“Quello che ho da dire sui Nerorgasmo è legatissimo al mio amico e fratello Luca Bortolusso, che è morto quindici anni fa. Abbiamo iniziato a suonare a quattordici anni come Blue Vomit, dopodiché dall’84 dall’87 abbiamo avuto un altro gruppo chiamato Nerorgasmo con cui abbiamo fatto una specie di reunion tra il ’92 e il ’94, dopo che io e Luca avevamo suonato in un terzo gruppo che si chiama Ifix Tcen Tcen. Dopo la seconda fine dei Nerorgasmo, nel ’94, io ho suonato con un altro gruppo chiamato Fluxus, ed è stato il primo gruppo in cui non era presente Luca. Nel ’96 ho smesso di suonare e per vent’anni non ho più suonato, né frequentato nessuno del giro o quant’altro. A varie richieste di rilasciare interviste ho sempre detto di no, per una serie di motivi. Questa sarebbe la prima volta. Iniziamo da qua?”
“Certo,” ho risposto a Simone Cinotto, ex chitarrista dei Blue Vomit/Nerorgasmo, nonché miglior amico del frontman Luca “Abort” Bortolusso. Sono la prima ad ammettere di non avere avuto nessuna idea rivoluzionaria, a voler parlare di loro a 2015 inoltrato. La storia è già su una pagina di Wikipedia bella densa, e su dozzine di blog e forum gestiti da gente più o meno desiderosa se non di omaggiare, perlomeno di lasciare un segno che quella cosa è esistita, era così, si è evoluta, e si è spenta. Il senso dietro a una retrospettiva sui Nerorgasmo, però, non è da ricondurre all’omaggio o alla commemorazione nostalgica di una realtà che, ahimé, non c’è più. È un atteggiamento a cui sono abbastanza insofferente e, come vedremo, anche Luca&co lo erano. Mi sono incaricata del compito non richiesto di comporre un quadro quanto più completo e attendibile del percorso artistico e umano dei Nerorgasmo nella loro Torino, comprendendone le indoli autodistruttive e cercando di scansare il più possibile le quasi inevitabili dinamiche mitizzanti. Non prendetelo come omaggio a Luca Abort, anche se questa domenica sarebbe stato il suo compleanno, e se—devo ammettere—la suggestione è nata dal trentennale dell’uscita del primissimo Nerorgasmo EP, di cui parleremo tra poco.
Videos by VICE
Anche questa volta, il mio ideale di linearità e attendibilità storica mi ha spinto a rintracciare tre ex componenti della band, che, se non si sapesse, ha avuto innumerevoli formazioni nel corso del suo quasi decennio di vita. Tutte le testimonianze sono a loro modo indicative di periodi e fasi di vita differenti del gruppo, proprio in base al periodo storico a cui fanno riferimento. Tutte tranne una, quella di Simone, che assieme a Luca, ha costituito il cuore indissolubile dei Nerorgasmo. Le altri due sono di Marina “Marna” Zambelli, ex bassista della formazione più “classica” dei Nerorgasmo, risalente all’86-’87, ed ex ragazza di Luca, e Francesco “Picchio” Dilecce, ultimissimo batterista con cui è stato registrato l’unico LP che ci sia arrivato, Nerorgasmo LP, del 1993.
In realtà non ho problemi a confessare che probabilmente avrei potuto parlare solo con Simone, vista l’intensità del rapporto tra i due, che solo dopo un totale di cinque ore di intervista, sono riuscita a metabolizzare. Come urla in “Nerorgasmo”, Luca sapeva benissimo di non essere nessuno, e sono convinta che se a questa frase gli si potesse aggiungere “Senza Simo”, sarebbe ancora più vera. Forse è proprio questo il punto di partenza per raccontare la loro storia.
Luca, Simo, Marna, Nerorgasmo 1986. Per gentile concessione di Simone Cinotto.
Vivo in una città morta
Torino di fine anni Settanta era esattamente quella dei documentari: grigia, inospitale e dalle periferie mostruosamente industriali. “A Torino in quegli anni non c’era niente,” conferma Marna, “ma proprio niente. Adesso ci sono un sacco di locali, sale prove… all’epoca non c’era niente di niente, noi ci trovavamo in piazza, e del giro punk ci si conosceva tutti.” Che fossero cricche di ragazzini privi di uno specifico bagaglio culturale—i cosiddetti truzzi—o mod, o skin, o punk, il punto della questione era il forte senso di appartenenza alla specifica cricca, l’adesione allo stile di vita che questa dettava e un infantile rivalismo. “Ti parlo della primavera del ’78,” mi spiega Simone, “in particolare ci trovavamo in una piazza, Piazza Statuto, da cui ha preso anche il nome un gruppo mod, anche loro si trovavano in questa piazza. […] C’erano scazzi, ma guardando indietro a quel periodo dalla prospettiva di oggi erano veramente minchiate, cose giovanili. Non è che ci fossero motivi particolari per cui prendersela davvero. Ci si prendeva un sacco in giro.”
Piazza Statuto è quindi il centro nevralgico da dove tutto il punk torinese si origina. “Io avevo quindici anni,” continua Simone, “diciamo che l’età media era tra i quindici e i diciotto. Era una cosa tutta nuova per noi, c’erano gli esempi di Londra, tutta la roba americana è arrivata più tardi.” La suggestione era principalmente musicale ed estetica, ma di “un’estetica che aveva un sacco di significato, rappresentava il tuo corpo, il tuo non voler essere conforme. Mentre adesso il piercing se lo fa anche l’avvocato, all’epoca era una cosa per cui non solo tutta la gente per strada ti guardava storto o aveva paura, ma era anche un modo per riconoscersi l’uno con gli altri, inconsciamente.” Tutto era naturalmente DIY, semplicemente perché non esisteva altro modo di procacciarsi l’abbigliamento sfoggiato dai punk inglesi in tv. “Io avevo dei jeans strappati leopardati: strappati da soli, leopardati con la candeggina, li macchiavo a strisce e diventavano così. Anche le magliette dei gruppi ce le facevamo da soli con le mascherine, non erano proprio in commercio allora.”
Blue Vomit
I pezzi dei Blue Vomit avevano testi molto soggettivi, “Mai Capirai”, “Fotti il mito”, tutti questi rimandi alla vita di Luca, che veniva fuori da un contesto familiare di ceto medio, bello, riverito… (Simone Cinotto)
I Blue Vomit sono il primo gruppo di Simone, costituito da lui e altri due ragazzini del suo stesso palazzone di periferia, Enrico Falulera alla batteria e Fabio di Maggio al basso, e nascono in questo contesto. “Il nome gliel’ho dato io. Mi era venuta l’idea di fare il gruppo,” racconta Simone, “perché avevo visto i Sex Pistols alla televisione, in un programma chiamato ‘Odeon’, sul secondo dei due canali che esistevano allora. Nell’estate del ’76 sono andato a lavorare come aiuto cuoco a Rimini e con i soldi guadagnati mi sono comprato una chitarra a imitazione Gibson e un amplificatore a 8 watt che si chiamava Corland, e mi sono messo a suonare e a provare con Enrico e Fabio. Suonavamo nella cantina del palazzo, Enrico aveva undici anni e suonava benissimo la batteria. Tra l’altro scendeva sempre la signora del piano terreno, la famosa signora Sappa, incazzata come una bestia…” Il loro primo concerto lo fanno al liceo del futuro cantante, Luca Bortolusso, che dopo averlo visto ed esserne rimasto impressionato, si incuriosisce e decide di frequentare la sala prove di Simone&co di tanto in tanto, per vedere un po’ di che gente si trattava. “Veniva sempre in sala prove, e se ne stava seduto in un angolo ad ascoltarci, voleva solo stare con noi. Per lui questa roba del punk era nuova, era più piccolo di me di quattro mesi, e non aveva ascoltato mai punk prima di incontrarci. A un certo punto ha iniziato a portarsi dietro tipe molto bone… era un bellissimo ragazzo. Da quel momento in poi comunque il gruppo è diventato tutto un’altra cosa. Mi sono sempre più disinteressato di Fabio e Enrico, le classiche persone che che frequenti perchè ti ci sei trovato a crescere assieme, nel quartiere, non perchè le hai scelte, e mi sono legato indissolubilmente a Luca. Io e Luca abbiamo iniziato non solo a conoscerci, ma a uscire e a girare col giro punk che stava nascendo a Torino in quegli anni.”
