Secondo la classifica della libertà di stampa stilata da Reporter Senza Frontiere per il 2011-2012, l’Uganda si classifica al 139esimo posto su 179, ma siamo certi ci debba essere un errore, perché lo stesso Uganda pubblica il miglior giornale al mondo, il più geniale mai concepito—il Red Pepper. Se credete che la nostra stampa sia ossessionata dalle “minacce terroristiche” in giro per il mondo, osservate come reagisce il “Giornale ugandese dell’anno” (quale anno, chiedete? Che domande, ogni anno!) di fronte a 18 casi di decesso per ebola.
Sì, con un font rosso sanguinante e un’infografica a tutta pagina che intima ai lettori di non portarsi ragazze sovrappeso nei bagni pubblici. E se anche solo un ottavo del giornale si è dimostrato più leggibile e informativo di qualsiasi quotidiano siamo soliti leggere, quelli di Red Pepper non se stanno sugli allori. Nelle pagine interne troviamo infatti inchieste degne dei più prestigiosi premi di giornalismo, capaci di seguire vicende delicate come animali falliformi e lesbiche adescatrici con una profondità d’indagine e cura sconosciuta al resto del giornalismo mondiale.
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Per un giornale è facile seguire la linea “sangue-sesso-soldi”—soprattutto se il sangue in questione è quello di 18 persone colpite da febbre emorragica—, ma ciò che distingue veramente Red Pepper è la sua capacità di coniugare il tutto con una generosa dose di “buone notizie”, senza però ricorrere alle banali non-storie di cui abbondano i telegiornali estivi.
C’è persino una pagina in stile giornaletto scandalistico di gossip sulle celebrità, con la differenza che il tono è molto più scabroso e diretto, e quelle di cui si parla non sono veramente celebrità.
Molti tra gli studenti stranieri e i membri di ONG che vivono in Uganda non apprezzano Pep, accusandolo di assecondare gli interessi più bassi dei lettori e, addirittura, di essere uno strumento ideato dal potere per distrarre la classe lavoratrice dai veri problemi del Paese. Forse anche voi la pensate così. Forse pensate che facciamo ironia da uomo bianco con la puzza sotto il naso, quando definiamo i giornalisti di Red Pepper alcuni degli uomini con i principi più sani del settore.
E invece no, perché Red Pepper non vuole assecondare nessuno. Vi trovate davanti al giornale che è finito in tribunale per aver affermato che Gheddafi si faceva la regina dei Tororo, e che dopo aver perso la causa ha continuato a sostenere le sue idee nonostante il Colonnello avesse passato l’ultimo anno della sua vita a finanziare il governo e la monarchia Tororo. Non vi siete mai chiesti perché la moschea più grande di Kampala e una delle strade della città portino il suo nome? Red Pepper l’ha fatto, e qualcuno potrebbe etichettarla come una semplice mossetta per far soldi, ma sapete cosa vi dico, questo giornalismo senza compromessi merita di vendere. La loro determinazione nel conquistarsi contemporaneamente l’odio di lettori e potere lascerebbe senza parole persino quella testa calda di GG Allin. Sono un simbolo di integrità e autentica fermezza nel bel mezzo di un oceano di corruzione.
E prima che qualcuno se ne esca con la solita storia “gli ugandesi sono degli omofobi frustrati e sessualmente repressi”, date un’occhiata all’inserto Honey: The Magazine for Lovers e trovatemi una fanza femminista di qualche Paese progressista abbastanza aperta da pubblicare articoli come questi:
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Yolanda Mejia Carranza