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Chi diavolo è William Onyeabor!?

Nel corso degli ultimi mesi, ci siamo abbastanza fissati con la musica e la vita di William Onyeabor. Qui sopra trovate il suo ultimo video “Atomic Bomb” e nel 2014 avremo tutta una serie di interessanti progetti di Onyeabor, incluso un nuovissimo documentario. Ma iniziamo con questa disamina della sua storia e con la nostra attrazione per i cantautori perduti.

I collezionatori di dischi incalliti Caribou, 2ManyDJS, Four Tet, Devendra Banhart e Damon Albarn lo adorano, ma solo recentemente William Onyeabor, l’uomo dietro alla quantità di afro-beat esilaranti equivalente a otto album, pubblicati tra il 1977 e il 1985, ha trovato la notorietà al di fuori della sua Enugu, città del sud-est della Nigeria.

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A seguito dell’impegno della scrittrice nigeriana Uchenna Ikonne, che ha passato cinque anni cercando di scovarlo, gli ultimi mesi hanno visto il nome William Onyeabor venire catapultato fuori dalle strade di Enugu (e dalle biblioteche prede di sciacalli di libri usati e di falene) fino alle pagine dei quotidiani britannici, culminando nell’uscita della compilation Who Is William Onyeabor e nel conseguente evento William Onyeabor Experience da Rough Trade. Chi dunque è William Onyeabor, e perché solo ora gli amanti e i critici della musica sono rimasti affascinati da un artista che non ha messo fuori un pezzo musicale da quasi trent’anni?

La prima domanda, chi è William Onyeabor, non trova facilmente una risposta. Persino ora, con frammenti di stampa lasciati disseminati per tutto il web, le informazioni rimangono scarse. Forse ha studiato cinematografia in Russia, forse ha auto-prodotto il suo film e probabilmente era un titano dell’industria della macinazione di frumento nella sua nativa Nigeria, ma nessuno lo sa con certezza. Tutto ciò che sappiamo è che ha pubblicato autonomamente otto album dagli anni Settanta. Questi dischi raramente hanno superato l’oscurità che circonda la sua città d’origine.

Però, i dischi sono magnifici. Vengono da un periodo che possiamo situare tra la fine dell’imperialismo Europeo e l’arrivo della leadership despotica, quando la cultura africana è fiorita in modo totalmente straordinario. L’atmosfera di eccitazione, scoperta e, più di ogni altra cosa, libertà traspira dalla materia prima con cui le sue canzoni sono state plasmate.

Ma la qualità della sua musica non è l’unica ragione per cui la gente sta parlando di William Onyeabor. Recentemente, c’è stata un’infatuazione da parte del web verso la scoperta di talenti perduti, storie di persone che avrebbero potuto divenire note, se fosse stata offerta loro pubblicità a livello mondiale da uno o due improbabili appassionati.

La storia di Onyeabor non è dissimile da quella di Sixto Rodriguez aka Sugarman, che è diventato oggetto della missione di due fan sudafricani, decisi a trovare il cantautore di Detroit degli anni Settanta. Amato da quasi chiunque da entrambi i lati del confine tra Zimbabwe e Sud Africa, Rodriguez non è venuto a conoscenza del suo status di icona culturale moderna se non recentemente, nonostante le sue hit siano passate allo stereo di ogni braai di Cape Town sin da quando At The Best conquistò il disco di platino (a sua insaputa) in quel Paese, negli ultimi anni Settanta.

Il sound di Rodriguez trova risonanza in ogni sudafricano. Per loro, le note di “I Wonder” e di “Sugarman” fanno da colonna sonora alle vacanze in famiglia, imprimendo le proprie sonorità nella formazione di tutti ragazzi di Johannesburg e dello Zimbabwe. Lui è uno dei loro grandi classici e, in un’epoca in cui la televisione era bandita dal Sud Africa e pochi artisti vi hanno mai potuto suonare, pensavano che fosse famoso quanto Bob Dylan, Cat Stevens e Neil Young. Ma il seguito che Rodriguez ha ottenuto dalla messa in onda nel 2012 del documentario Searching For Sugarman non è principalmente originario del Sud Africa. La sua musica è incredibile, certamente, ma avendolo ascoltato sia al Glastonbury Festival di quest’anno, sia ogni sera per diversi mesi in Zimbabwe l’anno scorso, circondato da gente che lo ama da decenni, posso dire che le due esperienze sono completamente diverse.

A Glastonbury è stato come se il pubblico si aspettasse che Rodriguez fosse una leggenda, sebbene il patronato non fosse informato dei prerequisiti culturali che l’avevano reso tale. È stato quasi come se, in un’era in cui tutte le grandi rockstar presto non ci saranno più e non c’è nessuno pronto a prenderne il posto, i neonati fan di Rodriguez l’avessero incoronato a nuova icona new-age. Lo stesso, forse, vale per Onyeabor.

Gli artisti misteriosi dei tempi moderni, come Jai Paul e Jay Electonica, sono tali per via della mancanza di informazioni che li circondano. È l’esatto opposto dell’età dell’informazione, in cui le Twitpic rivelano studio session segrete, Wikipedia racconta storie di vita, e Reddit permette a chiunque di chiedere qualsiasi cosa a un artista. La musica sia di Jai che di Jay è eccellente ma la loro aura di mistero può spesso enfatizzare falsamente la loro genialità.

William Onyeabor e Sixto Rodriguez vanno ben oltre tutto ciò. Il loro temperamento, amplificato dieci volte dalla nozione che sono in giro da diversi decenni a fare musica davvero bella e che, “ODDIO, come abbiamo fatto a non sapere tutto di loro? Non ti sembrano fantastici?”—È l’ansia di stare sul pezzo degli estremisti musicali.

Ma la verità è che né William Onyeabor né Sixto Rodriguez sono leggende, perlomeno non per noi. Nelle comunità che sono state permeate dalla loro musica, forse hanno toccato delle anime. Ma per il resto di noi, sono semplicemente musicisti con talento in abbondanza e scarse opportunità. Dovremmo essere grati che la loro musica ci abbia raggiunti per vie inaspettate, ma astenerci dal fissarli forzatamente nelle trame della nostra eredità musicale.