Luca non aveva avuto nessun contatto col mondo punk fino ad allora, e, a differenza dell’estrazione proletaria—ma colta—della famiglia di Simone, proveniva da un ceto medio, che lo riveriva, e proiettava in lui speranze e aspettative. “Era il figlio unico di un ex dirigente dell’Olivetti, e di una fotografa di Torino molto brava, Ines. Il suo studio di fotografia in quegli anni andava da dio”. La morsa nella quale Luca già allora si sentiva in trappola affonda le sue radici proprio nel rapporto con la madre: “Era molto forte, lei gli diceva ‘Tu puoi fare tutto quello che vuoi, farti tutte le tipe che vuoi, ma il tuo futuro sarà fare il professionista nella fotografia, frequentare tutti i giri che ti sei creato’. Lui, di tutta risposta le vomitava addosso la sua anarchia un po’ acerba, ‘Non voglio imposizioni da nessuno, non sopporto la scuola, non sopporto che si facciano progetti di futuro su di me.’” E questo è molto più che un tema ricorrente nella vita di Luca, è proprio la benzina che alimenterà il rogo, una volta che sarà divampato.
Le differenze tra i due ragazzini, ai tempi, includevano anche la formazione musicale. A Luca piacevano i Rolling Stones. Molto prima della scoperta del punk rock, invece, Simone aveva passato tutta l’infanzia tra la casa dei genitori e quella di nonna e zia inondato di radio 24/7, e quindi di canzone italiana. Ciò lo aveva reso particolarmente sensibile a certi aspetti della musicalità che per uno che a scuola era conosciuto come “Il Punk”, era singolare: “Per vent’anni non ho più preso in mano una chitarra,” spiega, “ma non appena lo faccio, senza sapere le note né conoscere la musica, mi viene subito da usare la struttura base delle canzone: strofa, ritornello, strofa, bridge… è una cosa che non controllo. Da quanto ho due mesi ho sempre ascoltato una valangata di radio, con tutte quelle canzoni di Massimo Ranieri, Gianni Morandi, etc. Dentro mi è rimasta questa impronta, non ci posso fare niente. Poi quando ho ascoltato i Sex Pistols, ha cominciato a piacermi anche altra roba, ma sono sempre rimasto attratto dalla struttura delle canzoni.” Su questo discorso torneremo quando i Blue Vomit diventeranno Nerorgasmo.
Piano piano, fuori dalle mura di casa, Luca e Simone iniziano ad appropriarsi di un immaginario punk 77 a tutti gli effetti: “Io mettevo le calze a rete che fuoruscivano dai jeans neri strappati, con le creepers scamosciate, hai presente? Oppure, sempre nel primo periodo Nerorgasmo, avevo i calzini fluo di due colori diversi. Qualche volta ho messo i collant. I miei erano di larghe vedute, ma altri, tra cui per un periodo anche Luca, avevano i genitori che erano contrarissimi, ovviamente. Allora mettevi i vestiti in cantina in una busta e ti cambiavi quando uscivi, funzionava così.” Erano anni in cui giravano molto più le cassette, così come le fanzine fatte a mano attraverso le quali eventualmente scoprire nuova musica. Come quella di Vittorio Castellani, all’epoca detto Nasty, e la sua Torinoise, che promuoveva a Londra e in Brasile. “Su questa fanzine scriveva dei dischi che aveva ascoltato,” racconta Simone, “e tutti se la contendevano. I primi gruppi che non fossero famosissimi, cioè Sex Pistols, Damned, Ramones, Clash—che all’epoca non mi piacevano per niente—me li aveva fatto ascoltare lui. L’unica cosa che abbiano mai registrato i Blue Vomit in quei primissimi anni, è stato su una cassetta prodotta da lui, ‘Torinoise’.”
“Molti dischi li rubavamo, più che comprarli” “e comunque in generale ce ne fregava davvero poco della reazione della gente alle nostre azioni. Limonavamo, anche tra maschi, a cielo aperto. Le droghe che si usavano in Piazza Statuto consistevano in una marca di anfetamine, che non so se producono ancora, le Plegine, che erano pastiglie per dimagrire. Le stesse anfetamine che davano ai soldati durante la Seconda guerra mondiale. Qualcuno tirava la lacca e la colla. Ci si beveva sopra. Le canne praticamente non esistevano, erano una roba per fricchettoni e tamarri. Della cocaina non si sapeva neanche l’esistenza.” “Appariamo filmati in Torino Rock 1980, di Daniele Segre. Era il primo periodo Blue Vomit, e lui l’aveva fatto per gli inizissimi di Raitre. C’è il video di “Io non mi alzo in pullman”, che ci ha portato a registrare nel magazzino di un macellaio. C’erano tutte queste cosce appese, sembrava Rocky, e niente, ce l’ha la Rai. Ah poi fa ridere che questa canzone abbia lo stesso riff di chitarre di ‘Down on the streets’ degli Stooges, che ho scoperto poco dopo.” (Simone Cinotto)Cosa sto facendo?
Ad esistere invece era la roba ed è proprio in questi anni—’78-’79—che Luca ci entra in contatto per la prima volta. “Lui si faceva tutte le droghe che ti ho detto prima,” specifica Simone, “ma questa cosa l’ha proprio permeato, lo si capisce dalle canzoni, no? Parlano di quello. Questo rapporto con le sostanze, in particolare quella, diventa una roba che passa piano piano da ‘Non voglio giustificarmi, non voglio spiegare, non voglio essere commiserato, questo è quello che voglio fare’ a cose come ‘Freccia’, di moltissimi anni dopo, cioè l’addio di Luca.”
L’eroina si insinua nella vita di Luca proprio di pari passo con il punk e la musica dei Blue Vomit, non si sa bene come né in che occasione specifica. “A un certo punto i suoi l’hanno scoperto,” racconta Simone, “e non lo facevano più uscire. Mi ricordo che lo tenevano a casa a giocare a scala quaranta, allora io lo andavo a trovare e giocavo a scala quaranta con lui e i genitori… Luca non è mai stato il tossico sfigato, anzi solo l’idea gli faceva pena. Questa cosa era una, una sola, parte della sua vita.”
Non tutti in Piazza Statuto approvavano questa sua abitudine, che riempiva che gli era più vicino di tristezza (a cominciare da allora, e in vari punti della storia dei punx torinesi, l’eroina si sarebbe rivelato un elemento significativamente distruttivo). “Conta che io sono stato fino a verso la fine dell’esperienza Nerorgasmo,” mi spiega Simone, “prima della reunion 1993-1994, a metà anni Ottanta, in totale adorazione per Luca. Se uno mi diceva di fargli notare la cosa, di aiutarlo, io sapevo come lui avrebbe reagito e non lo facevo. Ero legato a lui a un livello di profondità che visto dalla prospettiva di oggi era morboso.” Ignorare e/o occultare questa componente è forse più politicamente corretto nei confronti della società perbenista e benpensante che Luca—e chiunque abbia avuto un minimo di coscienza civile—rifiutava. A mio avviso non c’è davvero giustificazione che regga un moralismo del genere, dato che cosa stava facendo, Luca, lo sapeva benissimo.
“Quando ho letto quel testo non ho avuto il coraggio di dire niente, però boh. Capivo cosa sarebbe successo. Ci sono state delle volte in cui mi sono sentito un codardo, quella è stata una di quelle volte.” (Simone Cinotto)Limoni
“Mi ricordo di anni in Piazza Statuto in cui c’era una ragazza, Paperina, che era stata una delle prime a vivere a Londra e in vari altri posti. Ci diceva sempre ‘Tu e Luca state assieme vero?’, perché per lei la faccenda gay era più naturale che per noi. E c’era gente che come lei lo pensava, nonostante non fosse assolutamente vero. Però sta roba qua a me riempiva di orgoglio, che sembrava che stessimo assieme. La gente poi magari ci vedeva sulla foto e ci scambiava l’uno per l’altro. Eravamo tutti e due riccioloni, alti uguali, vestiti più o meno uguali… dicevano “Guarda, questo è Luca!” e invece ero io.” (Simone Cinotto)
Libertà e anarchia erano anche limonare tra maschi senza essere omosessuali. Erano scomodare la vista dei passanti sempliciotti “vestiti tutti uguali” con gesti inusuali, volti esclusivamente a ottenere una reazione, e lo schifo era ben accetto. “In Piazza Statuto nessuno era gay che io sappia o ricordi, ma capitava che si limonasse tra maschi. Così, era un’altra roba che facevamo. Era trasgressivo, e quando la gente vedeva due maschi limonare si girava dall’altra parte inorridita, additare il frocio di turno. Se pensi che adesso la gente sia ignorante, intollerante, misogina e razzista, dovevi vedere com’era all’epoca.” Curioso che la fluidità sessuale per cui due maschi eterosessuali erano liberi di limonare in amicizia, incuranti dell’ammirazione o dello schifo altrui, oggi non sia stata recuperata in alcun modo.
