Música

Sono stata al concerto di Massimo Pericolo con MaRue

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La ragazza di provincia che è in me gioisce sempre molto quando vede la propria città, che è Parma, sfidare a muso duro le calamità a cui è soggetta, come la bolla di umido in cui è immersa 330 giorni l’anno, in nome della musica. In questa fetta di Pianura Padana in cui i giorni vivibili vengono celebrati come i passaggi delle comete, gente con sconfinata fiducia nel potere dei concerti belli ha, infatti, messo su un festival con i contro cazzi, che si chiama Parma Music Park e che ha in cartelloni robe parecchio interessanti come, tra gli altri, MYSS KETA insieme a due tranquilloni di Ivreatronic, Capo Plaza e, attenzione, i Cannibal Corpse.

Non è stato, comunque, il fascino vagamente redneck della location—che, per la precisione, non è manco a Parma città, ma una mini frazione chiamata San Polo—a convincere il mio ospite MaRue, un tempo Maruego, a farsi un’ora e mezzo di macchina da Milano per partecipare a Concertini. È stata invece la curiosità di vedere Massimo Pericolo dal vivo, in apertura a Madman, accoppiata che ha fatto convogliare al Music Park una fiumana di ragazzi e ragazzini.

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Raramente mi sono imbattuta in un pubblico così giovane, e se il dettaglio anagrafico all’inizio mi ha gasata, facendomi tornare in mente quando a 15 anni mentivo ai miei per andare a sentire gli Sham 69 a Bologna, al primo “lei” che mi sono sentita rivolgere ho avuto un piccolo breakdown, che ho risolto dignitosamente con un breve pianto con la fronte contro un albero. Il mio ospite, comunque, nonostante un viaggio diventato una sorta di incubo composto di code, incidenti e apocalissi autostradali varie, è arrivato comunque fresco, profumato e portatore sano di ondate di good vibes.

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MaRue e l’autrice

Sta molto bene, MaRue, e lo si è potuto intuire subito. Dalla faccia rilassata, dalla presa bene di incontrare di nuovo Noisey (“anche se adesso mi dovete spiegare perché sul sito non c’è più The People Versus Maruego”), dalla voglia di raccontare questo momento nuovo, che è seguito a una pausa “lunga due anni, che possono sembrare niente, perché credo che un cantautore o una band se li possono permettere senza che il loro pubblico li immagini come finiti, ma che invece sono tantissimi se ti muovi in una scena, come quella da cui vengo io, che mette la velocità, la presenza, l’esserci a ogni costo, anche se non si ha un cazzo da dire, al primo posto”.

Noisey: Parleremo di pause, ma dato che hai citato “la scena” e dato che a brevissimo attaccherà Massimo Pericolo, vorrei partire chiedendoti che ne pensi di lui.
MaRue: La prima cosa sua che ho sentito è stata, come credo per tanti, “7 Miliardi”, e subito m’è sembrata troppo hardcore, un po’ troppo distante dalla mia linea. Poi, però, quando è uscito “Sabbie d’oro”, con il video che ricorda Gomorra, mi sono ricreduto di brutto e mi sono detto “cazzo, questo ragazzo è davvero bravo a scrivere”. Secondo me sta facendo bene, non scimmiotta nessuno, ha una bella penna, ha le idee chiare e la personalità.

Credi che lui risponda alla voglia di tornare a un rap che parli di cose meno frivole e più politiche?
Sì, anche perché la trap, bella presente negli ultimi anni, ha, non solo secondo me ma secondo diverse persone con cui mi sono trovato a parlare di questo tema, un po’ stancato. Nel senso: parlano tutti della stessa cosa, dello stesso brand, dello stesso modo di fare soldi e si è dimenticato o si è voluto dimenticare, che alla base della musica tutta ci deve essere qualcosa da comunicare. Il rap, poi, è nato come voce, diciamo, del popolo, non è nato come simbolo del “sogno americano”. L’hip hop è stato una forma di protesta e secondo me Pericolo sta tornando in quella direzione lì.

Ma a te piace andare ai concerti?
Non ci vado spessissimo, ma ti dirò la verità, quando vado scelgo artisti che non c’entrano niente con il rap.

Tipo?
Vado ai concerti indie. Ma anche ai concertoni mainstream, tipo quello dei The Giornalisti.

Non me l’aspettavo.
Eh lo so. [ride]

E invece da questo live che cosa ti aspetti?
Un pubblico presente dall’inizio alla fine e non con le braccia conserte in attesa della hit potente. Sono curioso, perché questi sono i suoi primissimi show, lui è proprio fresco, quindi sarà interessante vedere come se la gestirà.

