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La nuova intervista di Eminem su Kamikaze, spiegata

Eminem ha da poco pubblicato il suo nuovo album Kamikaze, un progetto a sorpresa in cui se l’è presa con circa il 90% degli artisti che tutti ascoltiamo. Dai suoi testi trapelava un certo disgusto per le logiche della musica contemporanea. Nel pezzo che apre l’album dice di voler “dare un pugno in faccia al cazzo di mondo”, un insulto non particolarmente forte dato che proviene da un rapper che un tempo faceva punchline sulla necrofilia, ma comunque significativo. Eminem è arrabbiato, il che non è nulla di nuovo, ma negli ultimi giorni ha rilasciato una lunga intervista in cui ha messo in chiaro che in realtà gli piace esserlo. Eminem si è affidato a Sway Calloway, celebre DJ statunitense, dichiarando: “C’è qualcosa dentro di me che mi rende un po’ più felice, quando mi sento arrabbiato… c’è una sorta di brivido che sento e mi ispira, mi fa venire voglia di dire la mia”. Eminem non sarebbe Eminem se andasse d’accordo con tutti, no?

Kamikaze parla quasi interamente delle critiche negative che Eminem ha ricevuto per il suo ultimo album Revival. Nella prima parte dell’intervista Em continua a lamentarsi del modo in cui quell’album è stato recepito. Dice che ha scelto di pubblicare Kamikaze a sorpresa proprio perché l’uscita di Revival gli aveva fatto sentire una certa pressione perché rispettasse le aspettative: “Quando ho pubblicato la tracklist la reazione più comune è stata, ‘Questa roba farà schifo’”, ha detto a Sway. Em non ha avuto paura ad ammettere che ha pubblicato brutti album in passato e dice che non riesce ancora ad ascoltare Encore sentendosi in pace con sé stesso. Ma il problema, afferma, è che le critiche che ha ricevuto non sono state per niente costruttive. “Ci sono state persone che non hanno mai fatto nulla che lo criticavano e basta. Quindi mi sono rilassato e mi sono detto ok, va bene. La gente può dire male di me. Si devono esprimere liberamente, è un loro diritto. Ma anch’io allora devo dire il cazzo che mi sento di dire di loro”.

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Ed Eminem era pronto a rispondere rima per rima. “È questo l’atteggiamento che ho scelto per Kamikaze. E se dicessi a tutti quello che penso di loro?” Su “Fall” Eminem si è rivolto per nome praticamente a tutti i rapper della scena, come se non avesse dei nemici veri e propri ma se stesse solo cercando ispirazione in un generale sentimento di animosità nei confronti del modo in cui il rap funziona oggi, sicuro di essere superiore a chiunque altro. E se è questo quello di cui ha bisogno per alimentare la sua creatività… non c’è niente che possiamo dirgli, ci mancherebbe. Ma nelle ultime settimane Em ha messo in chiaro che ci sono due rapper che proprio non gli vanno a genio: Joe Budden e Machine Gun Kelly.

Nella seconda parte dell’intervista, pubblicata da poco, Eminem parla candidamente del suo rapporto con entrambi. Sway chiede a Eminem di rispondere a quanto detto recentemente da Budden, che ha suggerito di non aver ricevuto alcun compenso per il suo lavoro negli Slaughterhouse, supergruppo di rapper pubblicato sulla su etichetta Shady Records. Eminem sembra non saperne niente: “Quell’album non ha fatto molto per rifare i soldi che ci avevamo investito. Che cos’è che non gli sarebbe arrivato?”, ha chiesto. “Non mi sono mai messo a rilasciare interviste dicendo che la roba di Joe Budden fa schifo”. Aggiunge poi che, indipendentemente da quello che è successo tra di loro, gli sarebbe piaciuto vedere gli Slaughterhouse avere successo.

Eminem è stato invece molto meno clemente con Machine Gun Kelly, che nel suo dissing lo ha accusato di avere tentato di rovinargli la carriera. Eminem nega tutto e dice di essersi accorto della sua esistenza solo dopo che MGK aveva fatto dei commenti su sua figlia. “Lo voglio distruggere. Ma non voglio nemmeno renderlo più famoso”, dice. Sway gli chiede come si è sentito ad ascoltare il suo dissing, “Rap Devil”: “L’ho ascoltato. Non è male, per lui. Aveva delle buone rime, per i suoi standard”.

Se Eminem si sente felice quando è arrabbiato non c’è nulla di male. L’irrazionalità e la furia possono anche produrre della grande arte. Ma Kamikaze non è esattamente una dimostrazione di come questo processo possa funzionare al meglio. Quando hai una carriera lunga come quella di Eminem rischi di finire ad usare sempre le stesse tecniche per obiettivi sempre meno chiari, e la rabbia che ha alimentato l’arte di un ragazzino biondo di Detroit potrebbe non essere più adatta a far splendere un quarantacinquenne che vive in un’America più attenta all’uso del linguaggio e alle sue implicazioni. Eminem se n’è reso conto, parlando esplicitamente del “faggot” che aveva rivolto a Tyler, The Creator: “Penso che la parola che ho usato contro di lui può essere stato un punto in cui mi sono spinto troppo oltre”, ha detto “Perché tendando di fargli male mi sono reso conto di aver fatto male anche a molti altri. È stata una delle cose a cui ho pensato e ripensato, rendendomi conto che la cosa non mi stava bene”.

Insomma: Eminem avrà sempre qualcosa per cui arrabbiarsi, noi saremo qua ad ascoltarlo sperando che possa trovare nuovi modi per incanalare la sua incazzatura in qualcosa di positivo, per lui e per la scena.

Questo articolo è comparso originariamente su Noisey US.

La versione originale di questo articolo non conteneva la traduzione della risposta di Eminem sull’uso di “faggot”.

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