“Su Youtube ci sono dei video, se cerchi “Concerti punk Via Artom” dovresti trovare qualcosa. C’è anche Luca in quel video, e può darsi che vedi anche un paio di tizi in collant, calzini nylon e calze a rete. Mi ricordo anche di uno che si metteva la minigonna, ma non era per niente gay. Adesso non ti cagherebbe nessuno, all’epoca era uno scandalo. Stessa roba per i limoni.” (Simone Cinotto) Prima frattura: Hardcore vs. anarcho punk“A inizio anni Ottanta, anche tramite l’influenza milanese, si introduce l’elemento americano/californiano/washingtoniano, genericamente hardcore. Il primo gruppo che ha cambiato tutto, perché andavano al triplo della velocità solita, e non parlo dei Discharge che c’erano già, sono stati gli Hüsker Dü. A Luca l’hardcore, in particolare la variante straight edge, non ha mai convinto. A lui piacevano appunto i Discharge, con i loro tre accordi e batteria tribale, e tra gli altri i Partisans. Quando eravamo a casa di Luca il loro 7″, Police Story/Killing Machine lo mettevamo su quaranta volte di fila.” (Simone Cinotto)
Da una parte era germogliato l’hardcore statunitense, con un gruppo di personaggi da cui poi sono usciti fuori i Negazione, Declino, etc, tra i primi a spingere l’idea di occupazione. Dall’altro l’anarcho punk inglese dei Crass, che a Simone e Luca stava stretto da morire e non catturava la loro attenzione. Era il periodo in cui entrambi c’erano sotto con Nietzsche, Rimbaud e, soprattutto Luca, l’estetica nazista. “Luca passava giornate e notti a disegnare uniformi, aerei e tanks. In piazza era in corso una vera e propria spaccatura. Erano arrivati anarchici veri e propri, più grandi di noi, che avevano attraversato glia nni Settanta e si erano interessati a questo nuovo fenomeno del punk. Metà di noi si è unito a loro, prendendo questa strada, in retrospettiva più costruttiva, di ‘punk anarchici’. Saranno state trenta/quaranta persone che, dal punto di vista musicale, hanno espresso e formato gruppi come Franti e Contrazione. L’altra metà, cioè noi, ora identificati come ‘Punk ’77,’ siamo rimasti in strada. I discorsi più istituzionalmente ‘politici’, di qualsiasi tipo, all’epoca, ci sembravano immani fricchettonate, e non volevamo esserne parte…”
Declino Blue Vomit “Non mi ero mai informato su come si facesse il rinvio, e alla fine mi hanno chiamato, e sono partito. Quando sono tornato sono entrato in crisi perché figurati, divise, ordini… è stato drammatico. E naturalmente ci siamo persi di vista con Luca. Quando ci siamo rivisti, alla fine dell’83, lui aveva quest’idea dei Nerorgasmo.”Primi Nerorgasmo
“In quel periodo lì i testi cominciano tutti a parlare di morte, mentre nelle parole dei Blue Vomit c’erano solo noia, disgusto e trasgressione. Nerorgasmo voleva dire quella roba lì: vivere la vita e le tue esperienze nel presente al massimo, amare innanzitutto te stesso, liberarti nelle cose che fai, ma con una prospettiva di finire stritolato da qualcos’altro. Fin dai primi quattro pezzi dei 7”, c’è questo concetto. “Passione Nera”, “Distruttore”, parlano di quello, amore, odio e proiezione verso la fine… (Simone Cinotto)”
Il nuovo nome che aveva proposto Luca non aveva bisogno di tante spiegazioni. Era cupo, aveva una vena dark che nei Blue Vomit era completamente assente. Se in questi ultimi Luca era rabbioso e frustrato per le imposizioni che società gli dava, adesso qualcosa di più opprimente stava scavando lentamente il suo cammino in lui. “Il tempo andava avanti,” suppone Simone, “ormai avevamo vent’anni. L’esperienza con le sostanze diventò più centrale e forse opprimente. Se ci penso, oggi, non credo che Luca abbia mai pensato nè veramente voluto arrivare a cinquant’anni, e a me rimangono solo lacrime e i sogni in cui mi appare.” Quando nascono i Nerorgasmo, Luca aveva già idea di cosa aspettarsi dagli anni a venire.
All’inizio del 1984 vengono composte le quattro tracce che finiranno nel primo EP ufficiale del neonato progetto Nerorgasmo. In questi pezzi il linguaggio crudo, viscerale e antimetaforico utilizzato da Luca sono l’anticipazione di quello che si rivelerà l’elemento caratterizzante e identitario del gruppo, nel corso degli anni.
Lo stacco con i Blue Vomit è evidente, e anche musicalmente si sentivano influenze nuove nuove. “Abbiamo scoperto i Germs,” conferma Simone, “con GI, un disco pazzesco per cui siamo andati fuori di testa. È stata un’influenza enorme specialmente per Luca che ha trovato in Darby Crash un suo io riflesso. Aveva tutto il suo stesso immaginario nazi, si tagliava—come Luca—era una specie di Sid Vicious intelligente.” Quando i Nerorgasmo trovarono finalmente una formazione stabile con Marna al basso e Sandrino alla batteria, l’immedesimazione divenne completa: Marna era Lorna, Sandrino Don e Simone Pat Smear. L’altro gruppo fondamentale per quei giovanissimi Nerorgasmo sono stati gli Stooges. Luca impazziva per Raw Power, Simone per Fun House. “È stato lì che ho scoperto questo tipo, Ron Asheton, che faceva le stesse cose che facevo io coi Blue Vomit. Il primo pezzo che scrissi, ‘Non mi alzo in pullman’, ha lo stesso giro di ‘Down on the Streets’, uguale, proprio uguale, solo che io non lo avevo mai ascoltato quel pezzo… non sapevo neanche che esistessero gli Stooges, ma l’idea è la stessa, rumore e ripetitività.” Altre influenze minori sono state, almeno per Simone, i P.I.L., i Joy Division, i Killing Joke e soprattutto il chitarrista di Siouxsie and The Banshees, John McGeoch —“Mi piaceva da morire Juju, e anche quello dopo, A Kiss In The Dreamhouse. McGeoch era pazzesco, un genio… A Luca invece piaceva molto il primo LP di Siouxsie, The Scream, poi aveva smesso di ascoltarli.”
Nerorgasmo EP
“Sarà stato l’83, l’84 e c’erano i Blue Vomit. Quando si stavano formando i Nerorgasmo, io suonavo la batteria. Però mi hanno detto “Dai, impara a suonare il basso, così fai parte del gruppo!” e allora ho imparato. Io la batteria la sapevo suonare per i fatti miei, solo che loro avevano bisogno del basso… nell’EP piccolino io non ci sono perché ancora stavo imparando. Le foto di quell’EP le ho fatte io, al cimitero. Prima di incontrarli avevo ‘sta cassetta con dentro i Blue Vomit, e mi piacevano un sacco… Poi quando li ho conosciuti ero contentissima! [ride]” (Marna Zambelli)
Marna Zambelli fa la sua apparizione in questi anni, ed è destinata a rivestire un ruolo fondamentale per il percorso della band. Conosce i ragazzi in piazza Statuto, ma come vediamo, prova a inserirsi subito nel loro giro. Dopo aver messo da parte dei soldi, e con due grosse influenze musicali come i Germs e gli Stooges, Luca e Simone decidono di registrare le loro quattro nuove tracce e autoprodursi un EP. In mancanza di alternative—Marna, come scritto sopra, non era ancora pronta—richiamano quindi Enrico Falulera alla batteria, e Fiorenzo Massera al basso, che però il giorno delle registrazioni si ritira all’ultimo, sostenendo di aver cambiato idea. L’EP viene registrato in uno studio scrauso, in cui “nessuno aveva mai ascoltato punk,” spiega Simone, “si occupavano di pubblicità per la radio e la televisione e facevano musica leggera oscena.” Con la dipartita di Massera, Simone registra sia basso che chitarra, mentre Luca sperimenta nuovi ruggiti cupi, profondi, lontanissimi dalle grida sconnesse dei BV. Lentamente, i Nerorgasmo cominciano a prendere forma.