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L’autrice aiuta MaRue a salvarsi dalle zanzare

Da quanto non ti esibisci tu?
Eeeh, io sono fermo da parecchio. Un po’ per colpa mia e un po’ no, ma non vorrei entrare troppo nello specifico della cosa, però ovviamente c’entrano moltissimo le label. Non potevo uscire, in sostanza, e questa cosa mi ha senza dubbio penalizzato, ma allo stesso tempo io stesso non mi sentivo più quello che stava portando qualcosa di nuovo, come quando ho iniziato. Non sentendo di essere innovativo, come sono stato, senza falsa modestia, con cose come “Click Hallal“, che hanno dato una bella sventagliata di freschezza al panorama italiano, mi sono come ritratto.

Secondo te qual è stata la cosa più nuova che hai messo in circolo?
Anche solo la faccenda dell’autotune, che molti non usavano, allora ha funzionato, ha colpito, così come il plurilinguismo. Ma io non voglio ribadirmi, io voglio rinnovarmi e anche se non posso spoilerarti niente, ti posso dire che non ho seguito per nulla quello che va adesso, dalle ispirazioni latine al reggaeton, ma ho preso un’altra direzione. Che sentirete più avanti. Ed è una cosa che mi piace tanto, tantissimo.

Dai, neanche un mini spoiler?
Allora, ti dico questo: a me è sempre piaciuto andare a ballare la techno e l’house, e io penso che l’Italia su quel fronte sia rimasta tra Gigi D’Agostino e la trap, quindi la parola chiave del mini spoiler potrebbe essere “trap-house”.

Prima interruzione: Massimo Pericolo sta iniziando, quindi ci fermiamo e andiamo sotto palco. Sia a me che al mio guest piacciono subito due cose: che non ci sia traccia dell’autotune e che il live sia essenziale, scarno, crudo, senza pomposità, in una parola genuino, che sarà poi proprio lo stesso aggettivo con cui MaRue, dopo aver incontrato e lungamente chiacchierato con Massimo, si sentirà di descriverlo. “Solo mi spiace ci sia il pubblico un po’ fermo: sì, se le cantano, ma è come se stessero aspettando ‘7 Miliardi’, sento un po’ quella cosa lì, però ci sta: ci sono passata pure io con ‘Cioccolata’. Lui però è figo, ci mette l’anima, è acerbo ma ha la fame, la grinta e dice cose diverse dagli altri. Poi, vabbè è una cosa mia, però se devo dire una cosa che mmm… Non mi piacciono le bestemmie, cioè le trovo brutte, anche solo a livello di suono”.

massimo pericolo live parma
Massimo Pericolo live

Con questa riflessione che mi coglie alla sprovvista e inizia a mandarmi in corto circuito come e più del tasso di ritenzione idrica (ho bevuto 8 birre, 18 litri d’acqua e non ho ancora fatto pipì), arriva salvifica “Sabbie D’Oro”, MaRue se la canta, e nel frattempo uno degli organizzatori ci fa scivolare nel backstage. Qui finiamo di sentire il set di Massimo, che è stato sul palco quasi un’ora e s’è portato a casa uno show che sembra rispecchiarlo perfettamente, e cioè asciutto, sincero, di cuore, e che dopo “Scacciacani” ovviamente si conclude con la manata che è “7 Miliardi”, che se non è già dentro la colonna sonora di qualcosa di clamoroso allora il mondo è davvero tutto sbagliato.

E mentre quella che per noi di Noisey è stata da subito la next big thing del rap italiano, si andava a ripigliare un attimo in camerino prima della foto di rito di Concertini, io, sentendomi peraltro la regina assoluta dei cagacazzo, strappavo MaRue all’amico Madman, per ripartire con le domande.

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Senti, già che ti ho interrotto mentre eri in presa bene con Madman, ti faccio la domanda più scontata di oggi, e cioè come mai hai deciso di cambiare nome, da Maruego e MaRue.
Maruego è un nome troppo rappresentativo del mio essere marocchino, e ci avevo giocato molto all’inizio. Ma siamo in Italia, io faccio musica in Italia e non voglio essere un riferimento solo per il pubblico nord africano, ma di tutti. Non che mi dispiacesse essere seguito dai figli della mia terra, però ora voglio allargare lo sguardo. Cioè, metti che uno si chiama “il milanista”, tutti quelli delle altre squadre non ti avrebbero in simpatia. Così me la sono giocata col fatto di togliere l’“ego”, di togliere questo ego marocchino e lasciare MaRue, che in francese significa “la mia strada”, e in effetti è quello che ho fatto.

