, persino sport: “Prima facevo karate, all’atletica mi sono avvicinato una volta arrivato in Italia,” ha spiegato. 

“Ho iniziato grazie alle gare scolastiche, poi la disciplina mi è piaciuta e diversi allenatori mi hanno incoraggiato a proseguire. Da lì in poi non ho più smesso. Oggi correre è il mio sogno, sto crescendo e spero di poter far bene nei prossimi anni.” 

La storia di Yassine si intreccia con la cronaca nazionale recente, e si trasforma nel simbolo di un vuoto legislativo. 

Proprio in queste settimane il dibattito sulle politiche di conferimento della cittadinanza italiana ha raggiunto il suo apice con l’approvazione in prima lettura alla Camera del testo sulla “nuova” cittadinanza, con 310 sì, 66 no e 83 astenuti. Il testo del decreto, che vuole modificare la la legge 91/92 improntata all’adozione dello ius sanguinis, è ora in attesa di passare al vaglio del Senato.

Stando al ddl, dovranno essere considerati cittadini italiani per nascita i nati sul territorio della Repubblica che siano figli di almeno un genitore straniero in possesso di permesso di soggiorno Ue di lungo periodo—il cosiddetto ius soli “temperato.”

In alternativa, possono ottenere la cittadinanza anche i minori stranieri nati in Italia – o entrati entro il 12esimo anno di età – che abbiano frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti del sistema d’istruzione nazionale, o che abbiano seguito percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali (lo ius culturae).

In Italia, al momento, sono circa 800mila i ragazzi che sono nati e cresciuti nel paese, “ma che rimangono stranieri fino a quando non diventano maggiorenni, senza gli stessi diritti dei loro coetanei,” ha spiegato a VICE News Khalid Chaouki, parlamentare che ha sostenuto la causa di Yassine. 

La storia di Chaouki è per certi versi simile a quella del giovane atleta: assunto come praticante giornalista dall’Ansa, il deputato non è stato in grado di iscriversi al registro dell’Ordine dei Giornalisti—che ammette solo cittadini italiani, se non grazie a una deroga. L’ennesima eccezione. 

Secondo Chaouki, con la nuova norma le cose dovrebbero cambiare. Anche se – ammette – si è dovuto patteggiare parecchio: “All’inizio volevamo concedere il diritto di cittadinanza, chiedendo a uno dei due genitori di vivere regolarmente in Italia da cinque anni. Adesso è necessario un permesso di soggiorno Ue di lungo periodo.”

Yassine al momento si sta allenando in vista dei campionati europei di dicembre. “Faccio due allenamenti al giorno, tutti i giorni, per una media di 800mila chilometri al mese.” 

Intanto, spera che la sua storia possa essere utile. “Approvate subito la norma sullo ius soli,” si legge nell’appello lanciato da Yassine. “I bambini stranieri, che sono nati e cresciuti in Italia, devono essere considerati degli italiani. Non voglio che la mia storia rimanga una bella eccezione, ma che diventi la regola.”

I prossimi passi dell’iter sono l’approvazione della legge in Senato, e poi la verifica della sua corretta applicazione.

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Immagini per gentile concessione di Yassine Rachik