“Il testo di ‘Alla fine dell’impero’ è strano per essere fatto da Luca. Era più 1984, molto diverso. Anche “Una serata indimenticabile”. Sai quest’idea del suicidio eroico, un po’ politico, antiamericano… secondo me a Luca non gliene fregava niente. Non so da dove sia uscito.” (Simone Cinotto) “Dopo che abbiamo fatto il dischetto,” “io e Luca siamo rimasti senza gruppo, e questa sarà una costante nel corso degli anni. Il gruppo per svariate volte esisterà solo nelle nostre teste, e ci troveremo senza strumenti, senza sala prove, senza modo di suonare in assoluto. Quel primo periodo lì è stato così. Il disco è abbastanza rimasto lì. Non mi ricordo quante copie ne avessimo fatte, forse mille? O cinquecento? Non mi ricordo più.” “Facevamo magari mille scritte a notte, e la mattina la gente le vedeva e si scandalizzava o si chiedeva di cosa si trattasse” “Era la fine del 1984 e avevamo trovato una formazione fantasma, io, Luca, Claudietto Truglio ‘Vietkong’ (ex Kollettivo, il gruppo di Torino che ci piaceva di più) e Andrea Giovine ‘Pixipan’, degli amici e dei ragazzi molto simpatici con cui però forse non siamo mai riusciti a suonare neanche una prova.”Proposta di contratto
“Con questa ‘formazione’ siamo stati avvicinati da una signora. Una di quelle signore abbastanza bene, ma cazzare, quelle tizie ricche, ma non abbastanza per essere veramente importanti. Era la madre di una mia amica, che aveva sentito tramite lei il nostro disco, e si era detta ‘Ah, questo qua potrebbe essere il primo disco vietato ai minori di diciotto anni.’ Ci voleva far fare un altro disco con questa modalità, e ci aveva detto che conosceva i produttori adatti a noi. ‘Deve sparire questa scritta: ‘Non pagare più di duemila lire’ dalla copertina, e poi vedrete che faremo un sacco di soldi!’ Voleva proprio fare un disco con questo taglio da ‘Vietato ai minori’, per renderlo un caso unico.” (Simone Cinotto)
La storia della major—c’è chi dice la Sony—che propone alla coppia Cinotto-Bortolusso un contratto, è chiaramente una leggenda. La “major” altro non era che questa signora particolarmente inserita nel mondo della comunicazione e marketing dei negozi e locali del centro di Torino, che si era messa in testa di investire sui Nerorgasmo per creare un fenomeno alla Sex Pistols italiani, “senza neanche aver mai sentito parlare di Malcom McLaren”, come sottolinea Simone. “Trafficava con questo mondo dei locali,” continua, “ma neanche locali per la gente della nostra età, ma della sua [ride]. A me lì sembrava vecchissima… conosceva produttori, studi di registrazione che comunque con noi non c’entravano niente. Le abbiamo detto che non ce n’era…”
Flyer Buon Natale, inserito in Nerorgasmo EP 1985. Foto per gentile concessione di Simone Cinotto.
Nerorgasmo, formazione classica
“Tutte le immagini che ci sono di noi—e non sono tante—o sono prese dalla sezione foto del primo EP, e cioè degli inizi in cui il gruppo eravamo solo io e Luca, oppure nel periodo reunion degli anni 1993-1994. Questo periodo è documentato nei filmati dei concerti a El Paso che ci sono su YouTube, dove c’è tutta un’altra formazione, con Marco Klemenz al basso e Francesco Dilecce “il Picchio” alla batteria, e soprattutto tutto un altro spirito. Quella che considero la formazione classica dei Nerorgasmo è quella che c’è stata in mezzo, dalla fine del 1985 alla primavera del 1987. Se vai a vedere sulla pagina Nerorgasmo ci sono solo due foto che ritraggono la nostra vera formazione, quella composta da quattro persone fisse che pensavano, vivevano e sanguinavano la musica e le parole: Luca, io alla chitarra, Marna al basso e Sandrino alla batteria” (Simone Cinotto)
Un barlume di equilibrio ha cominciato a farsi vedere solo quando nell’85 Luca si è fidanzato con Marina Zambelli. Di qualche anno più piccola di lui— e della stessa età di Sandrino—secondo Simone “aveva cominciato a frequentare Piazza Statuto nell’ultimo periodo. Era bellissima. Era un po’ la grande bellezza del giro, non potevi fare a meno di notarla.”
Il trio Simone-Luca-Marna funzionava alla grande, e anche se ancora non erano riusciti a suonare da nessuna parte, facevano brutto in giro per la città, con in testa la consapevolezza di essere i Nerorgasmo. “Ora sembra sempre che siamo sempre su questo fronte gay perverso, però… [ride] Praticamente io e Luca ci mettevamo una specie di fondotinta,” racconta Simone, “forse borotalco, ed rimanevamo tutti bianchi in faccia. Poi ci saponavamo i capelli e ci facevamo le punte. Io avevo i capelli ricci tipo pecora, per cui mi veniva ‘sta testa altissima, tipo afro… [ride]. A Luca ovviamente venivano meglio. Con tutto quel borotalco e il rossetto, più i pantaloni strappati, le calze a rete, andavamo in giro a oltraggiare e sfottere la gente… delle vere bestie.” Erano anni di strafottenza in giro per la città, dovuta perlopiù allo stato di isolamento in cui il gruppo si trovava. “Io in quegli anni ero in guerra con tutti, litigavo con la gente,” racconta Marna, “ero proprio incazzata nera. Mi sfogavo col punk. È stato un ottimo metodo, poi negli anni mi sono calmata. Ma a quei tempi se vedevo una con la pelliccia la insultavo per dire… non stavo zitta mai. Ho rischiato mazzate più di una volta.”
Il movimento punk anarchico nel frattempo aveva meglio focalizzato la sua prospettiva d’azione nelle occupazioni, che secondo alcuni avrebbe dovuto funzionare soprattutto come posto per suonare, per altri come spazio d’aggregazione, rilancio di ulteriori attività politiche e anche per viverci. Questi gruppi più radicalmente politicizzati non si trovavano più in piazza Statuto, ma nel circolo di Via Ravenna e poi di via S. Massimo. Sullo sfondo di quest’atmosfera di mobilitazione e finalizzazione di sforzi che ormai duravano da qualche anno, “in una città dove non c’era niente” e nella loro randagità, i Nerorgasmo erano riusciti a completare la formazione. “Siamo finalmente riusciti a suonare”, ricorda Simone, “io mi sono fidanzato con la sorella di Marna, Annalisa e di lì a poco siamo riusciti a entrare in questa sala prove in Via Santa Chiara. Siamo entrati in contatto con un paio di altri gruppi più giovani, anche loro un po’ fuori dai due blocchi più grossi. In particolare c’era questo gruppo che si chiamava A.D.R, in cui suonava Marcolino Klemenz, che è diventato il bassista dei Nerorgasmo tra ’93 e ’94, e Sandrino. Sandrino era nostro fan ed è venuto a suonare con noi. Tutto d’un tratto avevamo di nuovo una formazione. Eravamo felici”
Simone e Luca
“Io e Luca ci vedevamo spesso, non sempre, ma spesso, la musica era solo una delle tante cose. Passavamo serate a casa l’uno dell’altro, o appunto in giro in situazioni assurde, sempre strafuori… Lo ammiravo moltissimo, lo veneravo e tutte le volte che mi faceva qualcosa per cui io poi ci rimanevo male, erano delle pugnalate al cuore. Lo dico in retrospettiva, eh. Al tempo stesso lui era gelossissimo di me e quindi delle mie tipe, alcune delle quali peraltro erano sue amiche o sue ex e con cui mi metteva insieme lui per farmi felice [ride]. Sai quelle madri che dicono, ‘Però, dovresti proprio trovarti una brava ragazza’ e poi quando ti fidanzi, ‘Eh, questa però non va bene per te…’ lui uguale [ride]. Lui stesso con le tipe a volte era stronzo. Sapeva di essere molto affascinante, e infatti era un figo pazzesco, un genio a fare praticamente tutto: disegnare, fotografare, cantare, etc. E aveva una faccia da culo con le tipe… allucinante. Hai presente Fantozzi? Ecco, Luca era come Calboni… Non cito a caso, ma perchè ‘Fantozzi contro tutti’ era la nostra Bibbia. Lo sapevamo completamente a memoria, lo recitavamo di continuo, è stata una grande influenza culturale quel libro.”[ride] (Simone Cinotto)
Il rapporto tra Luca e Simone era più che particolare, e non basterebbe un articolo intero per raccontarlo. Si trascendeva la fraternità, e si arrivava al quasi rapporto di coppia sopra descritto, che, considerando i personaggi, non era neanche così imprevedibile. “Non riesco a spiegare cosa ci trovasse in me. Non saprei dire. Ha sempre e solo suonato con me, io no, specie nel periodo di transizione Blue Vomit/Nerorgasmo. In quel periodo lì c’era della gente del giro che pensava fossi bravissimo a suonare la chitarra. Dopo la seconda fine dei Nerorgasmo nel 1994 ho suonato con i Fluxus e adesso ho il mio nuovo gruppo, la Via Luminosa, di cui sono molto contento. Lui invece no, ha sempre fatto tutto con me, e boh, c’era questo tipo di rapporto oltre il fraterno. Una complementarità, ecco. Lui era figlio unico e io ero il fratello che non aveva avuto, ma che si era scelto come voleva lui. E in generale questo lo rendeva geloso. Per farti un altro esempio, l’inizio dei suoi casini con Marna, credo io, è stato il fatto che odiava la situazione per cui uscivamo con due sorelle. Non lo sopportava. Tutto ciò che comprendeva una qualsiasi dimensione di conformismo, di situazione imposta, ripetuta, regolata, lui l’odiava. Su questi argomenti mi teneva al telefono per delle ore, ma ti dico, e non esagero, quattro o cinque ore la notte.”
