Cibo

Se le meduse infestano i nostri mari perché non ce le mangiamo?

Le meduse infestano il mare italiano e in generale il Mediterraneo, sempre di più. Cosa possiamo fare? Mangiarle, ovviamente.
Andrea Strafile
Rome, IT
Meduse da mangiare
Foto by Aniket Hande on Unsplash

I nostri mari hanno sempre più meduse. Questo a causa del surriscaldamento delle acque e della diminuzione di alcuni pesci predatori, che dovrebbero papparsele.

Le nostre estati da piccoli sono sempre state segnate da un pezzo di spiaggia dove ammirare meduse morenti. Era immancabile l’avvicinarsi a quelle cupole con i riflessi viola e sotto sotto godere sapendo che quelle cose non avrebbero più “punto” nessuno, nel vederle squagliarsi sotto il sole.

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Ogni tanto, ipnotizzato da quelle scene, mi sono chiesto effettivamente perché non potessimo semplicemente mangiarle come avremmo fatto con dei calamari—fritte, magari. La domanda rimane ancora oggi: perché non mangiamo le meduse? Voglio dire, l’insalata di medusa si trova praticamente in qualsiasi menu di un buon ristorante cinese, no?

Le meduse e il cambiamento climatico

Le meduse abitano i nostri mari da sempre e ogni anno la loro presenza aumenta; se è vero che questi planctonici si possono mangiare, allora quale comportamento più sostenibile che mangiarli.

“Uno dei problemi del mangiare le meduse è la reperibilità.
Per questo sarebbe importante cominciare a mangiarle, per immetterle seriamente sul mercato.”

Per capire se le meduse possono iniziare a far parte della nostra alimentazione, ho parlato con Luisa Torri, professoressa associata di Food Science and Technology all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. “Non tutte le tipologie di meduse si possono mangiare,” mi ha detto la professoressa durante una chiacchierata telefonica. “E in teoria molte di quelle che abitano i nostri mari hanno una sostanza piuttosto tossica nei tentacoli: certo, si può mangiare la cupola, ma bisogna stare attenti a pulirla molto bene. Detto questo ce ne sono moltissime altre che invece sono meno rischiose ed eduli al 100%.”

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Per dare qualche ragguaglio sulle meduse più comuni che si trovano nei nostri mari, c’è la Pelagia Noctiluca, detta anche Medusa Luminosa, che deve essere lavata bene prima di essere edibile. La sua cupola non è velenosa, ma non si sa mai che sia stata a contatto con i tentacoli, che sono urticanti—ma non fatali—per l’uomo. Un’altra comunissima, quella bianca, è la Rhizostoma Pulmo, praticamente innocua, che si presta ad essere mangiata quasi per intero.

Come mi spiega Torri, il surriscaldamento delle acque dovuto al cambiamento climatico e la diminuzione di alcuni pesci predatori che dovrebbero cibarsene, ha portato a un aumento della meduse nei nostri mari. In più la loro presenza ostacola industrie e, soprattutto, la pesca.

Sono problemi che, secondo il WWF, non possono più essere risolti, almeno nel Mediterraneo. Abbiamo già oltrepassato il limite. In questo documento non solo si legge che siamo condannati ad avere sempre più meduse nei nostri mari, ma che in Turchia e in Israele sono già alla fase successiva: hanno infatti istallato delle reti per pescare meduse e il pesce coniglio, altro pesce alieno che sta colonizzando il Mediterraneo. Le meduse catturate e che non vengono mangiate vengono utilizzate nell’industria cosmetica per il loro collagene.

Gli italiani mangerebbero le meduse?

“Il nostro studio,” continua Laura Torri, “non verte tanto sul fatto che si possano mangiare o meno le meduse, perché si possono mangiare. Sono al 95% acqua, ma sono anche proteiche e decisamente più sostenibili della carne. Piuttosto vogliamo capire come risponderebbero le persone con l’introduzione delle meduse nella dieta.”

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Il lavoro sulle meduse di Torri e del suo team è iniziato nel 2019 (qui si può leggere il loro studio) e si sofferma molto su chi sarebbero i soggetti che mangerebbe le meduse e in che modo le mangerebbero: “Gli intervistati si sono spaccati in tre fazioni,” mi dice la professoressa. “Quelli propensi a mangiare le meduse, quelli che stanno nel mezzo—che magari le mangerebbero, ma solo fritte—e chi invece è assolutamente contrario. È interessante perché le persone propense a cibarsene in tutti i modi, anche nei dolci, sono praticamente tutte giovani, hanno studiato (o stanno studiando) e hanno viaggiato un po’. Per queste persone mangiare in modo sostenibile è importante. Mentre i soggetti che non toccherebbero mai una medusa con la forchetta hanno viaggiato poco e spesso sono neofobici, hanno cioè paura delle cose nuove, a volte li disgustano.”

Per sensibilizzare sull’argomento, SlowFood già nel 2017 le aveva inserite—fritte—nel menu di un evento a Genova: Slow Fish.

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Il carpaccio di medusa dello chef Gennaro Esposito. Un piatto che tiene sempre in carta ma che cambia in base al menu. Foto per gentile concessione di Torre del Saracino.

Non mancano anche chef che hanno iniziato a usare le meduse, cercando di far cambiare la mentalità dei clienti. Uno di questi è Gennaro Esposito, del due stelle Michelin Torre del Saracino, che ne fa un carpaccio con cetriolo marinato, kefir, salsa al limone candito, insalate fresche e pomodorini secchi.

“Un giorno ero a fare una lezione nella scuola alberghiera di Capri e il sindaco parlava di come il mare fosse infestate dalle meduse. Fece la battuta, disse: perché non le cucinate? E noi le abbiamo cucinate.”

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Uno dei problemi del mangiare le meduse è la reperibilità. Per questo sarebbe importante cominciare a mangiarle, per immetterle seriamente sul mercato. “Non ci sono pescatori che te le vendono. Stiamo lavorando per capire come intercettare i banchi di meduse grandi che si spostano,” mi dice lo chef Esposito.

“Il mio cliente la mangia senza problemi perché si fida di noi. Lo sa che dietro a un piatto c’è uno studio e quindi gli cadono le barriere.” Si parte da loro, dagli chef blasonati di cui tutti si fidano, per arrivare a mangiare nei ristoranti di pesce o nelle trattorie? Forse.

Esposito mi dice anche come si cucinano le meduse: “Si cucina la parte centrale, sciacquata con acqua dolce. Basta una spruzzata di vapore per cuocerla, tipo macchina del caffè,” dice lo chef Esposito. “Vogliamo che resti quella gommosità tenace, è la sua caratteristica.”

Altrimenti friggetele. Tanto fritto è buono tutto.

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