Chi convive con problemi di salute mentale sa che questi possono avere conseguenze sulle loro relazioni. Perciò, può essere difficile affrontare l’argomento quando si conosce qualcuno. Metti che la persona con cui hai appena iniziato a uscire si fa prendere dal panico?
Io soffro di Sindrome della testa che esplode (EHS, Exploding Head Syndrome), che significa che sento forti rumori immaginari appena prima di addormentarmi o di svegliarmi, e ho avuto a lungo attacchi di panico ricorrenti. Trovo difficile parlarne con una persona che ho appena conosciuto e a cui sono interessata. Una volta ero a casa di un ragazzo con cui uscivo e ho iniziato a urlare nel mezzo della notte, e lui non aveva idea di che cosa stesse succedendo. Quando capita una cosa del genere, tocca dare spiegazioni.
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Quand’è il momento giusto per parlarne? Ti butti al primo appuntamento? O non dai dettagli finché non succede qualcosa? Ho chiesto a cinque persone come gestiscono i loro problemi di salute mentale quando si tratta di relazioni.
Merel (33 anni) – disturbo bipolare
Di solito parlo del mio disturbo al secondo appuntamento. Magari dico qualcosa tipo: “Sto molto bene con te, ma prima di continuare c’è una cosa che devi sapere.”
Io mi accetto e voglio che una persona si innamori di me per quello che sono, non per quello che fingo di essere. È importante essere aperti e sinceri fin da subito, così posso rendermi conto il prima possibile se l’altro è in grado di affrontare i miei episodi depressivi e maniacali. Però non mi sembra il caso di parlarne al primo appuntamento, perché mi piace essere guardata senza pregiudizi. E se si tratta di un’avventura da una notte, semplicemente, non ha importanza.
Sono stata ricoverata per quasi un anno per via del mio disturbo. A volte quando ne parlo la gente resta scioccata. Soffrire di disturbo bipolare di per sé non vuol dire molto. Ma quando parlo di quando ho avuto pensieri suicidi o della mia vita in una struttura psichiatrica, la gente rimane di sasso. Se noto che una persona va davvero nel panico, di solito significa che le cose non funzioneranno tra noi. Così rompo direttamente io.
Sebastiaan (34 anni) – disturbo da stress post-traumatico complesso (PTSD) ed episodi depressivi ricorrenti
Puoi trovare molte informazioni sui miei problemi, su internet. Compaio in video informativi sul suicidio e a volte rilascio interviste sulla salute mentale per combattere lo stigma. Basta cercare il mio nome su Google per scoprire tutto quello che c’è da sapere.
Una persona con cui sono uscito per un periodo l’ha scoperto così. Era piuttosto scioccata, che in un certo senso è comprensibile. È una cosa dura da accettare. Ciononostante, non mi sembra giusto che tu debba affrontare subito l’argomento, perché poi rischi di venire etichettato. Per me, devi aspettare il momento giusto. Potrebbe essere il quinto appuntamento, magari il decimo.
È importante che io mi senta di potermi fidare della persona prima di esporre la mia vulnerabilità. Non esiste che ne parli al primo appuntamento. Sarebbe un ostacolo e impedirebbe a chi ho davanti di vedere le altre parti di me, come la mia gentilezza o il mio senso dell’umorismo.
Manuela (27 anni) – autismo, disturbo ossessivo-compulsivo (OCD) e disturbi alimentari
Oltre all’autismo, all’OCD e a un disturbo alimentare, mi sono stati diagnosticati anche il disturbo borderline di personalità, la depressione, il disturbo da deficit d’attenzione e iperattività (ADHD) e l’ansia sociale. A volte dico che ho il pacchetto completo.
Per me è un problema gestire gli imprevisti; il programma della mia giornata non può cambiare così, su due piedi, rimarrei paralizzata. Ho anche molti rituali ripetitivi quando si tratta di mangiare. Prima di mangiare devo fare certe cose in particolare e mangio sempre alla stessa ora davanti allo stesso specifico programma TV. Non mangio in pubblico. Se non mi attengo a queste regole, sto molto male.