Ma torniamo alla formazione. L’entusiasmo per essere finalmente in quattro persone vere e simili, si riflesse in un altro disco, alla fine mai pubblicato, che comprendeva una traccia di un ulteriore EP inedito, “Creatori Falliti” (quell’EP conteneva anche “Nato Morto”, la canzone più P.I.L. dei Nerorgasmo, e quelli che Simone definisce “i nostri unici pezzi brutti”, ‘Una serata indimenticabile’ e ‘Alla fine dell’impero’), “Ansia, “Nello Specchio”, “Mai Capirai” (già dei Blue Vomit) e “Io mi amo” strumentale in assenza di un testo che Simone metterà sette anni più tardi, per l’LP del 1993.
“L’ha scritta Luca una delle volte in cui abbiamo litigato. I motivi per cui scazzavamo erano i pacchi assurdi che lui tirava, e il fatto che fossi molto geloso di lui. Non mi ricordo bene qui perché era stato, ma una volta l’ho mandato a fare in culo e allora ha scritto questa canzone. La musica l’aveva fatta Sandrino, l’unico pezzo che abbia mai composto. È arrivato una volta in sala, mi ha chiesto la chitarra, e ha detto: ‘Ho fatto questo pezzo qua.’ Luca fa ‘Eh, io ho proprio questo testo che ci sta bene sulla musica, e che ho scritto per Simo.’ E poi l’ha suonato. Ho sentito lui che la cantava, ce l’aveva pure scritta su un foglio, che poi ho preso e letto, e mi sono sentito in colpa e orgoglioso allo stesso tempo.” (Simone Cinotto)I responsabili di queste registrazioni che documentano il periodo “classico” dei Nerorgasmo sono stati Oliver, ex Kollettivo e CCC CNC NCN, e Frank dei Bad Boys. Ciò non è avvenuto per caso: questo disco andato perduto è stato il tramite attraverso il quale i Nerorgasmo sono finalmente tornati a far parte della scena, in un momento in cui quest’ultima si stava concentrando sul fronte occupazione, come obiettivo che raccoglieva e dava senso a tutto quanto successo fino ad allora alla comunità.
Prime occupazioni
“È giunta a maturazione così la stagione delle occupazioni, che poi è andata a finire con il successo di El Paso, alla fine dell’87. Sarà durata un anno e mezzo. In coincidenza con questo disco registrato da Oliver e Frank e che circolava in cassetta, venivamo chiamati spesso a suonare in giro. Era la prima volta. Ci chiamavano nelle scuole occupate, dato che era il periodo della Pantera. A Torino ci sono cinque/sei/sette licei che sono storicamente più politicizzati, abbiamo ripreso a suonare lì. Attorno all’obiettivo del posto, il giro si è unificato anche attraverso barriere politiche prima e dopo molto rigide, e tra l’altro stava arrivando molta gente nuova. Si era molto ampliato, a quel punto c’era decisamente un casino di gente. Era pieno di ragazzini più giovani di noi, che ormai avevamo ventidue-ventitré anni.” (Simone Cinotto)
I Nerorgasmo erano rapidamente diventati uno dei gruppi più attivi e presenti in contesti di occupazione in città, che comunque duravano molto poco, spesso neanche una giornata, e servivano a prendersi solo una bella fracca di mazzate. Che fossero scuole, ex chiese, i Giardini Reali in centro, casacce in periferia, non aveva importanza: Simone, Luca, Marna e Sandrino partecipavano attivamente ormai a ogni attività di occupazione, allontanado quindi il vecchio stereotipo secondo cui “era roba da comunisti”. Luca addirittura si metteva a disegnare per questi centri, faceva volantini, murales, qualsiasi cosa potesse tornare utile.
Flyer 20 settembre 1986 concerto seconda occupazione Fenix. Foto per gentile concessione di Simone Cinotto
Non sempre la mobilitazione consisteva in un’occupazione, a volte andava benissimo un sabotaggio, o una semplice irruzioni “Mi ricordo che nell’86,” comincia Simone, “al Palazzo Nuovo, nel dipartimento di sociologia di Torino, hanno presentato un libro bianco sulle sottoculture giovanili in cui si interpretavano le correnti punk, mod, etc. Noi ovviamente ci siamo andati.” L’idea comune era tagliarsi tutti, in massa. Come a dire: volete vedere veramente i giovani d’oggi? L’aula era grande, in discesa, e tutti si sono catapultati giù lanciando cose, forse siringhe. “Arrivati alla cattedra,” prosegue Simone, “Luca e gli altri hanno tirato fuori rasoi e taglierini e si sono tagliati tutti… c’era tutto il sangue che spruzzava su queste prof, che ci guardavano atterrite… [ride].” Lo stesso anno il Festival Cinema Giovani al Cinema Massimo vide un’altra irruzione dei punk appena sgomberati da un posto. Sul palco c’era, per essere premiato Harvey Keatel, protagonista de Il Cattivo Tenente, o Pulp Fiction, che rimase terrorizzato all’arrivo rumoroso di quell’orda di ragazzi e ragazze. La manifestazione ne uscì distrutta.
C’era una vera e propria rete di posti occupati che comprendeva scuole, centri sociali autonomi, giri di sinistra, giri anarchici, e tutti brulicavano di interconnessioni. Veniva scambiato di tutto, favori, materiali, risorse. “Questi della Pantera, per dire,” prosegue Simone, “avevano occupato il palazzo nuovo dell’università, e avevano chiamato a suonare i Negazione. Era tutto collegato a tutto ed è stato in una di queste occasioni che è successo il famoso incidente di Genova.”
Incidente Genova
“Ci faceva incazzare il fatto che ci fossero dei fasci skin del Genoa mentre suonavamo. Ha parlato solo Luca, ma giravano le palle a tutti. Gliene ha dette di tutti colori, in maniera anche simpatica e ironica, ma loro senso dell’umorismo zero [Ride]. Mi ricordo che disse “Vedo laggiù in fondo delle teste di cazzo senza capelli…” o “Ci sono dei topi qui, che di solito stanno nascosti, e oggi vengono fuori”, una roba così.” (Marna Zambelli)
Sempre tramite gli agganci dei centri sociali e dei giri anarchici/antimilitaristi d’Italia, finalmente i Nerorgasmo riescono ad arrangiare un paio di date fuori dal Piemonte, per la precisione una a Genova, e il giorno dopo a Padova. “Siamo partiti in treno…” ricorda Marna ridendo, “io avevo il basso senza custodia, appoggiato sulla spalla, lo tenevo proprio così. Avrò avuto sedici, diciassette anni. Arriviamo, suoniamo, e ci accorgiamo appunto che in fondo ci sono degli skin del Genoa fasci che ci squadrano.” Come raccontato su, Luca comincia a provocarli, a canzonarli come è solito fare in questi casi, perché in ogni caso la loro presenza non era gradita. “Questi qui dato che sono degli infami,” continua Marna, “non è che hanno fatto qualcosa sul momento. Ci hanno presi quando eravamo rimasti in cinque, cioè noi del gruppo e mia sorella, a fine concerto. Ovviamente stavamo andando a prendere il treno a piedi. Sono arrivati questi, ci sono saltati addosso, ed è partita subito la mega rissa. Il loro capo se l’è presa con Luca principalmente, ma alla fine si sono menati tutti. Mentre si menavano, Simone si è guardato intorno e si è scelto il più grosso. A quel punto la fidanzata del capo degli skin, mentre lui e Luca si picchiavano, aveva preso a dare calci sulla schiena a Luca. Io vedo questa scena e la insulto malamente… ho iniziato a prenderla a botte. L’amica di questa, che era una gigante, mi ha immobilizzata. Allora è intervenuta mia sorella [Ride] Bruttissimo. A un certo punto qualcuno grida “Arrivano gli sbirri”, allora ci siamo tutti fermati per capire da dove arrivavano, in quanto nemico comune.”