C’è in parallelo, mi dicevi, anche un cambiamento stilistico, giusto?
Sì. Prima, confesso, pensavo a fare la hit, a seguire quello che andava, ora faccio quello che piace a me, non devo più prostituirmi musicalmente e andare incontro a quello che la gente vuole.

Tornando al discorso delle radici, ti ha stupito il fatto che Mahmood, dopo aver vinto Sanremo, abbia dovuto ripetere mille volte di essere italiano?
Non mi ha stupito, ma è una cosa che odio. Purtroppo oggi un artista deve sempre portare con sé una “notizia” e sei sei un artista di seconda generazione la cosa su cui ti tormenteranno saranno le tue origini, la tua provenienza, non la tua musica. E comunque gli stessi musicisti un po’ ci marciano, perché se nel testo fai riferimenti al Ramadan o al narghilè tu stesso racconti di avere origini non italiane, quindi chi gioca con chi? Comunque è un problema italiano. Cento per cento italiano, altrove non esistono ‘ste cose. Io ho in progetto di non rispondere più a queste domande, e di rifiutare qualunque proposta giornalistica che voglia indagare sulla mia comunità. Perché io faccio musica, non sono il paladino dei musulmani, non me ne frega di essere paladino di un cazzo.

Però prima mi dicevi che la religione è una parte davvero importante della tua vita.
Sì, ma il mio vuole essere un messaggio di integrazione, non di proselitismo. Se io riesco ad adattarmi in Italia, nonostante la mia religione, questo fa già parte dell’integrazione. Non bisogna farsi schiacciare dalla propria religione, e lo dico da musulmano che deve o dovrebbe sottostare a tanti divieti. Bisogna sapere dosare e bisogna essere informati, perché molte cose che ci impone l’Islam sono a fin di bene, ma pochissimi non-musulmani lo sanno.

Mi fai un esempio?
Il non mangiare maiale nasce dal fatto che in un paese caldo mangiare un animale grasso può essere pericoloso per la salute, così come la circoncisione che è per motivi igienici. Nella nostra preghiera c’è anche della ginnastica, e lo fai cinque volte al giorno e questa è una cosa bella, così com’è bello che prima di pregare tu debba essere puro, cioè lavato. Che uno degli stereotipi ci vorrebbe tipo sporchi, e invece noi ci laviamo cinque volte al giorno, ci dobbiamo lavare i piedi tre volte, le unghie tre volte, le mani tre volte, bere l’acqua e sputarla tre volte, pulirci il naso con l’acqua tre volte e così via.

Riesci a praticare in Italia?
Qui è difficile. A parte che non c’è il muezzin che ti dice quando è il momento, poi mentre nelle moschee ci sono i lavatori dove puoi prepararti per la preghiera, qui è un casino riuscire a lavarsi cinque volte al giorno. Il Ramadan è più facile in Marocco, perché i negozi stanno chiusi, la gente può dedicarsi a quello, qui no. Io comunque penso che si debba essere più fluidi del dogmatismo, perché ricordiamoci che Dio è più grande della religione, è più grande delle sue stesse leggi. Io per esempio sono tatuato anche se per la mia religione non potrei, ma è una cosa che mi piace che mi fa sentire meglio, e quindi sento di non stare peccando.

massimo pericolo live parma
Massimo Pericolo live

Però è da poco che sei tatuato, ricordo che non lo eri fino al tuo primo disco.
Mi sono tatuato dopo un periodo molto brutto, per abbandonarmi al dolore, perché avevo bisogno di sentire il male fisico dell’ago sulla pelle, ed è stato un po’ una terapia.

E ora che periodo è?
Bello. Pieno di cose che mi gasano. Sono tornato alla musica, sono tornato all’amore della mia vita.

Seconda interruzione: Massimo Pericolo viene a salutare MaRue, si fanno due foto e poi attaccano a parlare a tuono, fintanto che, giustamente, vanno a vedersi dal palco un pezzo dello show devastante di Madman. Tornano diversi minuti dopo, ma chi se ne frega, l’atmosfera è proprio figa.

M’è sembrato un bell’incontro tra voi due: che vi siete detti?
Gli ho fatto i complimenti, gli ho detto che lo stimo perché non assomiglia a nessun altro e questo è già un grande talento. Mi è piaciuto, è un ragazzo genuino, si vede. Lui, invece, m’ha detto che sono stato cruciale per il suo percorso.

Ti emoziona sentirti dire così?
Sì, ma è qualcosa di cui, non per fare il grosso, sono consapevole. So che ho dato nuovi riferimenti alla scena italiana, quindi se qualcuno me lo riconosce sento che è un pensiero sincero.