Parlo sempre della mia salute mentale al primo appuntamento. L’unica cosa che mi tengo per me è il mio disturbo alimentare, perché credo che quelli siano più tabù rispetto all’OCD. Quando le persone pensano all’OCD, immaginano armadi perfettamente organizzati ed effetti personali ordinati in ordine di colore, che è una cosa che ha un certo fascino. Ma un disturbo alimentare può essere percepito come un problema per la vita sociale di coppia. Per questo aspetto a parlarne finché qualcuno non mi chiede di uscire a cena. A quel punto, non ho scelta.
Ho avuto due relazioni lunghe. La più recente è finita da poco dopo due anni e mezzo. Ci eravamo conosciuti sulla app Happn, che ho reinstallato e che uso di tanto in tanto. Per me, le app sono meglio di uscire, perché mi capita più facilmente di sentirmi sovrastimolata.
Ho conosciuto ragazzi che non volevano uscire con me perché gli avevo detto che mi era difficile incontrarli fuori di casa. Penso siano stati piuttosto stronzi. Ma anche se a volte ottengo reazioni antipatiche, continuo a parlarne al primo appuntamento. Se l’altro non è in grado di accettarlo, prima o poi le cose non funzionerebbero comunque.
Brenda (37 anni) – autismo e disturbi alimentari
Il mio ragazzo e io stiamo insieme da due anni. Ci siamo conosciuti tramite un sito di incontri. Gli ho parlato dei miei problemi al primo appuntamento. Eravamo entrambi in cerca di una relazione a lungo termine, quindi mi sembrava giusto che sapesse con chi aveva a che fare.
Quando frequenti una persona, non è obbligatorio parlare delle proprie diagnosi, ma è meglio parlare di come il tuo comportamento può influire sulla vita quotidiana dell’altra persona. È quello che ho fatto io. Gli ho spiegato che se abbiamo diversi programmi nel corso della giornata, ho bisogno di un po’ di spazio tra un appuntamento e l’altro. O che a volte devo stendermi per un po’ al pomeriggio. Se non lo faccio, sono sovrastimolata e in preda all’ansia, mangiare mi diventa difficile e posso diventare arrabbiata o scostante.
Non ho paura di parlare dei miei bisogni. Inoltre, non è molto conveniente che lui non sappia queste cose. Per esempio, quando sono molto impegnata, smetto di mangiare; lui mi ricorda di farlo, che è una cosa positiva per entrambi.
Maartje (24) – PTSD
Ho sviluppato il PTSD come conseguenza di diverse esperienze traumatiche, tra le quali alcuni abusi subiti durante l’infanzia. Questo è un fattore da tenere in conto nelle mie relazioni romantiche, perché ho un passato di traumi sessuali e disturbi affettivi.
Sto insieme al mio ragazzo da più di due anni. L’ho conosciuto in vacanza in Francia. Lui sapeva più o meno quali fossero i miei problemi già allora—ne parlo piuttosto apertamente, quindi aveva già sentito dire qualcosa da altra gente. Ho anche molte cicatrici a causa di comportamenti autolesionisti che sono difficili da nascondere.
Ho aspettato un po’ a dirgli che ero stata vittima di abuso sessuale, perché so per esperienza che non tutti rispondono bene a una cosa del genere. Una volta ho conosciuto un ragazzo che mi ha detto: “Questo vuol dire che non ti posso far conoscere la mia famiglia.”
Quando ho conosciuto il mio attuale ragazzo, avevo smesso con l’autolesionismo e me la stavo già cavando molto meglio. Questo ha reso tutto più facile, anche se avevo ancora molta paura di essere respinta. Fortunatamente, lui non mi ha giudicata.
È importante parlare di salute mentale con una persona che frequento, perché fa parte di me—come il mio passato. Allo stesso tempo, parlarne è diventato progressivamente meno importante perché io mi sento molto meglio. Per un po’ ho avuto degli episodi di dissociazione. Improvvisamente, mi accasciavo a terra. Per motivi pratici, era importante che chi mi stava attorno sapesse esattamente che cosa stava succedendo, altrimenti avrebbe chiamato un’ambulanza anche se non era necessario.
Quando esco con qualcuno, voglio sapere se c’è qualcosa che devo tenere presente della sua personalità. Ma questo non significa che mi aspetti un elenco dettagliato di diagnosi al primo appuntamento. Penso che ognuno debba fare quello che sente giusto per sé. Se è importante, se ne deve parlare. Ma non bisogna avere fretta. Tu sei molto di più della tua malattia mentale.