“Era un tracagnotto basso,” “che a me prima aveva che a me aveva anche detto ‘Tu vieni da Torino vero? Si vede dalla faccia, mi stai sul cazzo’, e bam, mi ha dato un pugno in faccia. Questo stesso tipo, mentre stava scappando, ha preso il taglierino e ha tagliato Luca sul collo da una parte all’altra Poi è pure nata la leggenda che la sua voce era diventata così perché gli avevano reciso le corde vocali. [Ride] Che naturalmente non è vera… “Era un taglio da dieci, dodici punti! Ci siamo presi una paura anche perché aveva un impermeabile chiaro e in un secondo era completamente coperto di sangue. Per fortuna non gli ha preso la giugulare… Siamo andati al pronto soccorso in pullman.. [Ride] Una volta arrivati ci hanno subito sgamato che era per via di una rissa, e ci hanno detto “Ah, succedono sempre queste cose”. Non eravamo neanche di lì e non conoscevamo il territorio, per forza ci siamo rimasti male. Poi dopo dovevamo anche andare a Padova, ma ovviamente è saltato tutto e siamo tornati a casa incazzati neri.” “Nell’inserto del vinile non c’è scritta la bestemmia perché tornando indietro non l’avrei più scritta. Mi ricordo che “Giorno” l’ho scritta alla fine di una notte in cui ero a casa e sentivo il letto che si inclinava tutto da una parte e il muro mi mangiava. Non so come ho collegato queste cose insieme.” “Una volta abbiamo suonato a Imperia,” e abbiamo evitato per miracolo che lo portassero via, però comunque si è preso una denuncia per vilipendio alle forze armate. Suonavamo in questa piazza con in mezzo un monumento di un fante col fucile in mano, milite ignoto o quant’altro, e lui ha iniziato a raccontare storie di soldati in trincea che venivano uccisi da una pallottola mentre si stavano segando con giornali porno… discorsi antinazionalisti e antimilitaristi che faceva spesso.Non era vero che era tutto idilliaco. Luca e Marna cominciavano ad avere scazzi pesanti, e i comportamenti autolesionisti, specie sul palco, di lui, cominciavano ad essere sempre più ingestibili—“Si tagliava. In quel periodo lì gli sono venute queste ferite sul petto, che si era fatto con una bottiglia a un altro concerto, che una volta rimarginate erano comunque rimaste molto gonfie. Aveva quattro o cinque di questi graffioni spessi così”, ricorda Simone.
Sandrino non ci stava più dentro, ne era terrorizzato. L’ultimissimo concerto è stato nell’87, il giorno del compleanno di Luca, il 26 aprile, all’attuale Spazio 911. “Il concerto è finito di nuovo con un litigio tra Luca e Marna, che si sono mollati definitivamente e con loro è finito il gruppo”, continua Simone, “Ho portato avanti un’ultima formazione senza Luca e con Maurizio Plancher al posto di Sandrino, di cui Luca non era contento. Ci chiamavamo i PZC, Plancher-Zambelli-Cinotto. Questa formazione è stata la prima band a suonare a El Paso, nella notte del Capodanno 1988. Dopo di noi c’erano altri, tra cui i famosi Ifix Tcen Tcen.”
Avarìa/El Paso
“Tutte le sere per il primo anno al Paso c’era festa. Si iniziava verso le nove/dieci e si andava avanti fino al mattino. O c’erano concerti, o disco, o feste e basta. Finalmente la città aveva il suo posto occupato, e ci passava tutta Torino. Non solo il giro ormai, ma centinaia e centinaia di persone. Una marea di gente: l’avvocato cocainomane, la tipa scappata di casa, di tutto. Era sempre aperto, e un casino di gente, noi compresi, si sono scassati lì dentro. Era una roba incontrollabile, non si fermava mai. La riunione era il lunedì e il mecoledì sera. Entravano anche parecchi di soldi, grazie ai litri e litri di birra e superalcolici che vendevamo ogni sera. Ed era bello perché con quelli si potevano fare cose.”(Simone Cinotto)
Nel novembre ’87 avviene finalmente l’occupazione di El Paso, in cui è coinvolto tutto Avarìa, il collettivo anarchico della città, di cui tutti i Nerorgasmo—anche se in quel momento non esistevano più—facevano parte. “Ci siamo infilati in questo asilo di suore abbandonato da quindici anni,” ricorda Simone, “Era tenuto molto bene: c’erano tutti i gabinetti piccolini, i banchetti, tutto per bambini. Tutte le persone di cui ti ho parlato fino a ora sono state coinvolte nelle occupazioni di quegli anni, compresa questa. Siamo stati sgomberati la prima sera, poi siamo tornati il weekend dopo, e da quel momento lì siamo rimasti. La giunta socialista di quegli anni si era stufata di rincorrerci. Così noi ci siamo trasferiti in massa al Paso. Luca ci ha vissuto per diversi anni, io andavo e venivo, ma ero quasi sempre lì.”
Una delle prime cose realizzate al suo interno è stata la sala prove, anche ad opera di Luca e Simone. Quest’ultimo ha cominciato a collaborare nell’organizzazione dei concerti, ma anche, come tutte e tutti, in questioni più pratiche—“La prima sera del Paso ho cucinato pasta con le cozze per cento persone”—mentre Luca contribuiva con i suoi disegni. La stampa di quegli anni che si interessava alla vita a El Paso era naturalmente cacciata via in malo modo. I giornalisti/ricercatori/laureandi in sociologia venivano solitamente rispediti via di corsa, motivo per il quale di quegli anni—e di El Paso—è stato scritto molto poco. “Ci sono anche pochissime fotografie, perché se qualcuno provava ad avvicinarsi e a fare foto, glielo si impediva”
Ifix Tcen Tcen
“Luca ai Nerorgasmo non ci pensava assolutamente più. Era una cosa che era iniziata nell’84, un secolo prima per i nostri tempi, e ci aveva messo un sacco a svilupparsi perché perché non c’era il gruppo, non c’era la sala, non c’erano i posti nè chi ci facesse suonare… adesso forse non si usa più, ma all’epoca non era tanto strano avere un gruppo che non esisteva. Non eravamo gli unici. C’era un po’ di gente che diceva di suonare con gente, perché stavano tutti bene assieme e avevano cose da dire, ma poi magari non riuscivano a registrare o a suonare in giro. Il periodo con Marna e Sandrino è stato quello in cui abbiamo messo insieme qualcosa, però nel 1987 eravamo già sciolti… Per Luca quella cosa era finita lì. Da lì in poi era cominciato il periodo Ifix Tcen Tcen, che era stranamente il nostro primo vero gruppo musciale, dove cioè non mettevano sempre in gioco noi, le nostre vite, le nostre emozioni. È stato in quel periodo che per la prima volta mi sono interessato alla musica per la musica, al suonare bene e veloce, perché per la prima volta c’era tutto: un gruppo, l’etichetta (TVOR), i concerti e la cosa funzionava. Come gruppo poi sapevamo suonare, Maurizio con la batteria era una bestia.” (Simone Cinotto)
Prima di El Paso, poco dopo lo scioglimento degli ultimi Nerorgasmo, in estate, Luca ha conosciuto Valerio Brio, con il quale ha deciso di dare una svolta alle sue attività musicali, di apportare della positività nella sua vita. Simone per il momento ne era escluso, perché stava portando avanti il progetto PZC senza di lui. Assieme a Maurizio Plancher, detto “Il Gatto”, hanno così scelto il nome Ifix Tcen Tcen, preso dal famoso giornale porno Supersex, con in testa l’idea di formare un gruppo che facesse cover ironiche e veloci di canzoni pop/disco e spot pubblicitari.
