Stifmeister non ha ancora vinto

Questo post appartiene alla nostra serie sul meglio del catalogo Sky Online.

Chi l’ha deciso che guardando uno di quei film americani sulla scuola prima o poi ti deve venire un’erezione? 

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Dove è scritto che il protagonista adolescente deve per forza perdere la sua verginità con una torta da infornare?

Quanti American Pie ancora dovremo sorbirci prima di far smettere tutto questo dolore?

Siamo davvero convinti vedendo uno di questi film che sia più buona la birra nei bicchieroni di carta? 

Perché dopo aver visto una sera Un Duro per amico o Maial College mi sento così sporco che devo guardarmi almeno quattro Decaloghi di Kieslowski prima di andare a dormire? 

Sarà mai possibile un giorno una sceneggiatura talmente solida che non ci sarà bisogno ad esempio di copiare Pinocchio con al posto del grillo un pene parlante?

Esistono film dove al minuto 35 nessuno sfigato si abbarbica sul tetto pronto a lanciarsi in piscina incitato da giocatori di football e cheerleader fatti, strafatti e stratristi?

Sì, tutto questo sarebbe possibile, se qualcuno avesse visto Election di Alexander Payne. 

Difficile stabilire con precisione quante decine di persone hanno potuto vederlo alla sua uscita nel 1999, dato che la distribuzione italiana ha preferito trascurarlo pensando di trovarsi davanti a un altro film da trasmettere in prima mattinata su Italia1. Nonostante il critico Paolo Mereghetti, uno che è famoso per accendersi la pipa con questo genere di pellicole, lo definisca: “Una delle migliori commedie nere della fine degli anni Novanta,” di Election le tracce in rete sono pressoché nulle: soltanto Mymovies, il sito cinematografico che si occupa di qualunque film uscito sul pianeta Terra, riporta due recensioni. Una delle due però è sbagliata, si tratta dell’articolo di Ferzetti su Election di Johnnie To, un gangster movie del 2005. Quello neanche alle otto e mezza su Europa 7 ve lo faranno vedere.

Uno dei due motivi che ha spinto l’intellighenzia italiana a ciancicare il triacetato di cellulosa di Election e sputarlo nel dimenticatoio è la firma non-proprio-sinonimo-di-qualità-ed-eccellenza di MTV films. L’altro motivo poi che ha condannato all’oblio il film è Matthew Broderick, l’attore non-proprio-sinonimo-di-qualità-ed-eccellenza di Hollywood. 

E invece Alexander Payne in Election compie un miracolo dando all’Ispettore Gadget il ruolo migliore della sua carriera: quello di un infelice professore di educazione civica. 

Insegnante di una scuola di provincia americana Jim McAllister prepara come ogni anno i suoi apatici alunni alle elezioni per decidere il Presidente del comitato studentesco. Come Jason Swartzman del ben più famoso Rushmore, Tracy Flick partecipa a tutte le attività extrascolastiche ed è una delle ragazze più popolari della scuola. I suoi compagni essendo degli adolescenti indolenti e superficiali permettono che Tracy corra da sola per la carica di Presidente. Jim McAllister no. Ma non lo fa per insegnare ai ragazzi cosa sia il principio della democrazia. Lo fa perché odia a morte Tracy, per il suo essere nata vincente e il non aver mai conosciuto un fallimento.  

Per punire Tracy e gli stronzi come lei che pochi giorni prima dell’elezioni, Jim convince Paul Metzler, uno stupido giocatore di football molto conosciuto nella scuola, fermo per un infortunio, a rivaleggiare con Tracy. Assicurandogli la vittoria. In scia si infila anche una terza candidata, la sorella di Paul, una lesbica malinconica e grillina che disprezza tutti e a cui nessuno ha mai chiesto di partecipare. 

Election di Alexander Payne è ancora oggi la cosa giusta da fare per riappacificarci dopo anni con un genere che abbiamo smesso di rispettare dai tempi di Animal House. Siamo ancora in tempo, Stifmeister non ha ancora vinto.