Immagine: Jenny Read/Newcastle University
I neuroscienziati hanno messo un paio di occhiali 3D sul muso delle mantidi religiose, tutto per una ricerca che potrebbe contribuire a dare una visione tridimensionale ai robot. Amo questa idea per molti motivi, in primo luogo perché A) questi insetti hanno un che di magnetico con un paio di lenti addosso, e B) penso sia un uso veramente interessante degli occhiali 3D, anche se riservato ad animali dalle abitudini cannibali.
Il 3D sembra quasi una trovata di marketing piuttosto che una tecnica funzionale, ma ci sono seri motivi alla base del progetto del gruppo della Newcastle University per attrezzare le mantidi religiose con occhiali 3D e piazzarle in un mini cinema a misura d’insetto. Jenny Read, la responsabile del progetto all’Istituto di Neuroscienze, mi ha parlato dal Giappone, dove era in visita presso un altro laboratorio di mantidi religiose. Mi ha detto che questi insetti particolari sono modelli di grande interesse per la comprensione della stereo-visione, cioè, la capacità di vedere in 3D.
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“Sono gli unici invertebrati che sappiamo avere una visione in 3D,” ha detto Read, ricordando il lavoro del neurobiologo Samuel Rossel negli anni Ottanta. Nei suoi studi, alcune mantidi si sono mostrate sensibili all’effetto visivo creato da prismi messi davanti ai loro occhi per piegare la loro linea visiva e far sì che gli oggetti sembrassero più vicini di quanto non fossero realmente.
Immagine: Jenny Read/Newcastle University
Read spera di saperne di più su come funziona questo meccanismo 3D delle mantidi, che potrebbe anche fornirci qualche idea sull’equivalente umano. “La grande attrazione di un insetto è che ha un sistema molto più semplice,” ha spiegato la ricercatrice. Poiché il numero di neuroni in un cervello di mantide è di molti ordini di grandezza inferiore rispetto a quello di un cervello umano, i meccanismi che permettono loro di vedere in 3D dovrebbero essere più facili da comprendere.
Per studiare la visione degli insetti, il gruppo di Read ha fornito loro occhiali 3D simili a quelli distribuiti nei cinema. Le lenti degli occhiali sono tagliate in forme regolari delle dimensioni adatte alle mantidi, e sono innestate sul loro capo con della cera d’api. Successivamente, le mantidi sono collocate nella loro sala di proiezione in miniatura. Qui viene mostrato loro un puntino che si muove sullo schermo a diverse profondità apparenti, quasi come se fosse un insetto, e i ricercatori osservano le loro reazioni “di attacco.” L’idea, infatti, è che le mantidi attacchino la preda solo quando pensano che si trovi abbastanza vicina.
Un altro test prevede di visualizzare sullo schermo un “insetto” camuffato per vedere se le mantidi sono in grado di scorgerlo sullo sfondo. Questa è una caratteristica fondamentale della visione 3D umana—vediamo cose che si stagliano in primo piano che non saremmo in grado di vedere con un occhio solo—ma non sappiamo se gli insetti siano capaci di fare lo stesso. “Per loro sarebbe una cosa sensata essere in grado di farlo, perché devono cacciare prede camuffate, ma nessuno lo sa con certezza,” ha detto Read. Se scoprissimo come funziona questo meccanismo, potremmo anche intuire come funziona il loro “algoritmo stereo”—i calcoli fatti dal loro cervello che mettono insieme le immagini viste da ciascun occhio separato.
Le potenziali applicazioni di queste conoscenze ricadono soprattutto nel campo della robotica. Dare ai robot una visione in 3D sarebbe un vantaggio non da poco, in quanto gli automi devono essere in grado di percepire la profondità per portare a termine molti compiti utili. Read ha sottolineato che il rover Curiosity, per esempio, utilizza telecamere 3D che lo aiutano a comprendere il paesaggio marziano.
Immagine: Newcastle University
La domanda principale a cui rispondere è se la visione 3D delle mantidi funzioni essenzialmente come quella umana oppure no. Se fossero simili, la scoperta ci direbbe cose interessanti sull’evoluzione, dato che sappiamo che la visione tridimensionale è evoluta in modo indipendente negli insetti e negli esseri umani.
“Sappiamo che la visione in 3D di un insetto è evoluta in modo completamente indipendente dalla visione 3D umana,” ha detto Read. “Se tutto ciò è accaduto nel corso di milioni di anni di evoluzione, allora deve essere davvero una buona soluzione. Di conseguenza, qualsiasi modello di visione 3D creeremo per i robot dovrà funzionare allo stesso modo, perché è chiaramente di gran lunga il miglior modello disponibile.”
Se Read e il suo gruppo dovessero scoprire che le mantidi hanno un modo diverso di vedere in 3D, la cosa avvantaggerebbe comunque i robot. Tutto sommato, è probabile che quello degli insetti sia un meccanismo 3D molto più semplice di quello che ha sede nel nostro cervello. Perciò, offrirebbe una soluzione più semplice ed economica che non richiede enormi risorse computazionali.
“La maggior parte dei modelli di visione artificiale per il momento si fonda e ispira sulla visione umana,” ha detto Read. “Ma gli insetti offrono un modo completamente diverso di affrontare la sfida.”
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