Nel novembre ’87, a estate finita, e in concomitanza con l’occupazione del Paso, a Luca è passata completamente l’incazzatura per i PZC e decide di proporre a Simone di suonare con loro. “Valerio suonava già la chitarra,” si ricorda, “e allora mi sono messo a suonare il basso. In quel disco ci sono un paio di pezzi nostri, e le altre cose sono cover completamente rivoltate in pezzi disco music e altre cose. L’idea era di applicare l’hardcore, e quindi la rabbia e la mancanza di controllo, alla musica da supermercato e da televisione commerciale, al polpettone della cultura popolare più banale e volgare che ti si inchiodava nella testa anche se non volevi. Così i Bee Gees, Madonna, Blondie e le pubblicità della Fruitella e della carta igienica Scottex stavano assime a un pezzo dei Germs, “The Slave”. In due mesi abbiamo finito, prodotto e registrato l’LP degli Ifix, Liquid Party, e che è uscito sia su vinile che su CD. Il massimo della tecnologia, allora. Suonavamo con uno stile personale e Luca per la prima volta faceva lavoro di palco. Si era intrippato con Madonna in quel periodo, e quindi cantava con questa maglietta “Italians Do It Better” e con una parrucca bionda ricciolona tipo lei. Non eravamo mai andati così veloce, fino ad allora avevamo un mezzo tempo dark, con la voce bassa… invece qui abbiamo preso le canzoni pop e le abbiamo fatte hardcore. Per cui il disco è tutto veloce, Maurizio sembra usare due casse mentre in realtà è solo una.”
La cometa degli Ifix si era quindi librata a tutti gli effetti, e, come dicevamo prima, Luca ai Nerorgasmo non pensava proprio più. Ciò che forse si è intensificato in quegli anni è stata la dimensione tossica. “In quegli anni a Torino non c’era mai stato niente,” va avanti Simone, “per cui puoi immaginare la ressa che si creava nel weekend per dire. Dopo essere stati ai Murazzi sapevi che andavi al Paso, c’era un casino di gente e ti divertivi fino alla mattina. La gente affluiva continuamente, e dopo un po’ ha iniziato a girare davvero di tutto. Non era difficile rovinarsi in una situazione del genere. C’era chi si alcolizzava, chi si faceva altro.”
La storia si stava ripetendo dunque, ed era inevitabile che ricominciasse tutto il massacro autodistruttivo dato dal rapporto tra Luca e la roba. “Prove sfasciate, solite cose di prima. Si è dovuto chiudere tutto lì, mentre lavoravamo al secondo disco, in questa situazione incontrollabile.”
’92-’93, Reunion Nerorgasmo
“Per me punk voleva dire esprimermi in musica e in strada, quando finalmente si è realizzata sta cosa del posto, paradossalmente El Paso ha cominciato a non essere più stimolante per i miei interessi. Lo trovavo sempre uguale, si riproponevano dei ruoli, non vedevo prospettive. La storia con Annina era finita, non avevo nessun progetto, nessuna direzione positiva, e stare lì dentro non me l’avrebbe di certo data. Per tanta altra gente era diverso, molti trovavano appagante mandare avanti il posto, organizzare concerti benefit, fare le azioni.” (Simone Cinotto)
All’inizio degli anni Novanta, Simone è insoddisfatto e in cerca di nuove direzioni. I Nerorgasmo sono sepolti nel passato. Ciò che né lui né Luca avevano considerato, però, erano le nuove leve di punk, che quasi inspiegabilmente per loro gli si avvicinava. “È saltata fuori una nuova generazione ancora,” racconta Simone, “di ragazzi che avevano dieci anni in meno di noi, e che sapevano tutte le nostre canzoni a memoria. ‘Simone, i vostri pezzi sono parte indispensabile della mia vita’, e io non li conoscevo neanche, erano ragazzini. Allora è venuta fuori questa cosa un po’ promossa dal Paso, un po’ da questi ragazzi, per cui si è messa in piedi una specie di reunion. Io ero confuso, Luca aveva i fatti suoi, la situazione era un po’ così… ma tra il ’92 e il ’93 è saltato fuori questo tipo di richiesta.”
Simone aveva buttato giù dei pezzi nuovi per i PZC, che però non aveva ancora avuto modo di proporre a Luca, né tantomeno di suonare. “Giorno”, “Tutto Uguale” “Questo è quello che tu vuoi” e “Io Sono la tua fine” sono tutti pezzi che ha scritto in quel periodo. “Li riconosci perché sono testi cortissimi al contrario di quelli più letterari di Luca”, ricorda Simone. “Gli altri giri di chitarra che avevo sono invece finiti in “Freccia”, “Fuochi Opposti”, e “Spirale”, con testi di Luca, che sono le sue ultime cose, ancora una volta autobiografiche fino al dolore estremo, sulla fine, sul girare a vuoto, senza uno scopo. A proposito dei testi che avevo scritto, “Giorno”, “Tutto uguale” etc. mi diceva: ‘Sento molto più miei i tuoi pezzi, che quelli vecchi miei. Questi sembra che li abbia scritto un altro.”
“Giorno”, “Tutto Uguale”, “Questo è quello che tu vuoi”, “Io Sono la tua fine” sono tutti testi che ho scritto alla fine della notte,” va avanti Simone, “al ritorno o alla fine di qualche esperienza negativa, come la festa andata male di cui parla ‘Tutto uguale’. Abbiamo messo insieme la roba vecchia e quella nuova, in un periodo in cui eravamo di nuovo in fase creativa—Luca scriveva moltissimo—eravamo sempre lì al Paso con la sala prove a disposizione e la gente voleva vederci suonare, ed esattamente come con gli Ifix, abbiamo fatto tutto di getto. Diversamente da sette anni prima, a quel punto lì poi sapevamo suonare e gestire tutte le cose. Per questa reunion abbiamo coinvolto amici che sapevano suonare bene come Marco Klemenz, che come ho ho detto conoscevo da quindici anni (era nel gruppo di ragazzini, gli A.D.R., da cui era venuto Sandrino) e poi Francesco Dilecce “il Picchio”, che aveva suonato con diversi gruppi new wave e soprattutto è simpatico e costruttivo. I concerti al Paso oggi finiti su YouTube li abbiamo fatti nell’ordine: uno con un tizio di cui non mi ricordo assolutamente il nome, ma che mi stava troppo simpatico, arrivato a Torino da Tenerife casualmente per una settimana e prontamente assoldato… (se ci fai caso nel concerto in cui suona lui ci siamo io, Marco e Luca che gli facciamo i segni, perché lui non sapeva le canzoni); uno con Maurizio Plancher; e l’ultimo con il Picchio.
Ultimo concerto
“Nell’ultimo concerto alla batteria suonò Francesco Dilecce, ora mio batterista nei Via Luminosa. Con lui abbiamo fatto l’ultimissimo concerto dei Nerorgasmo, quello che è diventato l’album “Nerorgasmo Live a El Paso” e in cui Luca era vestito da nazi. Credo che sapesse che sarebbe stato davvero l’ultimo concerto. Mi ricordo che è stato tutto il giorno, dalla mattina alle otto, fino a mezzanotte, prima di suonare ad assemblare l’uniforme da ufficiale SS. Chicca, la sua ragazza dell’epoca, appena prima del concerto mi disse ‘Che due palle, mi ha portato in giro tutto il giorno per tutta Torino a cercare tutte le cose, maniacalmente.’ Voleva proprio la mostrina della particolare divisione delle SS… ti ho detto no che faceva un sacco di modellismo fin da piccolo, con la passione per i soldati nazi?” (Simone Cinotto)
A quel concerto c’era pure Lallo, un eccellente bassista che ha fatto tra l’altro il turnista per artisti importanti. “Non avevamo ancora iniziato a suonare e Lallo ha cominciato a fare il culo a Luca per il suo abbigliamento nazi,” ricorda Simone. “‘Come cazzo sei vestito? Vergognati! Levati di torno’. La cosa è andata avanti per quasi tutto il concerto. E allora Luca ha fatto quel discorso che c’è anche registrato nel disco, dove parla della nostra società che è già nazista, etc. Tutto ciò avveniva un mese prima delle elezioni in cui ha vinto Berlusconi per la prima volta, e c’erano quindi avvisaglie di un regime totalitario, almeno in quelle forme nuove per l’Italia. Quello che disse Luca sulla “società già nazista” credo si riferisse anche a quello che stava avvenendo e che stava per avvenire…”
Il ricavato di questo concerto è stato utilizzato per la registrazione dell’LP, avvenuta nel 1993, allo studio Acqualuce di Alpignano (TO).