Prima, parlando dei tatuaggi, hai accennato a un periodo brutto: cos’è successo?
Penso di aver avuto una depressione. Da un momento così devi essere bravo a venirne fuori, sennò davvero ti capita che ti vuoi ammazzare. Io ho davvero avuto anni di sfighe assurde, che non dipendevano mai da me, mi sembra di avere addosso una maledizione, te lo giuro. Sono andato da gente per farmi curare il malocchio, perché era davvero fuori dal normale. Cioè, per dirti, come se adesso io e te ci siamo fatti ‘sta intervista per Noisey, io tutto contento di averla fatta, e a te stasera ti rubano il telefono e perdi tutto. Ecco, succedevano a raffica cose così.

Qual è stata la spinta opposta a questo momento no?
Mi sono ricordato di avere un talento. Mi ero dimenticato di saper fare la musica. Vedevo intorno le altre cose stupide e mi dicevo: cazzo, anche se mi impegno io ‘sta roba non riesco a farla. Mi sentivo fuori, sia nel senso di tagliato fuori che coscientemente estraneo a quel mood. Ora però ne sono uscito, mi sento libero, mi sento bene, basti dire che prima probabilmente non sarei manco riuscito a parlare con te, non avrei proprio saputo che cosa dirti, perché ci sono stati periodi che mi svegliavo la mattina e non vedevo l’ora che arrivasse sera. E invece ora sto qui e mi diverto pure.

Hai avuto, in quei momenti, persone realmente vicine?
L’amore mi ha allontanato molto dalla musica. Sono stato fidanzato con una persona bellissima, che mi ha dato tanto e mi ha insegnato tantissimo, ma che mi ha portato via la testa dalla musica. Non mi godevo più quello che avevo costruito, che non era tanto, ma era comunque qualcosa per cui stare bene, e invece se lo sono goduto gli altri al posto mio.

Quindi sei tornato alla musica chiudendo la tua relazione?
Sono tornato, come ti dicevo prima, al primo amore. Poi, un giorno, quando sarò sicuro di quello che avrò costruito, sogno davvero una famiglia. Io non ho mai avuto un padre, e forse proprio per questo mi piacerebbe essere padre, ma prima voglio realizzarmi per poter trasmettere quello che ho imparato a qualcun altro. Io credo molto nella famiglia, la immagino come parte imprescindibile della mia vita futura.

Il singolo che hai lanciato, “Bunga Bunga”, mi ha fatto sorridere fin dal titolo, perché è capitato di sentire amici commentare la situazione politica di oggi dicendo che “era meglio quando c’era il bunga bunga”.
Si stava meglio quando si stava peggio, è vero. Poi in realtà quel pezzo ce l’ho in cantiere da un anno, doveva uscire l’estate scorsa.

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L’autrice e MaRue

Con chi stai lavorando ai nuovi pezzi su cui vige il no spoiler?
Con un produttore nuovo, francese, molto molto forte, roba da dischi di diamante, dischi di platino. Ora sono in fase di scrittura e al momento ho qualcosa come cinque o sei pezzi che mi soddisfano pienamente, sento di essere sulla strada giusta.

Quando li sentiremo?
Usciranno a singoli. Preferisco così che pensare a un album, per il quale non è il momento giusto per me.

Stai pensando a dei featuring per i prossimi pezzi?
Guarda, io ho lavorato con tutti i più grandi italiani, mi manca solo Marra, e con alcuni di featuring ne ho fatti pure diversi, quindi non mi sento più in “dovere” di andare a caccia di queste cose. Ci saranno featuring nei prossimi pezzi, ma saranno con artisti stranieri.

So che hai un rapporto controverso con “Cioccolata”, che è una delle tue hit ma è, hai detto, uno dei pezzi in cui ti piaci meno: ti ha fatto scoprire qualcosa di te stesso, essere così apprezzato per qualcosa che in realtà non ti soddisfaceva?
Sì, ed è per questo che ora ho fatto uscire “Bunga Bunga”. Io lo so che ora sbaglio a dirti questo, perché un artista dovrebbe sempre mostrarsi super confident delle robe che fa, ma la verità è che quel pezzo m’è servito per dire “hey, raga, sono qua, sto tornando”. A me non fa impazzire, però mi sono detto “metti che succede come con ‘Cioccolata’, che a me non piace ma la gente ci impazzisce”…

Vogliamo chiudere ripetendo l’appello?
Sì, certo: dove cazzo è finito The People Versus Maruego?

NOTA DELLA REDAZIONE DI NOISEY: Il sito negli anni è un po’ cambiato quindi è difficile da trovare, ma The People Versus Maruego esiste ancora, eccolo qui:

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