Nerorgasmo LP
“Alla fine il disco l’abbiamo fatto, registrato da Tino Paratore, in uno studio ad Alpignano che si chiamava Acqualuce. Sono andato a Milano con Sdro, in un posto dove stampavano, a prendere i dischi stampati. Gli ho fatto a Luca, “Luca vieni a vedere questi dischi? Così vediamo come sono venuti?” Lui, “Sì, eh, ok…” e non è venuto. E la cosa è di nuovo rifinita lì. I Nerorgasmo sono finiti lì.” (Simone Cinotto)
L’LP infatti non era di certo un punto di partenza, ma di arrivo. Un modo per incidere e tenere una copia fisica di quanto fatto, suonato e vissuto negli anni precedenti. Un elogio a quello che i Nerorgasmo erano stati, e che sicuramente non sarebbero tornati a essere. “Per Luca era così, dentro la faccenda di registrare l’ho tirato io”, conferma Simone, “lui di sua iniziativa non l’avrebbe mai fatto. Dopo questo disco non ci sono stati seguiti, io me ne sono andato con un altro gruppo che si chiama Fluxus a fare tutt’altra roba. Da dopo che abbiamo registrato a quando Luca è morto, non ci siamo rivisti moltissime volte e soprattutto a molta distanza una dall’altra.”
Foto di copertina Nerorgasmo LP 1993 (finestra della soffitta di piazza Statuto dove abitava Luca all’epoca). Per gentile concessione di Simone Cinotto.
“Abbiamo registrato tutto in una giornata,” mi spiega Francesco Dilecce,“tutti ‘sti pezzi uno dietro l’altro, tutti nella stessa stanza. Valeva il buona la prima. Poi abbiamo fatto delle sovraincisioni, e Luca ha fatto la voce. Le voci sono tutte doppiate, se ci fai caso. Le stesse parti sono ricantate più volte, e si sente che sono sovrapposte. Siamo arrivati alla fine che non ce la facevamo più. Continuavamo a sbagliare, e penso che per l’ultimo pezzo abbiamo preso la versione meno peggio. Tutto in un giorno, poi. Abbiamo cercato di arrivare lì più preparati possibile, perché lo studio costa, più tempo stai e più paghi. Allora uno cerca di ottimizzare i tempi. Se avessimo avuto più tempo, avremmo fatto tutto con più calma, sarebbe stato diverso. Se però il budget è limitato… Poi il giorno dopo sono state fatte le voci, con calma. Abbiamo pure registrato suoni di sgabelli, sedie, cose strane [Ride]. Ovviamente di questi dettagli mi sono occupato io, dato che per tutto il resto mi sono limitato a suonare. Le uniche tracce in cui ho potuto dare un apporto creativo mio sono state “Freccia” e “Spirale”, le più nuove.”
La fine
A disco ultimato e venduto, come prevedibile, i cammini di Luca e Simone si separano. Niente di drammatico o particolarmente tragico, ma gli incontri tra i due hanno cominciato ad essere sempre meno frequenti. Sembrava che Luca non riuscisse a gestire i vortici di ansia, oppressione e inadeguatezza nei confronti di quelle famose aspettative che la società attorno a sé gli richiedeva, mentre la roba continuava a fare parte della sua modalità di vita. “Tutti i rapporti che creava,” continua Simone, “prima quello con Marna, poi con la ragazza che è la madre di sua figlia, si instaurava sempre una dinamica dell’amore, del sesso, dell’affettività, che alla fine diventavano un’unica sensazione di scatola, in cui l’altra aveva aspettative… La madre, dopo la nascita della figlia, si era convinta che finalmente Luca avrebbe messo la testa a posto, e lasciato stare le droghe, perché adesso c’era una bambina e finalmente sarebbe tornato a lavorare con lei. Lei gli avrebbe ceduto lo studio perché voleva andare in pensione, stava diventando anziana, etc. Il padre pure aspettava il giorno in cui avrebbe potuto dire ‘Finalmente non ti vesti più così’, lui ce l’aveva col fatto che avesse i tatuaggi e sperava che il figlio a un certo punto con l’età si sarebbe finalmente pulito, e vestito con la camicia come lui. Soprattutto avrebbe smesso di farsi e mollato le cattive compagnie.”
Le aspettative che con l’età Luca sarebbe finalmente tornato con i piedi per terra e avrebbe preso il laboratorio fotografico della madre, seguito la figlia, andato a vivere con la madre della figlia a Roma, erano sempre più pesanti, e in metà dei testi dei Nerorgasmo sono estremamente lampanti. “Le catene, e recinti, le imposizioni, le aspettative erano un tormento per lui, la sua natura da superuomo nichilista non lo accettava. Alla fine però c’è anche un elemento di debolezza, perché si rendeva anche conto che a quel punto drogarsi lo distruggeva, gli rendeva la vita triste, difficile, incasinata.”
Gli anni a venire, e cioè la seconda metà dei Novanta, sono stati silenziosi. Ognuno per la sua strada, qualche telefonata e qualche lettera ogni tanto. “Io intanto avevo cominciato a fare il ricercatore su e giù tra Italia e Stati Uniti ed ero poco in Italia,” continua Simone. “Lui si era messo con Manu, una ragazza con cui viaggiava e che a un certo punto l’aveva convinto ad andare in Perù in una comunità forse religiosa o forse laica, non mi ricordo. Avevano proprio comprato i biglietti. Una sera ha telefonato a casa mia, ha trovato la segreteria e ha lasciato questo messaggio che io non sono mai riuscito a sentire. Diceva tipo ‘Oh, Simo. Mi è venuta un casino voglia di vederti, so che sei via. Guarda, vado via anch’io, vado in Perù! Sono contentissimo, dai appena torno ci vediamo!’ Questo messaggio l’ha sentito mia moglie, che era a Torino, e una volta sentito l’ha cancellato. Il giorno dopo Luca è morto. Mi hanno telefonato in America e me l’hanno detto. Questo è stato il gran finale.”
Ultima cartolina. Per gentile concessione di Simone Cinotto.
Dopo Luca
“Tutti questi dischi che vengono fatti, magliette stampate, adesivi, io inviterei la gente a non comprarli, perché secondo me sarebbe più furbo e sano che se le facessero da sé. La nostra musica è tutta online. Fate da voi, come facevamo noi con le mascherine e i pennarelli. Con quella roba lì, i cofanetti, le ristampe, non c’entriamo niente. Molte cose non le ho mai neanche viste, per cui il materiale che circola è copiato di qua e di là e non riflette chi siamo stati. A me dà fastidio che tutte queste operazioni, dal commerciale allo sciocchino siano fatte in assenza del protagonista, immaginato un po’ come l’eroe che trascende l’umanità, e tuttavia viene monetizzato.” (Simone Cinotto)
La forza dei Nerorgasmo, intesi come organismo Simone/Luca, era che la loro attività musicale, non era pensata per intrattenere le persone, né per trovare consenso in masse particolari. “Qui non stiamo facendo un concerto, questa è la nostra vita”, urlava Simone ai concerti, quando vedeva la gente lamentarsi. Una vita che aldilà dei moralismi e delle ovvietà, aveva bisogno di essere latrata in questo esatto modo, con questo esatto percorso. Con la morte di Luca Abort Bortolusso, si è spento il rogo Nerorgasmo, ma com’è facilmente immaginabile non il legame tra i due fratelli/compagni, che io, devo essere sincera, inizialmente neanche sospettavo.
Le attività commerciali messe in piedi a seguito dell’episodio sono di poco conto, e credo si commentino da sole. Ci tengo però a sottolineare che il live del 2012, che ha coinvolto anche Simone e tutta l’ultima formazione, non è stata fatta con il semplice e patetico scopo di commemorare la figura di Luca, né di lucrarne in qualche modo. È più stato un ritrovo di vecchi amici, che hanno approfittato del volantino dall’aspetto “molto Nerorgasmo”, come l’ha definito Simone, per ritrovarsi a fare ciò che avevano fatto venti anni prima.
Tutto quello che c’era da dire è stato detto, e forse è il caso di ribadire che neanche questo post è un tributo canonico, fine a se stesso. È il racconto di dieci anni di anarchia, nichilismo, lotta alla mediocrità bigotta italiana—torinese—ma anche di ansia, eroina e disgusto per le imposizioni messi in musica. No nostalgia, no paraculismo. In questo, sono convinta, pure Luca sarebbe stato d’accordo.
Provini Luca, 1988. Per gentile concessione di Simone Cinotto.
Segui Sonia su Twitter—@acideyes